Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8828 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. I, 18/04/2011, (ud. 14/03/2011, dep. 18/04/2011), n.8828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Fallimento Vamatex s.p.a. in persona del curatore, elettivamente

domiciliato in Roma, P. Clodio 1, presso l’avv. Ribaudo Sebastiano,

che con l’avv. Airoldi Alberto lo rappresenta e difende giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

Nicoli Engineering s.r.l. in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II 229,

presso l’avv. Bonfiglio Raffaele, che con l’avv. Claudio Maroncelli

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 614/05 del

5.7.2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14.3.2011 dal Relatore Cons. Dr. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Bonfiglio per il controricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 15.3.1993 il fallimento Vamatex ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo la Nicoli Engineering s.r.l., sollecitando la declaratoria di inefficacia ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, di pagamenti effettuati nel periodo 7.1.1991 – 7.1.1992 dalla società in bonis (ammessa alla procedura di concordato preventivo il 7.1.1992 e quindi dichiarata fallita il 23.10.1992), per un importo complessivo di L. 520.953.267.

La domanda veniva accolta e la convenuta, che si era costituita in giudizio opponendosi all’accoglimento della domanda, impugnava la decisione che veniva riformata dalla Corte di Appello di Brescia, che limitava la condanna dell’appellante al pagamento della minor somma di L. 7.348.845.

In particolare la Corte di appello rilevava che, salvo per il periodo successivo al giugno 1991 (durante il quale erano stati effettuati i pagamenti di cui era stata confermata la revoca), non vi sarebbe stata prova della conoscenza dell’insolvenza della Vamatex da parte della Nicoli Engineering, e ciò in quanto non sarebbero stati decisivi in tal senso l’inadempimento di alcune obbligazioni per ingenti importi e la rateizzazione del debito pregresso, così come analogamente non vi sarebbe stata prova della conoscenza dell’esistenza di procedure esecutive a carico della società poi dichiarata fallita. Avverso la decisione il fallimento proponeva ricorso per cassazione affidato e tre motivi, poi illustrati da memoria, cui resisteva con controricorso la Nicoli Engineering. La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 14.3.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di ricorso il fallimento Vamatex ha rispettivamente denunciato: 1) violazione degli artt. 2697, 2729 c.c., in relazione alla L. Fall., art. 67, comma 2, per aver la Corte omesso di considerare che ” la conoscibilità desumibile da un comportamento di ordinaria prudenza ed avvedutezza, qualora sia desumibile da presunzioni, viene equiparata alla conoscenza “, conoscibilità che sarebbe risultata da lettere della Nicoli del 16.7, 6.9, 21.9.90 e da quelle della Vamatex del 10.10 e 19.12.90;

2) violazione del L. Fall., art. 5, comma 2, art. 2729 c.c., nonchè vizio di motivazione, per la mancata rilevanza probatoria attribuita allo scambio di corrispondenza fra la Nicoli Engineering e la Vamatex, all’avvenuta rateizzazione del debito pregresso, alla stipulazione di accordi aventi ad oggetto la “pianificazione pagamenti”, circostanze dalle quali sarebbe emersa la conoscenza dello stato di vera e propria insolvenza nel quale si sarebbe trovata la società poi dichiarata fallita;

3) violazione dell’art. 2729 c.c. e vizio di motivazione, atteso che la Corte territoriale avrebbe a torto negato carattere presuntivo a circostanze di fatto specificamente indicate, quali l’iscrizione di ipoteca giudiziale, l’emissione di numerosi decreti ingiuntivi, la pendenza di procedure esecutive, la pubblicazione di articoli di stampa.

I tre motivi di impugnazione devono essere esaminati congiuntamente perchè fra loro connessi, essendo sostanzialmente attinenti alla negata consapevolezza dell’insolvenza della Vamatex da parte della Nicoli Engineering, e sono infondati.

