Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8827 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. I, 18/04/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 18/04/2011), n.8827

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.I.B.A.T. TOMARCHIO S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona

dell’Amministratore Unico pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati CRISA’ ENZO, PETTINATO

GIUSEPPE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO C.S., in persona del curatore Dott.

C.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEL COLOSSEO 23, presso l’avvocato BORROMETI

ANTONIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 08/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Il Tribunale di Modica, con sentenza dell’8.5.2002, ha parzialmente accolto la domanda L. Fall., ex art. 67, di revoca di pagamenti per euro 59.631,28 (eseguiti dal 17.3.1997 al 28.7.1997) proposta dalla curatela del fallimento di C.S. (dichiarato fallito il 13.3.1998) nei confronti della s.r.l.

S.I.B.A.T. Tomarchio e la Corte di appello di Catania, con sentenza dell’8.1.2005, ha confermato la decisione di primo grado rigettando l’appello principale proposto dalla società convenuta e l’appello incidentale della curatela fallimentare (diretto ad ottenere la condanna al pagamento degli interessi in misura ultralegale).

Contro la sentenza di appello la s.r.l. S.I.B.A.T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. La curatela fallimentare intimata ha resistito con controricorso.

2.1.- Con il primo motivo la società ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, in relazione alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza la quale consisterebbe nell’effettiva conoscenza dello stato di decozione dell’accipiens.

2.1.1.- Il motivo è infondato.

Invero, la Corte di merito ha correttamente applicato la L. Fall., art. 67, come interpretato dalla costante giurisprudenza di questa Corte ritenendo provata la scientia decoctionis sulla base di motivazione congrua e logica.

Giova in proposito premettere che il problema della prova della conoscenza dello stato di insolvenza quale presupposto della revocatoria fallimentare è problema di carattere generale attinente alla particolarità della prova dei fatti psichici.

Questi, in quanto fatti interni, possono essere provati soltanto in via indiretta, ossia mediante il meccanismo inferenziale in virtù del quale la prova del fatto interno discende dalla prova diretta di un fatto materiale, assunto quale premessa, la cui esistenza dimostra, con ragionevole sicurezza ed alla stregua dell’id quod plerumque accidit, l’esistenza del fatto interno o psichico.

La giurisprudenza ha costantemente affermato che “in tema di revocatoria fallimentare relativa a pagamenti eseguiti dal fallito, il principio secondo il quale grava sul curatore l’onere di dimostrare la effettiva conoscenza, da parte del creditore ricevente, dello stato di insolvenza del debitore va inteso nel senso che la certezza logica dell’esistenza di tale stato soggettivo (vertendosi in tema di prova indiziaria e non diretta) può legittimamente dirsi acquisita non quando sia provata la conoscenza effettiva, da parte di quello specifico creditore, dello stato di decozione dell’impresa (prova inesigibile perchè diretta), nè quando tale conoscenza possa ravvisarsi con riferimento ad una figura di contraente “astratto” (prova inutilizzabile perchè correlata ad un parametro, del tutto teorico, di “creditore avveduto”), bensì quando la probabilità della “scientia decoctionis” trovi il suo fondamento nei presupposti e nelle condizioni (economiche, sociali, organizzative, topografiche, culturali) nelle quali si sia concretamente trovato ad operare, nella specie, il creditore del fallito” (Cass., 12 maggio 1998 n. 4769).

In particolare, la S.C. ha puntualizzato che, se è vero che “la conoscenza da parte del terzo contraente dello stato d’insolvenza dell’imprenditore dev’essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo la concreta situazione psicologica della parte nel momento dell’atto impugnato, e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte”, nondimeno, “… poichè la legge non pone limiti in ordine ai mezzi a cui può essere affidato l’assolvimento dell’onere della prova da parte del curatore, gli elementi nei quali si traduce la conoscibilità possono costituire elementi indiziari da cui legittimamente desumere la “scientia decoctionis”. E “in tale contesto, i protesti cambiari, in forza del loro carattere di anomalia rispetto al normale adempimento dei debiti d’impresa, si inseriscono nel novero degli elementi indiziar rilevanti, con la precisazione che trattasi non già di una presunzione legale “juris tantum”, ma di una presunzione semplice che, in quanto tale, deve formare oggetto di valutazione concreta da parte del giudice del merito, da compiersi in applicazione del disposto degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., con attenta valutazione di tutti gli elementi della fattispecie. Consegue, sul piano della distribuzione dell’onere della prova, che l’avvenuta pubblicazione di una pluralità di protesti può assumere rilevanza presuntiva tale da esonerare il curatore dalla prova che gli stessi fossero noti al convenuto in revocatoria, su quest’ultimo risultando traslato in tal caso l’onere di dimostrare il contrario” (Sez. 1^, n. 3956/1998; Sez. 1^, n. 10209/2009; Sez. 1^, n. 391/2010).

