Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8825 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8825 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MATERA LINA

SENTENZA
sul ricorso 18605-2009 proposto da:
CUZZOLIN

SERGIA

CZZSRG43P55F963B,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo
studio dell’avvocato GIAMMARIA CAMICI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO
PAGOTTO;

2015
387

ricorrente

contro

MOMESSO STEFANO MMSSFN66SO4H823H, MARCASSA RENATA
MRCRNT67P44L407P, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA OSLAVIA 40, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 30/04/2015

GIORGIO COLNAGO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GUIDO SARTORATO;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 844/2008 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 12/06/2008;

udienza del 26/02/2015 dal Consigliere Dott. LINA
MATERA;
udito l’Avvocato Camici Giammaria difensore della
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito

l’Avv.

Colnago

controricorrenti

che ha

Giorgio

difensore

dei

chiesto il rigetto del

ricorso;
udito il P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità, in subordine, il rigetto del
ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 14-6-2000 Momesso Stefano
e Marcassa Renata, proprietari di un terreno sito in Noventa di Piave,
acquistato con atto pubblico del 6-5-1999, convenivano dinanzi al

Cuzzolin Sergia, chiedendo che venisse accertata l’insussistenza di
una servitù di passaggio sul loro fondo, che venisse dichiarata
estinta per intervenuta prescrizione la servitù volontaria a carico del
mappale 134 f. 15 ed a favore dei mappali 76 e 79, di proprietà della
convenuta, costituita con atto di divisione del 4-5-1961, e che
venisse dichiarata priva di effetti la scrittura del 27-6-1992.
La Cuzzolin si costituiva contestando il fondamento delle
pretese azionate e chiedendo in via riconvenzionale che venisse
riconosciuta la validità della scrittura del 27-6-1992, con la quale le
parti avevano inteso trasferire la servitù in luogo diverso ex art.
1068 c.c.
Con sentenza n. 37 del 2004 il Tribunale rigettava la domanda
attrice, escludendo che si fosse verificata l’estinzione della servitù
per non uso, e riconoscendo, al contrario, la validità della scrittura
del 27-6-1992, con la quale alcuni comproprietari dei fondi serventi
avevano dato luogo ad uno spostamento di sedime della servitù di
passaggio.
Avverso la predetta decisione proponevano appello gli attori.

1

Tribunale di Venezia, Sezione Distaccata di San Donà di Piave,

Con sentenza in data 12-6-2008 la Corte di Appello di Venezia
accoglieva per quanto di ragione il gravame e, in parziale riforma
della sentenza impugnata, che confermava per il resto, rigettava la
domanda riconvenzionale proposta da Cuzzolin Sergia. La Corte

circa la mancata estinzione della servitù per non uso, riteneva che,
contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la
convenzione datata 27-6-1992, relativa allo spostamento della
servitù, non poteva essere ricondotta nell’ambito della previsione
dell’art. 1068 c.c., in quanto lo spostamento dell’originario tracciato
veniva ad interessare il mappale 124, non compreso tra i fondi
gravati dal passaggio, e si sostanziava, quindi, in un nuovo atto di
costituzione della servitù, per il quale era necessario il consenso
scritto di tutti i soggetti. Da tanto conseguiva che il predetto atto
non poteva considerarsi valido, non essendo stato sottoscritto da tutti
i comproprietari dei fondi serventi.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Cuzzolin
Sergia, sulla base di sette motivi.
Momesso Stefano e Marcassa Renata hanno resistito con
controricorso.
In

prossimità

dell’udienza

sia

la

ricorrente

che

controricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 378 c.p.c.

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territoriale, nel condividere il giudizio espresso dal primo giudice

MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo la ricorrente, denunciando la
violazione dell’art. 112 c.p.c., deduce che la Corte di Appello ha
omesso di pronunciare: a) sull’eccezione proposta “in via

2000, con la quale la convenuta chiedeva che, qualora il giudice
ritenesse che la convenzione del 27-6-1992 aveva costituito una
nuova servitù, venisse riconosciuto che la fattispecie in oggetto
rientrava nell’ipotesi prevista dall’art. 1059 secondo comma c.c., e
venisse, quindi, ordinato agli attori di non porre impedimento
all’esercizio del diritto di passaggio lungo il tracciato delineato nella
stessa convenzione; b) sulla domanda azionata “in via
riconvenzionale subordinata” nella stessa comparsa, volta ad ottenere
l’accertamento dell’acquisto per usucapione della titolarità del
controverso diritto di passaggio.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione del
principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato,
sostenendo che il giudice del gravame, nel rigettare la domanda
riconvenzionale proposta dalla Cuzzolin, ha fatto riferimento a una
domanda diversa da quella formulata dalla convenuta.
Con