In proposito va innanzitutto precisato che la Corte di appello ha specificamente preso in esame i diversi elementi sottoposti alla sua attenzione quali pretesi indici rivelatori della conoscenza dello stato di insolvenza della Vamatex da parte della Nicoli Engineering, emettendo tuttavia un giudizio negativo al riguardo sotto il duplice aspetto: a) che sarebbe errato desumere certezze (“non avrebbe potuto non conoscere”) da una o una pluralità di manifestazioni, interpretabili come univocamente significative soltanto alla luce di accadimenti successivamente verificatisi; b) che i fatti allegati dal fallimento non avrebbero rilevanza probatoria ai fini della dimostrazione della conoscenza dell’insolvenza, perchè i diversi inadempimenti sarebbero certamente idonei a dare dimostrazione esclusivamente di difficoltà economiche e finanziarie, ma non anche di una vera e propria insolvenza; che della consapevolezza di dette difficoltà – e non di altro – sarebbero prova le lettere inviate dalla Nicoli alla Vamatex il 16.7 e del 6.9.90; che quanto all’esistenza di procedure esecutive a carico della Vamatex, non vi sarebbe prova della relativa conoscenza; che quanto alle notizie allarmistiche pubblicate sugli organi di informazione, le stesse sarebbero state risalenti al giugno 1991, epoca a partire dalla quale il giudice del merito aveva dichiarato l’inefficacia dei pagamenti effettuati (quelli per cui è controversia sono invece antecedenti).

Ciò premesso sui singoli motivi si osserva: 1) sul primo motivo, che lo stesso non è autosufficiente poichè incentrato sull’errata interpretazione delle lettere 16.7.1990, 6.9.1990, 21.9.1990, 10.10.1990, 19.12.1990, delle quali tuttavia non è stato indicato l’esatto contenuto, pur necessario per verificare la correttezza sul piano logico dell’iter argomentativo svolto dalla Corte di appello, atteso che è incontestata la circostanza relativa alle condizioni di precarietà in cui versava la Vamatex, essendovi incertezza esclusivamente sulla consapevolezza dell’esistenza di un vero e proprio stato di insolvenza in cui si sarebbe trovata la debitrice;

2) sul secondo, che la negata conseguenza che il giudice avrebbe dovuto trarre dai fatti a lui noti (mancato pagamento dei debiti, loro rateizzazione, minacce di azioni giudiziarie) è espressione di valutazione di merito sufficientemente motivata, che non appare viziata sul piano logico, atteso che gli stessi fatti sopra elencati potrebbero essere non a torto collegati all’esistenza di una consapevolezza delle difficoltà finanziarie del debitore, e non anche a quella di una condizione di vera e propria insolvenza;

3) sul terzo, che è errata la critica, basata sull’esame frammentario dei singoli dati che la Corte di appello avrebbe compiuto, formulata in relazione al giudizio secondo il quale i dati acquisiti (numerosi decreti ingiuntivi, numerose esecuzioni forzate, articoli di stampa)” non potrebbero essere ritenuti delle presunzioni”, e ciò in quanto la Corte di appello ha sostanzialmente motivato il diniego sul punto sulla base della ritenuta mancata dimostrazione della conoscenza, da parte della Nicoli Engineering, dei fatti su cui si sarebbe dovuto articolare il giudizio presuntivo, e tale ultimo punto è stato contestato dal ricorrente esclusivamente con riferimento alla pretesa conoscenza dell’emissione di un decreto ingiuntivo e dell’avvenuta iscrizione di ipoteca giudiziale, dati all’evidenza insufficienti a sostenere la censura prospettata.

Conclusivamente deve ritenersi che la Corte di appello non sia incorsa in violazioni di legge, che la sua decisione sia sufficientemente motivata con argomentazioni non viziate sul piano logico, che le doglianze attengano essenzialmente alla non condivisa valutazione dei riscontri probatori effettuata dal giudice del merito, che le dette valutazioni non sono pertanto sindacabili in questa sede di legittimità. Da ciò consegue che il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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