Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8821 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. III, 30/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 30/03/2021), n.8821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27663/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Andrea Astolfi,

Francesca Di Marco, ed Emanuela Paoletti, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultima in Roma, viale Maresciallo

Pilsudski, n. 118;

– ricorrente –

contro

Amtrust Europe Limited, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Filippo

Martini, Marco Rodolfi, e Massimo Dellago, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Ennio Quirino

Visconti, n. 103;

– controricorrente –

e nei confronti di:

C.S., F.A.P., M.R.,

S.L., Assicuratrice Milanese S.p.a., UnipolSai Ass.ni S.p.a., Zurich

Insurance Public Limited Company;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, n. 782/2018

depositata il 26 aprile 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 novembre

2020 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. C.S. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, la (OMISSIS) S.r.l. e F.A.P. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in seguito all’intervento chirurgico di stabilizzazione della colonna lombare tramite viti transpeduncolari eseguito in data (OMISSIS) dall’equipe del F..

La (OMISSIS) S.r.l. resistette alla domanda e chiamò in causa, per esserne manlevata, la propria compagnia assicuratrice Amtrust Europe Limited. Altrettanto fece il F., chiamando in garanzia la propria compagnia d’assicurazione.

Esteso il contraddittorio anche nei confronti degli altri medici che componevano l’equipe e delle rispettive compagnie d’assicurazione, all’esito dell’istruttoria il Tribunale pronunciò, in data 22/4/2016, sentenza con la quale rigettò le domande condannando l’attore al pagamento delle spese nei confronti dei convenuti e dei terzi chiamati in causa.

2. In parziale riforma di tale decisione la Corte d’appello di Torino, con la sentenza in epigrafe, per quanto ancora in questa sede interessa:

– ha condannato F.A.P. e la (OMISSIS) S.r.l., in solido tra loro, al pagamento in favore del C. della complessiva somma di Euro 6.490, oltre interessi legali;

– ha condannato il F. a tenere indenne e manlevare la (OMISSIS) S.r.l. da quanto eventualmente corrisposto in forza della sentenza al C.;

– ha condannato la Milanese Assicurazioni S.p.A. a tenere indenne e manlevare il F. da quanto eventualmente corrisposto in forza della sentenza al C. o, alternativamente, alla (OMISSIS) S.r.l.;

– ha rigettato la domanda di garanzia proposta da quest’ultima contro l’Amtrust Europe Limited.

A tale ultimo riguardo ha rilevato, in motivazione (v. pagg. 20-21 della sentenza), che “la c.t.u. non ha evidenziato particolari e specifici profili di responsabilità propri della struttura sanitaria e, se questo è del tutto irrilevante nei confronti del danneggiato (che… ha agito a titolo di responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e 1228 c.c.), è invece rilevante nel rapporto interno tra condebitori solidali, a fronte della responsabilità esclusiva del medico autore dell’intervento…. Non altrettanto deve dirsi quanto alla domanda in garanzia nei confronti dell’Amtrust Europe Limited: la latente ambiguità della clausola n. 4 della polizza assicurativa (che pare escludere la copertura per la responsabilità dei medici che non siano dipendenti del contraente) risulta superata, tuttavia, dalla successiva clausola n. 9.1.02, che estende sì la copertura assicurativa anche a tutti i collaboratori a qualsiasi titolo della struttura sanitaria, ma con la ribadita “esclusione delle figure di cui al successivo punto 9.1.06”, ovverosia dei “sanitari non alle strette dipendenze del Contraente quando agiscono per conto del Contraente e/o nell’esercizio della libera professione”, alla cui stregua (recte: categoria, n.d.r.) appartiene incontestatamente F.A.P.”.

3. Avverso tale decisione (OMISSIS) S.r.l. propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, cui resiste Amtrust Europe Limited depositando controricorso.

Gli altri intimati non svolgono difese nella presente sede.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione del canone legale di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 c.c. “per avere la Corte d’appello affermato l’inoperatività della garanzia di cui alla polizza fra (OMISSIS) S.r.l. e Amtrust in forza di un’errata interpretazione degli artt. 4, 9.1.02 e 9.1.06 del contratto di assicurazione”.

Trascritto il contenuto delle clausole di cui all’art. 9 della polizza, rileva che quella di cui al punto 9.1.02 (secondo cui “(l’assicurazione comprende) la responsabilità civile che possa gravare personalmente su tutti i dirigenti e dipendenti del Contraente, o suoi collaboratori a qualsiasi ruolo appartenenti ad esclusione delle figure di cui al successivo art. 9.1.06, sui consulenti di cui il Contraente si avvale nell’esercizio delle attività indicate in questa polizza, su ogni operatore, frequentatore volontario, obiettore, tirocinante, allievo, borsista, che agisce per conto del Contraente”) se, da un lato, estende la copertura assicurativa prestata in favore della struttura contraente anche alla responsabilità civile personale di tutta una serie di figure dipendenti, dirigenti ed altro che collaborano con la Casa di cura contraente, dall’altro, esclude tuttavia che la polizza copra la responsabilità personale delle figure di cui alla successiva clausola 9.1.06 (a tenore della quale (l’assicurazione comprende) “la responsabilità civile derivante al Contraente per fatti commessi dai sanitari non alle dirette dipendenze del Contraente quando agiscono per conto del Contraente stesso e/o nell’esercizio della libera professione, con l’esclusione della RC personale degli stessi”).