il

terzo

motivo

la

ricorrente

si

duole

della

contraddittorietà ed indeterminatezza del dispositivo, con il quale la
Corte di Appello ha confuso la domanda riconvenzionale subordinata

subordinatissima” con la comparsa di costituzione depositata il 5-10-

proposta dalla convenuta con altra domanda, completamente diversa,
formulata dagli attori.
Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’omessa o
meramente apparente motivazione, avendo la Corte di Appello

quella effettivamente proposta, che non è stata presa in esame nella
parte motiva della sentenza impugnata.
Con il quinto motivo la ricorrente si duole dell’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la Corte di
Appello, nel ritenere l’invalidità della convenzione del 1992, non ha
esaminato l’eccezione proposta in via subordinata dalla convenuta,
con la quale si invocava l’applicabilità dell’art. 1059 secondo comma
c.c., il quale statuisce che la concessione della servitù fatta da uno
dei comproprietari di un fondo indiviso indipendentemente dagli
altri, obbliga il concedente e i suoi eredi o aventi causa a non porre
impedimento all’esercizio del diritto concesso. Sostiene, inoltre, che
il giudice del gravame ha omesso di esaminare la domanda
riconvenzionale subordinata proposta dalla stessa convenuta, volta
ad ottenere l’accertamento dell’acquisto del controverso diritto di
passaggio per usucapione; domanda la cui fondatezza risulta provata
dalle deposizioni dalle testi Renauld Liliale e Cristofoletti Eufemia,
le quali hanno affermato che il pasaggio, .costantemente esercitato
dal 1961 al 1988, interessava anche il mappale 124.

4

attribuito alla Cuzzolin una domanda radicalmente diversa rispetto a

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia l’omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta
invalidità della scrittura privata del 27-6-1992. Deduce che la Corte
di Appello ha immotivatamente ed erroneamente ritenuto che il

passaggio e che, conseguentemente, la scrittura privata del 1992 non
aveva comportato una modifica del sedime, ma la costituzione di una
nuova e diversa servitù rispetto a quella costituita nel 1962. Rileva
che il giudice del gravame non ha considerato che gli attori nel corso
del giudizio di primo grado non avevano mai contestato
l’affermazione della convenuta, secondo cui il mappale 124 era
gravato dal passaggio sin dal 1961, data di costituzione della servitù,
e che, pertanto, tale circostanza doveva ritenersi pacifica. In ogni
caso, sostiene che la Corte territoriale non ha tenuto conto della
documentazione prodotta (atto di divisione del 1961 e missiva del
26-7-1991) e delle dichiarazioni delle testi Renauld e Cristofoletti,
le quali all’udienza del 13-1-2003 hanno confermato che il passaggio

de quo è stato costantemente utilizzato sin dal 1961, data della sua
costituzione, e che il medesimo interessava anche l’attuale particella
124.
Con il settimo motivo, infine, la ricorrente si duole della
violazione e falsa applicazione degli artt. 1059 primo comma, 1108,
1068, 1059 secondo comma c.c. Deduce che la Corte di Appello h

mappale 124 non era compreso tra i fondi gravati dall’originario

erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie l’art. 1059 primo
comma c.c., in quanto la convenzione del 27-6-1992 non ha
costituito una nuova servitù, ma si è limitata a modificare una
servitù preesìstente, determinando un parziale spostamento del

un atto non eccedente l’ordinaria amministrazione della cosa
comune, ai sensi dell’art. 1108 c.c. non era necessario il consenso
unanime dei comunisti, ma era sufficiente il consenso della
“maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del
valore complessivo della cosa comune”. Rileva che nella specie,
come risulta dalla documentazione in atti e come non è mai stato
messo in dubbio dagli attori, la convenzione del 1992 è stata
sottoscritta da Momesso Severino, Sante, Regina, Giovannina,
Giacchetta Graziella (madre dell’attore Momesso Stefano) e
Andreuzza Norida, i quali rappresentavano la maggioranza dei
comproprietari del fondo servente ed oltre due terzi del valore del
fondo medesimo, atteso che, al tempo di detta convenzione,
l’appellante Momesso era proprietario pro quota di soli 6\162 del
fondo servente. In via subordinata, la ricorrente sostiene che la Corte
di Appello avrebbe dovuto applicare l’art. 1059 secondo comma c.c.,
a mente del quale la servitù concessa da uno dei comproprietari di un
fondo indiviso, indipendentemente dagli altri, “obbliga il concedente

