Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8823 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8823 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 18285-2009 proposto da:
elettivamente

SIVELLI GIANCARLO SVLGCR37H20G337C,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PIRENEI 1, presso lo
studio dell’avvocato ALFONSO GENTILE, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
384

IAZZETTI

ANTONIETTA

ZZTNNT24B65F798K,

LO

SARDO

CALOGERO, CESARIA AUGUSTO, MAGLIOCCHETTI ANGELO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI
2-A, presso lo studio dell’avvocato FABIO BLASI, che

Data pubblicazione: 30/04/2015

li rappresenta e difende;
– contrari correnti nonchè contro

DE CASTRO MADDALENA, FREDA NADIA, FREDA ENRICO, FREDA
MARIO, SCHIAVONI ANNA MARIA, RECANATI GABRIELLA,

ANTONIO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1800/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato GENTILE Alfonso, difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
e produce cartolina di ricevimento;
udito

l’Avvocato

PALAZZO

Gaetano,

con

delega

depositata in udienza dell’Avvocato BLASI Fabio,
difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto
del ricorso riportandosi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
l’inammissibilità o infondatezza del ricorso.

SIPIONI CORRADO, LISI FRANCA, FUCCI CATERINA,,fAMATI

..

Svolgimento del processo
Sivelli Giancarlo, con atto di citazione del 20 giugno 2001, proprietario di una
porzione immobiliare facente parte del Condominio di Roma via Antonello da
Messina n. 35 conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, gli altri
condomini dello stabile, per sentire accertare e dichiarare l’invalidità della
relativa alla ripartizione delle spese di ascensore, perché

erroneamente formulata

tabella C

e compilata e per l’effetto sostituire la tabella

inesatta con altra tabella millesimale maggiormente conforme alla legge al
Regolamento di condominio , alla reale struttura dell’immobile e alle
possibilità d’uso dell’ascensore da parte del ricorrente. Deduceva l’attore

di

essere proprietario di un’unità immobiliare posta al piano terra dello stabile e
che ciò nonostante nella tabella millesimale C relativa alla ripartizione delle
_

spese di gestione dell’ascensore il suo appartamento era stato considerato
erroneamente come sito al primo piano ricevendo, pertanto, un’attribuzione
millesimale eccedente rispetto a quella effettivamente dovuta
Si costituivano alcuni condomini convenuti i quali eccepivano che il criterio
di ripartizione adottato risultava del tutto legittimo e corretto essendo quello
della tabella C approvata dall’assemblea condominiale in base al quale la
spesa avrebbe dovuto essere ripartita quanto al 40% in proporzione all’altezza
del pgrio

e quanto al 60% in proporzione ai millesimi di proprietà.

Specificavano, ulteriormente, i convenuti che al dott. Sivelli veniva attribuito
un coefficiente

pari all’1/12 del 40%

della spesa in quanto la tabella C

teneva conto anche del piano terrazzo privo di unità abitative, ma adibito a
lavatoio e stenditoio e con un locale usato per le riunioni condominiali e per
questo utilizzato uno o due volte l’anno.
1

4

Il Tribunale di Roma con sentenza 10733 del 2004 rigettava la domanda di
Sivelli e condannava lo stesso al pagamento delle spese di lite.
Avverso tale sentenza proponeva appello Sivelli per due motivi: per erroneità
dei presupposti di fatto di diritto posti a fondamento della decisione,

non

fuori terra di cui l’ultimo piano raggiungibile

solo tramite una rampa di

scale, perché privo di unità abitative e che, essendo il suo appartamento sito a
piano terra dal quale l’ascensore inizia la corsa, andavano considerati ai fini
del coefficiente di piano solo cinque Mei

con attribuzione di coefficiente

zero per gli appartamenti del primo piano, che per la loro posizione non sono
serviti dall’ascensore; b) per la violazione dell’art. 1124 cc.,
– c

