Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8821 del 18/04/2011

Cassazione civile sez. I, 18/04/2011, (ud. 14/02/2011, dep. 18/04/2011), n.8821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.G. (C.F. (OMISSIS)), L.G.

(C.F. (OMISSIS)), L.A. (C.F.

(OMISSIS)), L.R. (C.F. (OMISSIS)),

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GUELI

GIAN FRANCO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PALERMO depositato il

06/11/2007 n. 1188/06 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/02/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Palermo, con decreto del 6.11.07, ha riconosciuto il diritto degli eredi di L.V. ad ottenere il ristoro del danno subito dal loro dante causa per l’eccessiva durata dei procedimenti pensionistici riuniti da queste promossi dinanzi alla Corte dei Conti nel 1970 e nel 1971.

Il giudice del merito, rilevato che il L. era deceduto nel 1996 e che i ricorrenti avevano specificato di voler agire solo iure successionis, osservato altresì che il de cuius aveva conseguito sin dal 1983 il bene della vita invocato, ovvero la pensione di guerra, per una patologia che assorbiva quella denunciata, ha determinato in nove anni la durata irragionevole del processo presupposto ed ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare agli eredi la complessiva somma di Euro 9.000 oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, dichiarando interamente compensate fra le parti le spese del procedimento.

Gli eredi L. hanno chiesto la cassazione del provvedimento, affidandola ad unico motivo di ricorso. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, gli eredi L., denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, nonchè vizio di motivazione della decisione impugnata, si dolgono della mancata liquidazione del danno da eccessiva durata del processo nel periodo 1983/1996. Rilevano a riguardo che il loro dante causa aveva ottenuto il riconoscimento della pensione di guerra, ma solo con decorrenza dal 1986 (e non dal 1983, come erroneamente affermato dalla Corte di merito), sicchè, avendo egli richiesto il beneficio con decorrenza dalla data di proposizione della domanda, il suo interesse ad ottenere una decisione nel merito non era mai venuto meno. Lamentano, inoltre, che la Corte d’Appello abbia fissato in anni quattro il termine di durata ragionevole del procedimento presupposto. La prima delle censure illustrate nel motivo è fondata e merita accoglimento.

La Corte d’Appello, rilevato in fatto che L.V., a partire dal marzo dell’83, aveva ottenuto, in via amministrativa, il riconoscimento del trattamento pensionistico di guerra per una patologia che assorbiva quelle denunciate dinanzi alla Corte dei Conti, ha affermato che tale riconoscimento costituiva risultato pienamente satisfattivo della pretesa giurisdizionale da lui azionata, con la conseguenza che, a partire dalla medesima data, doveva escludersi che egli avesse potuto subire ulteriori patimenti a causa della mancata definizione del procedimento presupposto.

La conclusione raggiunta dal giudice del merito risulta, tuttavia, per un verso, contraddittoria rispetto al diverso accertamento di fatto, contenuto nella parte espositiva del provvedimento impugnato, della decorrenza del trattamento pensionistico privilegiato dal marzo del 1986, e, per altro verso, carente di motivazione nella parte in cui non chiarisce perchè il conseguimento tardivo della pensione domandata dal de cuius sin dal 1970 avesse fatto venir meno l’interesse di questo ad ottenere una pronuncia di merito in ordine alla sussistenza del suo diritto alla corresponsione di detta pensione nel periodo compreso fra la data di introduzione del giudizio e quella di emanazione del provvedimento amministrativo.

La seconda censura va invece dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., siccome priva di un momento di sintesi che ne circoscriva puntualmente i limiti, in modo da non ingenerare incertezze in ordine alla sua formulazione ed alla valutazione della sua immediata ammissibilità (Cass. SS.UU. n. 12339/010). In conclusione, il decreto impugnato va cassato in relazione alla censura accolta e rinviato per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 18 aprile 2011

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