Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8826 del 13/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 13/05/2020), n.8826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11936-2018 proposto da:

O.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCA FROLDI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 6712/2017 del TRIBUNALE di ANCONA,

depositato il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- O.P., proveniente dalla Nigeria, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (status di rifugiato; protezione sussidiaria) e pure di diniego del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data 3 marzo 2018, il Tribunale anconetano ha rigettato il ricorso.

2.- In punto di riconoscimento del diritto di rifugio, il decreto ha rilevato che la vicenda narrata non integra i presupposti per il riconoscimento della misura invocata. In particolare, ha affermato che non si ravvisa nessun rischio in capo al ricorrente di subire violenze o minacce in caso di rimpatrio. Quanto al tema della protezione sussidiaria, il decreto ha osservato che il ricorrente non proviene dal nord est della Nigeria, zona interessata da violenza indiscriminata e conflitto armato; e che difettano, pertanto, i presupposti prescritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per l’accoglimento di tale figura di protezione.

In ordine alla protezione umanitaria, il decreto ha evidenziato che il ricorrente non presenta particolari situazioni di vulnerabilità relative alla propria persona, nè mostra in essere peculiari situazione di integrazione sociale ed economica.

3.- Avverso il detto provvedimento ha proposto ricorso O.P., sviluppando un unico motivo di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorso censura il decreto del Tribunale di Ancona: (i) con un unico motivo, perchè ha fondato la decisione unicamente sui verbali di audizione della Commissione territoriale, in violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria previsto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

5.- Il ricorso va dichiarato inammissibile.

Lo stesso si limita, infatti, a formulare una serie di enunciati di tratto meramente generico, che non manifestano collegamenti sostanziali con i contorni propri della fattispecie concreta, nè vengono in contatto con i contenuti specificamente proposti dalla decisione del Tribunale di Ancona.

Ne segue che il ricorso non risulta rispettoso dei requisiti prescritti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, come invece avrebbe dovuto.

6.- Nel ricorso per cassazione è “essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte” (ex plurimis Cass., 24 aprile 2018, n. 10072).

Il ricorrente deve, dunque, indicare “specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza del ricorso” (cfr. Cass., 13 novembre 2018, n. 29093).

Inoltre, il motivo di ricorso per cassazione deve necessariamente enunciare “le ragioni per le quali la decisione è erronea”, e deve tradursi “in una critica” specifica e puntuale “della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso” (Cass., 31 agosto 2015, n. 17330).

Ed invero, i motivi “per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche” (Cass., 22 gennaio 2018, n. 1479). Pertanto “il motivo di ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata”, formulata “senza articolazione di motivi” ovvero “sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati” (cfr. tra le tante, Cass., 14 maggio 2018, n. 11603; cfr., altresì, tra le tante, Cass., 2 marzo 2018, n. 5001; Cass., 3 agosto 2007, n. 17125; Cass., 6 luglio 2007, n. 15263).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2020

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