essendo stata

attribuita ai proprietari dei singoli appartamenti una quota (60%) delle spese
superiore alla metà.
Si costituivano alcuni condomini (De Castro, Mazzetti, Lo Saro, Cesaria e
Magliocchetti) mentre altri sono rimati contumaci, chiedendo il rigetto del
gravame perché infondato in fatto ed in diritto.
La Corte di appello di Roma con sentenza n. 1800 del 2009 rigettava l’appello
e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado. Secondo la
Corte romana, anche gli appartamenti del primo piano erano serviti
dall’ascensore per consentire di raggiungere l’ultimo piano di proprietà
comune. Che, comunque, la ripartizione in misura difforme da quella prevista
dall’art.1124 cc., non è suscettibile di essere considerata un errore nella
formazione delle tabelle millesimali, posto che, ai sensi dell’art. 69 disp. att.
cc., queste riguardano solo i valori proporzionali di ciascun piano, di ciascuna
porzione di piano, spettante in proprietà esclusiva ai singoli domini.
2

avendo il Tribunale considerato che trattavasi di una palazzina di sette piani

_

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Sivelli con un ricorso
affidato a tre motivi. Iazzetti, Lo Sardo, Cesaria e Magliocchetti hanno
resistito con controricorso, illustrato con memoria. Gli altri condomini in
questa fase non hanno svolto attività giudiziale.
Motivi della decisione

1.= Sivelli lamenta:
a) con il primo motivo di ricorso, l’insufficiente e contraddittoria motivazione
su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc.
Secondo il ricorrente la sentenza impugnata sarebbe del tutto sprovvista di
motivazione, idonea a sostenere il rigetto della domanda del dott. Sivelli posto
che con l’affermazione secondo cui che “in ordine alla prima censura appariva
– .

assorbente la considerazione che contrariamente all’opinione dell’appellante,
anche gli appartamenti del primo piano avrebbero serviti dall’ascensore,
Corte distrettuale mostra di non aver bene compreso

la

quale fosse la

conformazione della palazzina ed, in particolare, non avrebbe

inteso che il

dott. Sivelli abita al piano terra dello stabile di cui si dice e non al primo
piano. A sua volta, con l’affermazione “(…) per consentire di raggiungere
l’ultimo piano di proprietà comune, correttamente contemplato ai fini della
determinazione del coefficiente di piano, perché costituito dal terrazzo, locale
assemblee, locali adibiti a fontane e stenditoi” mostra di non aver compreso
che l’ultimo piano della palazzina il sesto non è servito dall’ascensore che si
ferma al quinto piano ma solo da due rampe di scale in muratura. Piuttosto, la
Corte distrettuale, sempre secondo il ricorrente, non chiarisce le ragioni per le
quali andavano disattese le specifiche obiezioni formulate da Sivelli con
riferimento alla determinazione del coefficiente del piano. D’altra parte, posto
_
3

k

_

che il coefficiente primario di ripartizione della spesa di ascensore sarebbe
costituito dal numero dei piani

serviti da detta apparecchiatura, la Corte

distrettuale, avrebbe dovuto rilevare che nel caso di specie i piani sono cinque
e, dunque, sommando tutti i piani sui quali andrebbe frazionata la spesa,
secondo la seguente operazione matematica (0+1+2+3+4+5= 15) si sarebbe

dovuto giungere ad un coefficiente pari ad 1/15, mentre l’elaborato del tecnico
pone al denominatore il differente valore di 21, come se la palazzina fosse
composta da sei piani.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Suprema Corte se il Giudice di appello
abbia adeguatamente

motivato

le ragioni

di rigetto della domanda

dell’appellante in rapporto alla specificità delle obiezioni sollevate dal dott.
_ r

