Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8823 del 13/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 13/04/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 13/04/2010), n.8823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

EDIL SCAVI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Ovidio n. 10, presso la

Dott.ssa Anna Bei (studio Rosati), rappresentata e difesa dell’avv.

CAMPOSANO Vincenzo;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliate in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che le rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Calabria, sez. 1^, n. 121, depositata il 15.10.2007.

Letta la relazione scritta redatta dal relatore Dott. Aurelio

Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso avviso di accertamento Irpeg ed Ilor per gli anni 1996 e 1997 emesso dall’Ufficio sulla scorta delle risultanze del p.v.c. redatto della G.d.F. in esito a verifica fiscale;

che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, con sentenza confermata, in esito all’appello dalla società contribuente dalla commissione regionale;

– che, avverso tale decisione, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione in due motivi, illustrati anche con memoria;

che l’Agenzia si è costituita senza nulla argomentare;

rilevato:

– che, con il primo motivo di ricorso, la società contribuente ha dedotto “violazione o falsa, applicazione dell’art. 1722 c.c., R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 78 e delle norme tributarie di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” e formulato il seguente quesito di diritto: “Statuisca l’Ecc.ma Corte adita se, alla luce del combinato disposto dell’art. 1722 c.c., R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18, la dichiarazione di fallimento personale del legale rappresentante di una società a responsabilità limitata produca l’effetto giuridico dell’estinzione del mandato da questi conferito a propri delegati e la conseguente illegittimità dell’operato portato a termine dai mandatari (delegati) seppur in costanza dello stato di incapacità del mandante (delegante);

segnatamente, statuisca l’Ecc.ma Corte adita se, l’espletamento delle operazioni di verifica fiscale alla sola presenza dei soggetti delegati dal rappresentante – dichiarato fallito nelle more delle operazioni – integri violazione dei diritti e delle garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscale”;

– che, con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente ha dedotto “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, in merito alla questione della persistenza della legittimità della delega conferita ai soggetti presenti per la società alle operazioni di accertamento, nel periodo successivo al fallimento (personale) del legale rappresentante della società conferente;

osservato:

– che i due motivi, che per la stretta connessione possono essere congiuntamente esaminati vanno disattesi;

che, in via prioritaria ed assorbente ne va rilevata l’inammissibilità, in quanto inidonei a contrastare l’autonoma e decisiva ratto della decisione impugnata, basata sulla mancata deduzione della questione nel ricorso introduttivo e della conseguente sua inammissibilità in adesione a consolidato orientamento di questa Corte;

che, in base a tale orientamento, infatti, il meccanismo d’instaurazione del processo – imperniato sull’impugnazione del provvedimento impositivo, tesa ad ottenere sindacato giurisdizionale sulla legittimità formale e sostanziale del medesimo – comporta che, fungendo i motivi dell’opposizione al provvedimento impositivo quali causae petendi della correlata domanda di annullamento, l’indagine sul rapporto tributario debba restare rigorosamente circoscritta ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, che il contribuente abbia specificamente dedotto nel ricorso introduttivo di primo grado, con l’unico temperamento (in concreto escluso) costituito dalla facoltà, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, di integrare i motivi di ricorso con la prospettazione di doglianza configurabile solo a causa del deposito, ad opera delle altri parti o su ordine del giudice di documenti non conosciuti (cfr. Cass. 20393/07, 7766/06, 28680/05, 12147/04, 9745/03); e ciò senza che l’inammissibilità del motivo aggiunto possa ritenersi sanata dal fatto l’Agenzia abbia contraddetto anche sul merito dell’eccezione nuova, atteso che, in materia, la sanatoria si rivela preclusa dal modulo impugnatorio del contenzioso tributario (per il quale i vizi dell’atto di accertamento dell’imposta non fatti valere dal contribuente con tempestivo ricorso, rendono definitivo, per tal verso, l’atto impositivo: v.

Cass. 6029/02) e, coerentemente, non è prevista (v. anzi, in senso contrario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57) da alcuna norma di legge (v. Cass. 5022/07);

ritenuto:

che, non risultando congruente rispetto alla complessiva ratio della decisione impugnata, il ricorso si rivela, inammissibile, sicchè va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, stante l’assenza d’attività difensiva dell’Agenzia intimata, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

PQM

la Corte: dichiara il ricorso inammissibile.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010

 

 

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