2.2.- Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla prova – ritenuta sussistente sulla base di elementi indiziari insufficienti – della consapevolezza dello stato di insolvenza. Deduce che sono stati valorizzati elementi (protesto di cinque assegni bancari emessi dal C. in favore della società dal 5.1.1997 al settembre 1997 e relative note di addebito e fatture a copertura dei titoli) evidenziati dalla stessa ricorrente nell’istanza presentata il 22.11.1997 per la dichiarazione di fallimento allorquando era stata acquisita la consapevolezza dello “stato patologico irreversibile del rapporto con la ditta Cavallo”.

Ciò dimostrerebbe la mancanza della conoscenza effettiva dell’insolvenza al momento della ricezione dei pagamenti. Deduce che si tratta di pagamenti di forniture escluse, dalla nuova legge fallimentare, dalla revocatoria.

2.2.1.- Il motivo è inammissibile perchè in tema di elemento soggettivo dell’azione revocatoria proposta L. Fall., ex art. 67, comma 2, la “scientia decoctionis” in capo al terzo è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato, potendosi formare il relativo convincimento anche attraverso il ricorso alla presunzione, alla luce del parametro della comune prudenza e avvedutezza e della normale e ordinaria diligenza, con rilevanza peculiare della condizione professionale dell'”accipiens” (Sez. 1, Sentenza n. 2557 del 4/02/2008) e, nella concreta fattispecie, la motivazione della sentenza impugnata è esente da vizi censurabili in sede di legittimità, avendo la Corte di merito desunto la prova della scientia decoctionis – tra l’altro – sia dalla concreta conoscenza dei protesti da parte della società ricorrente sia dalle particolari modalità di pagamento sulla base di un piano “concordato” tra le parti dopo i primi inadempimenti.

2.3.- Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla condanna alle spese nonostante il rigetto dell’appello incidentale.

2.3.1.- Il motivo è inammissibile perchè “il rigetto tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale non obbliga il giudice a disporre la compensazione totale o parziale delle spese processuali, il cui regolamento, fuori della ipotesi di violazione del principio di soccombenza per essere stata condannata la parte totalmente vittoriosa, è rimesso, anche per quanto riguarda la loro compensazione, al potere discrezionale del giudice di merito” (Sez. 1, Sentenza n. 18173/2008; n. 3405 del 1980).

2.4.- Con il quarto motivo la ricorrente solleva eccezione di legittimità costituzionale della disciplina transitoria del norme modificative della L. Fall., art. 67.

2.4.1.- Il motivo è infondato perchè questa Corte ha già evidenziato che “le modifiche apportate all’istituto della revocatoria fallimentare a seguito del D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 2, (convertito nella L. n. 80 del 2005) si applicano soltanto alle azioni proposte nell’ambito di procedure concorsuali iniziate dopo l’entrata in vigore del decreto stesso, trattandosi di norme innovative che introducono una disciplina diversa per situazioni identiche. Analogamente la L. Fall., art. 70, relativa alla revocabilità delle rimesse bancarie, è norma irretroattiva, a carattere innovativo e non d’interpretazione autentica” (Sez. 1, Sentenza n. 20834/2010). Ciò manifestamente non contrasta con il principio costituzionale di uguaglianza, trattandosi di scelta legislativa che incide in modo identico per tutti i rapporti sorti dopo la riforma, quale voluta dal legislatore alla stregua di una diversa valutazione pur sempre consentita dalla Costituzione (Sez. 1, Sentenza n. 5346/2007).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

La spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a rimborsare le spese processuali alla curatela resistente, spese che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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