Sivelli con riferimento all’erroneità della Tabella millesimale C, all’effettivo

_

stato dei luoghi del Condominio di Roma via A, Da Messina n. 35
all’impossibilità di raggiungere il piano terrazzo mediante l’impianto di
elevazione automatica, che inizia la sua corsa dal piano dell’edificio in cui è
ubicata l’abitazione del ricorrente.
b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di
diritto, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente, nonostante la
ripartizione delle spese per gestione e manutenzione dell’ascensore indicata
dalla tabella C non contrasterebbe con il combinato disposto di cui all’art.
1123 e 1124 cc., norme informate alla proporzionalità fra ripartizione delle
spese e uso della cosa comune, che pure prevedono la possibilità di deroga da
parte del regolamento condominiale, nel concreto creerebbe una disparità di
A7
trattamento tra i condomini che usano in maniera differente il bene comune
per la cui spesa sono chiamati a concorrere. In particolare, la ripartizione
4

_

secondo la tabella C (40% in base all’altezza dei piani e 60% in base ai
millesimi di proprietà)

di cui si dice non avrebbe tenuto conto

che i

condomini del piano terreno non utilizzano l’ascensore in quanto non
necessario per raggiungere l’immobile di proprietà e, quindi, avrebbero
dovuto essere esclusi quantomeno dalla quota di spesa riferita all’altezza del
come fermo restando

piano. Sarebbe evidente, eccepisce il ricorrente,

l’obbligo del condomino Sivelli alla contribuzione per la quota di spesa di
ascensore calcolata in ragione dei millesimi di proprietà, nella fattispecie il
60% della spesa totale, del tutto iniqua sarebbe la previsione regolamentare
che pone attualmente a suo carico anche la quota di spesa riferita all’altezza
della sua proprietà da terra, sia perché detta proprietà non avrebbe altezza da
,

terra, sia perché anche l’uso potenziale che il dott. Sivelli potrebbe fare

.

dell’ascensore per raggiungere i beni comuni collocati al piano terrazze è
strettamente limitato dalla conformazione della palazzina nella quale il piano
terrazze sarebbe raggiungibile con l’ascensore fino al quinto piano per poi
salire tramite due rampe di scale fino al sesto piano. Sicché per detto
sporadico ed improbabile uso non apparirebbe equo far gravare sul condomino
Sivelli anche la quota di contribuzione calcolato (40%) con riferimento
all’altezza dal suolo della sua proprietà atteso che detta proprietà in quanto
collocata al piano terra dista zero dal suolo (piano inizio corsa dell’ascensore.
Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Suprema Corte se il criterio della
misura dell’uso applicato al Condominio di Via Antonello da Messina n. 35
tramite la tabella C che considera quale livello pari ad 1 anziché pari a zero il
piano terra (livello di partenza dell’ascensore) ove è ubicato l’immobile di
4
proprietà del ricorrente sia legittimo, ai sensi del combinato disposto di cui
5

agli artt. 1123 e 1124 cc., e se tenga conto del differente e minore potenziale
uso che può fare dell’ascensore il ricorrente che abita a piano terra.
c).= Con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto,
ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente la Corte distrettuale
avrebbe disatteso

l’applicazione di quanto disposto dall’art. 1124 cc. che

prevede la ripartizione della spesa condominiale in proporzione dei millesimi
di proprietà, ma il godimento differenziato che ciascun condomino può avere
del bene suddetto non appare agevolmente misurabile in funzione della
distanza della proprietà individuale dal suolo o, comunque, dal punto di
partenza dell’ascensore. Piuttosto, il proprietario di unità immobiliari sito al
piano terreno

è tenuto a concorrere

nelle spese di manutenzione e di

– ,

ricostruzione delle scale e/o degli ascensori limitatamente a quella parte di

_

oneri che vien ripartita ai sensi dell’art. 1124 cc., in ragione del valore del
piano e della porzione di piano, mentre non è, invece, tenuto a contribuire per
quella parte di spesa ripartita in base alla medesima norma , in misura
proporzionale alla distanza dei piani dal suolo. La Corte distrettuale non
avrebbe, sempre secondo il ricorrente, applicato neppur la norma di cui all’art.
69 disp att. cc ., che giustifica la revisione delle tabelle millesimali ove vi sia
obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il
valore proporzionale ad esso attribuito nelle tabelle. Per altro, la Corte
distrettuale avrebbe errato nel ritenere che la tabella C fosse stata dallo stesso
approvata in ragione della lettera del 24 aprile 1985 diretta al Presidente della
cooperativa con la quale lo stesso dichiarava di approvare aprioristicamente le

Ì

risultanze dell’Assemblea, posto che quella lettera veniva inviata solo al fine
di non paralizzare l’esercizio di funzioni deliberanti della suddetta adunanza.