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percorso, come consentito dall’art. 1068 c.c.; sicché, trattandosi di

e i suoi eredi o aventi causa a non porre impedimento all’esercizio
del diritto concesso”.
3) Il primo motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, la parte

proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande o
delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non
esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente,
essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. la riproposizione di
tali domande ed eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo
grado (tra le altre v. Cass. 10-3-2011 n. 5735; Cass. 19-4-2002 n.
5721; Cass. 12-6-2001 n. 7879).
In proposito, è stato precisato che, in mancanza di una norma
specifica sulla forma nella quale l’appellante che voglia evitare la
presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c. deve reiterare le domande e
le eccezioni non accolte in primo grado, queste possono essere
riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di
riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse. Tuttavia,
pur se libera da forme, la riproposizione deve essere fatta in modo
specifico, non essendo al riguardo sufficiente un generico richiamo
alle difese svolte ed alle conclusioni prese davanti al primo giudice
(Cass. 11-5-2009 n. 10796; Cass. 18-1-2006 n. 830; Cass. 15-5-2005
n. 9878; Cass. 20-8-2004 n. 16360; Cass. 18-6-2003 n. 9687).

7

rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di

Ne consegue che la parte integralmente vittoriosa in primo
grado, qualora abbia in detto grado proposto, oltre alla domanda
principale integralmente accolta, anche una domanda subordinata
assorbita dall’accoglimento della domanda principale, è tenuta, in

giudice dell’impugnazione Tale riproposizione, peraltro, può
ritenersi rituale ai sensi dell’art. 346 c.p.c., solo se la relativa
domanda sia proposta con chiarezza e precisione sufficienti a
renderla inequivocamente intelligibile per la controparte ed il
giudicante (Cass. 5-8-2004 n. 15003; Cass. 14-12-2005 n. 27570).
Nella specie, dall’esame degli atti, consentito per la natura dei
vizi denunciati (in procedendo), si evince che nella comparsa di
costituzione di appello la Cuzzolin, totalmente vittoriosa in primo
grado sia in relazione al rigetto della domanda attrice che
all’accoglimento della domanda riconvenzionale proposta in via
principale, si è limitata a chiedere, nel merito, il rigetto del gravame
proposto dagli attori e la conferma della sentenza appellata, senza
riproporre le eccezioni e le domande riconvenzionali formulate in via
subordinata.
Allo stesso modo, nel rassegnare le conclusioni finali
(trascritte a pag. 4 della sentenza gravata), l’appellata si è limitata a
instare per il rigetto dell’appello ex advervo proposto e la conferma
della sentenza impugnata.

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caso di appello della controparte, a riprodurre la relativa questione al

In mancanza di riproposizione delle eccezioni e delle domande
formulate in via subordinata in primo grado, pertanto, le stesse
devono intendersi come rinunciate, ai sensi dell’art. 346 c.p.c.;

e domande, non è ravvisabile il vizio di omessa pronuncia.
L’accoglimento del motivo in esame comporta l’assorbimento
del quinto.
4) Il secondo, terzo e quarto motivo, che per ragioni di
connessione possono essere trattati congiuntamente, sono privi di
fondamento.
Dalla lettura della sentenza impugnata si evince chiaramente
che la Corte di Appello, in accoglimento per quanto di ragione del
gravame proposto dagli attori, ha rigettato, dopo averla
correttamente qualificata come riconvenzionale, la domanda proposta
in via principale dalla convenuta, accolta dal Tribunale, diretta
all’accertamento della “piena validità della scrittura privata del 27
6 1992, con la quale

le parti, previo riconoscimento della esistenza

della originaria servitù costituita con atto di divisione del 1961 e
mai prescritta, hanno inteso trasferire la servitù stessa in diverso ex
art. 1068 c.c.” (v. conclusioni di primo grado trascritte a pag. il del
ricorso)

9

sicché nella sentenza impugnata, che non ha esaminato tali eccezioni

Ciò posto e atteso che, per le ragioni precedentemente esposte,
le domande riconvenzionali subordinate non riproposte in appello
dall’appellata dovevano ritenersi come abbandonate, deve escludersi
la sussistenza del dedotto vizio di mancata corrispondenza tra il

pronunciato sull’unica domanda riconvenzionale (quella formulata ai
sensi dell’art. 1068 c.c.) sottoposta al suo esame, in quanto investita
dall’appello proposto dagli attori.
Né è ravvisabile alcuna contraddittorietà ed incertezza nel
dispositivo, che consente chiaramente di individuare il

dictum,

costituito dalla riforma della sentenza di primo grado nella sola parte
in cui aveva accolto la domanda riconvenzionale proposta dalla
Cuzzolin.
Allo stesso modo, non sussistono i dedotti vizi di motivazione,
non avendo la sentenza impugnata operato alcuna confusione tra le
domande formulate dalla convenuta.
Prive di pregio, pertanto, si rivelano le censure mosse dalla
ricorrente, che, in realtà, senza tener conto della domanda ex art.
1068 c.c. formulata in via principale dalla Cuzzolin nella comparsa
di costituzione di primo grado e accolta dal Tribunale, muovono
dall’erroneo

presupposto

secondo

cui

l’unica

domanda

riconvenzionale proposta dalla convenuta sarebbe quella azionata “in ,
via riconvenzionale subordinata”, volta ad ottenere l’accertamento