Osserva che, però, ciò sta solo a significare che la polizza assicurativa non è a favore ed a tutela del libero professionista e della relativa responsabilità professionale, non anche che non copra i danni derivanti alla casa di cura contraente da azioni poste in essere dal libero professionista.

2. Il motivo è fondato.

Giova ribadire in premessa che, giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione delle clausole in ordine alla portata e all’estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, poichè il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v., ex multis Cass. n. 8810 del 12/05/2020; n. 7597 del 31/03/2006).

Compito della Corte di cassazione, in altre parole, non è quello di condividere o non condividere l’interpretazione del contratto contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una autonoma rilettura delle dichiarazioni negoziali poste a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria interpretazione a quella dei giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento, da essi reso manifesto nella motivazione della sentenza impugnata, non sia incorso nella violazione delle regole della logica o delle regole legali di interpretazione dei contratti (così Cass. n. 17049 del 20/08/2015).

Nel caso di specie, le doglianze si muovono in detta corretta prospettiva censoria.

Non richiedono, infatti, una nuova valutazione del contratto astratta da quella operata dal giudice a quo, nè una diversa interpretazione tra quelle che in ipotesi sarebbero possibili e plausibili, ma segnalano, fondatamente, un vizio del ragionamento seguito dalla Corte di merito che rendono questa insostenibile poichè inosservante dei canoni legali di ermeneutica contrattuale.

Si tratta, invero, di un vizio che è agevole cogliere già sul piano della ricognizione del significato testuale delle stesse clausole considerate e si risolve in errore di diritto per violazione del canone di interpretazione letterale del contratto (art. 1362 c.c.).

Come sopra s’è riferito i giudici d’appello hanno fatto leva, nella interpretazione del contratto ai fini della identificazione (e della delimitazione) del rischio assicurato, esclusivamente sulle clausole di cui ai punti 9.1.02 – della quale si dice che “supera” e, dunque, è da intendere, “chiarisce” la non meglio illustrata “latente ambiguità” dell’art. 4, il quale dunque non viene in considerazione – e 9.1.06.

Di tali clausole forniscono una interpretazione sintetizzata nell’affermazione secondo cui “la copertura assicurativa è estesa anche a tutti i collaboratori a qualsiasi titolo della struttura sanitaria, con la “esclusione delle figure di cui al successivo punto 9.1.06”, ovverosia dei “sanitari non alle strette dipendenze del Contraente quando agiscono per conto del Contraente e/o nell’esercizio della libera professione”, alla cui stregua appartiene incontestatamente F.A.P.”.

Ebbene, una siffatta sintesi può considerarsi in sè corretta, ma non giustifica affatto la conclusione che la polizza non copra la responsabilità della struttura sanitaria ex art. 1228 c.c. (che è il titolo di responsabilità che, in altra parte della motivazione, la Corte territoriale espressamente pone a fondamento della statuizione di condanna dell’ente ospedaliero e che, giova rammentare, è da considerarsi responsabilità diretta per fatto proprio: v. Cass. 11/11/2019, n. 28987).

Escludere, come fa la clausola 9.1.02, dalla copertura assicurativa le figure di cui al successivo punto 9.1.06, significa (solo) escludere da detta copertura la responsabilità civile, propria, di tali figure, non anche la responsabilità, anch’essa propria e diretta, ex art. 1228 c.c., della struttura ospedaliera, all’interno della quale quelle figure hanno operato pur in assenza di alcun rapporto di dipendenza o collaborazione.

Del tutto univoco è in tal senso il tenore dell’intera clausola 9.1.06 il cui contenuto è evidenziato in ricorso con pieno assolvimento dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e che la Corte territoriale trascura, invece, di considerare.

Essa infatti chiarisce, come meglio non avrebbe potuto farsi, che “(l’assicurazione comprende) “la responsabilità civile derivante al Contraente per fatti commessi dai sanitari non alle dirette dipendenze del Contraente quando agiscono per conto del Contraente stesso e/o nell’esercizio della libera professione, con l’esclusione della RC personale degli stessi”.

3. Il ricorso merita, pertanto, accoglimento, restando assorbito l’esame degli altri motivi di ricorso che, in buona sostanza, non fanno altro che riproporre la medesima doglianza (quarto motivo) o denunciare la violazione anche di altri canoni di ermeneutica contrattuale e, segnatamente, di quelli di cui agli artt. 1363 c.c. (interpretazione sistematica; secondo motivo); 1366 e 1367 c.c. (interpretazione secondo buona fede e secondo il principio di conservazione del contratto; terzo motivo); 1370 c.c. (i. contra auctorem, quinto motivo).

La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio della causa al giudice a quo al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti;

cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

 

 

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