Y

6

Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Suprema Corte se sia legittima la
tabella C (ripartizione spese ascensore) vigente nel condominio di Roma via
Antonello da Messina n. 35 sebbene preveda in contrasto con quanto disposto
dall’art. 1124 cc., che la ripartizione della spesa avvenga per il 40% in misura
proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo e per il 60% in

proporzione dei millesimi di proprietà e se conseguentemente, sia suscettibile
di revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. cc .
1.1.= La Corte rileva la fondatezza delle dette censure che, per evidenti
ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione,
possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed
interdipendenza riguardando tutte – o direttamente o indirettamente per gli
-.

effetti riflessi e conseguenti – la questione (sia pure sotto profili diversi) di

..

accertare se, nell’ipotesi, la ripartizione delle spese, così come riportate dalla
tabella C e relative all’ascensore condominiale fossero rispondenti alla
normativa vigente.
Come è stato affermato da questa Corte, in più occasioni (cfr. Cass.
2833/1999, ma, vedi, anche, Cass. 27233/2013): in tema di condominio di
edifici, la regola posta dall’art. 1124 cod. civ. relativa alla ripartizione tra i
condomini delle spese di ricostruzione (oltre che di manutenzione) delle scale
è applicabile per analogia, ricorrendo identica “ratio”, alle spese relative alla
ricostruzione (e manutenzione) dell’ascensore già esistente. Con l’ulteriore
specificazione che la disciplina legislativa in “subiecta materia” (artt. 1123 –

A

1125 cod. civ.) è, suscettibile di deroga mediante un accordo unanime di tutti i
condomini, avente valore negoziale.
Ora, nel caso in esame, la sentenza impugnata ha, sostanzialmente, disatteso i
7

principi suddetti non avendo chiarito

—e lo avrebbe dovuto, se tutti i

condomini all’unanimità avevano concordato una deroga al criterio legale di
riparazione

delle

spese

condominiali

relative

alla

manutenzione

dell’ascensore. La Corte distrettuale si è limitata ad affermare che “(…) la
ripartizione in misura difforme da quella prevista dall’art. 1124 cc. risulta

essere stata approvata anche dall’appellante (…), ma non indica se fosse stata
approvata all’unanimità dei condomini e con quale delibera condominiale,
tanto più che esiste specifica contestazione dell’attuale ricorrente di non aver
approvato le delibere aventi ad oggetto la deroga al criterio legale di
ripartizione delle spese condominiali, di cui si dice. Epperò, il suddetto
accordo unanime occorreva, in quanto non è conforme al disposto dell’art.
1224 c.c. ne’ la suddivisione al 40/60% (anziché’ al 50/50%) della spesa
_

secondo i valori e le altezze, né l’inclusione della proprietà individuale al
piano terra nel riparto secondo l’altezza dato che il ricorrente è bensì servito
dall’ascensore, non però per il suo appartamento, ma per i locali condominiali
al sesto piano, che possono essere raggiunti in ascensore fino al quinto piano;
ed è in questo presupposto che la sua partecipazione alla spesa avrebbe dovuto
essere calcolata.
In definitiva il ricorso va accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa
rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Roma la quale, giusta la
norma di cui all’art. 385 cpc., provvederà al regolamento delle spese anche
del presente giudizio di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, rinvia la causa ad
altra sezione della Corte di appello di Roma anche per il regolamento delle

Ìd?
8

spese del presente giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della

Corte di Cassazione il 25 febbraio 2015

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