10

chiesto e il pronunciato, essendosi il giudice del gravame

dell’acquisto per usucapione della titolarità del controverso diritto di
passaggio.
5) Anche il sesto motivo è infondato.
Dalla lettura della parte espositiva della sentenza impugnata si

dedotto che con l’atto di divisione del 4-5-1961 era stata costituita
servitù di passaggio a carico del mappale 134 f. 15. Tale assunto è
stato mantenuto fermo anche negli ulteriori scritti difensivi
(comparsa conclusionale; memoria ex art. 180 c.p.c.; citazione di
appello), trascritti, per la parte che qui rileva, nel controricorso. Non
si vede, pertanto, come possa ritenersi non contestata e pacifica
l’affermazione della convenuta, secondo cui con il menzionato atto
del 1961 era stata costituita servitù di passaggio anche sulla
particella 124.
Nella parte in cui lamenta l’omesso esame dell’atto di
divisione del 1961 e della missiva del 26-7-1991, il motivo difetta di
autosufficienza, non trascrivendo l’esatto contenuto dei documenti
richiamati.
Quanto

alla doglianza di

mancata valutazione

delle

dichiarazioni rese dai testi escussi in corso di causa, si osserva che
tali dichiarazioni possono rilevare solo riguardo alla individuazione
del percorso materialmente utilizzato dalla convenuta come
passaggio, ma non possono di certo supplire alla mancanza della

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evince che sin dall’atto introduttivo del giudizio gli attori avevano

forma scritta richiesta ad substantiain ai fini della costituzione
negoziale di una servitù di passaggio sul mappale 124.
6) Deve essere disatteso, infine, anche il settimo motivo.
Si rileva, al riguardo, che le censure mosse in via principale

convenzione del 1992 diversa rispetto a quella compiuta dalla Corte
di Appello, la quale ha ritenuto che con il predetto atto non è stato
semplicemente modificato il tracciato della servitù costituita nel
1962, ma è stata costituita una nuova servitù di passaggio.
Ciò posto, si rammenta che, in tenia di interpretazione del
contratto, l’accertamento della volontà degli stipulanti, in relazione
al contenuto del negozio, si traduce in un’indagine di fatto affidata in
via esclusiva al giudice di merito, censurabile in sede di legittimità
soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione o della violazione
delle norme ermeneutiche.
Nel caso in esame, pertanto, non essendo stati dedotti simili
vizi, non è possibile riporre in discussione la validità
dell’interpretazione data dalla Corte territoriale alla menzionata
convenzione del 1992.
Deve escludersi, di conseguenza, la sussistenza delle
violazioni di legge dedotte dalla ricorrente, avendo il giudice del
gravame correttamente fatto ridiscendere dalla rilevata mancanza di
sottoscrizione di tutti i proprietari dei fondi serventi l’invalidità

dalla ricorrente presuppongono una interpretazione della

della convenzione del 1992, una volta accertato, in punto di fatto,
che tale atto si sostanziava nella costituzione di una nuova servitù.
Nella specie, è stata fatta puntuale applicazione della
disposizione dettata dall’art. 1059 primo comma c.c., secondo cuì

è costituita se non quando gli altri l’hanno anch’essi concessa
unitamente o separatamente”.
Il motivo in esame appare infondato anche nella parte in cui
lamenta, in via subordinata, la violazione dell’art. 1059 secondo
comma c.c.
Una volta accertato che non tutti i comproprietari del fondo
servente avevano sottoscritto l’atto del 1992, infatti, la Corte di
Appello ha correttamente rigettato la domanda riconvenzionale della
convenuta, diretta al riconoscimento della validità di tale scrittura,
indipendentemente dal fatto che i comproprietari firmatari del
predetto atto e i loro aventi causa fossero tenuti, ai sensi dell’art.
1059 secondo comma c.c., a non ostacolare il passaggio.
7) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese
sostenute dai controrícorrenti nel presente grado di giudizio,
liquidate come da dispositivo.

13

servitù concessa da uno dei comproprietari di un fondo indiviso non

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, che liquida in euro 3.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Il Consigliere relatore

Così deciso in Roma nella camera di consiglio t el 26-2-2015

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