Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8818 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8818 Anno 2015
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 11386-2009 proposto da:
PAOLINO

GIUSEPPA

MARIA

PLNGPP6OR691535P,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA
38, presso lo studio dell’avvocato BENITO PANARITI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CESARE BORROMETI;
– ricorrente contro

ZERAFA PACE EMANUELA MARIA C..F.ZRFMLM44A5015351,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO
37, presso lo studio dell’avvocato CECILIA FURITANO,

Data pubblicazione: 30/04/2015

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati
MARCELLO FURITANO, LUIGI PICCIONE;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1543/2008 della CORTE
D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/12/2008;

udienza del 11/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato Furitano Cecilia difensore della
controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SvolgimAnto &l prctresso
Zerafa Pace Emanuela

con ricorso 1e11′ 11 maggio 2001 conveniva in

giudizio davanti al Tribunale di Modica, Paolino Giuseppa Maria e, premesso
che la deducente era proprietaria di una casa per civile abitazione sita in

era servito da una banchina antistante cui si accedeva attraverso dei gradini,
che la collegavano alla strada, che la resistente in data 10 maggio 2001, dopo
aver provveduto ad immettere travi di ferro nel muro perimetrale della sua
casa aveva praticato un ampio varco in tale muro in corrispondenza della
citata banchina con l’intenzione di realizzare una nuova apertura d’ingresso;
chiedeva, previa sospensione della nuova opera,

di essere reintegrata e

mantenuta nel possesso della banchina.
Si costituiva Paolino Giuseppa Maria,
_

eccependo che non esistevano i

presupposti per la tutela possessoria stante che la banchina non apparteneva
né a lei, né alla ricorrente, in quanto il fabbricato ricadeva su area demaniale,
inoltre, eccepiva che il possesso della banchina da parte della ricorrente
durava da meno di un anno.
Con provvedimento del 3 agosto 2001 il Giudice Unico rigettava l’istanza di
sospensione dei lavori e fissava l’udienza per il giudizio di merito. In sede di
reclamo, il Tribunale

collegiale accoglieva l’istanza

della ricorrente ed

ordinava con provvedimento del 3 dicembre 2001 alla Paolina di reintegrare
Zefara Pace Emanuela

nel possesso della banchina mediante la chiusura

dell’apertura praticata nella parete.
Successivamente, con sentenza del maggio 2004, il Giudice unico del
Tribunale di Modica accoglieva la domanda proposta da Zerafa e confermava
1

Donnalucata Scicli, con ingresso principale da via Calvi, che detto ingresso

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•reesistente e condannava la Paolino al rimborso delle scese del iiudizio.

Avverso • uesta sentenza int – • oneva a. • elio Paolino Gius – e e a Maria,
chiedendo il rigetto della domanda per un motivo e cioè perché l’azione della
ricorrente

doveva essere indiscutibilmente qualificata come azione di

manutenzione e non di spoglio e, quindi, ritenuta improcedibile.
Si costituiva Zerafa, chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della
sentenza impugnata.
La Corte di appello di Catania con sentenza n. 1543 del 17 dicembre 2008
dichiara inammissibile l’appello proposto e condannava l’appellante al
pagamento delle spese del secondo grado di giudizio. Secondo la Corte etnea,
l’appello andava dichiarato inammissibile per mancata specificazione dei
motivi.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Paolino Giuseppa Maria
con ricorso affidato ad un motivo. Zerafa ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.= Con l’unico motivo di ricorso Paolino Giuseppa Maria lamenta la
violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cpc. Secondo la ricorrente,
contrariamente a quanto sostenuto dalla Certe distrettuale il motivo di appello
addotto dall’odierna ricorrente a sostegno del gravame proposto avverso al
sentenza del Tribunale di modica era sufficientemente specificato, come pure
ampiamente contestate apparivano le argomentazioni in forza delle quali la

/

3.4/

stesso Tribunale aveva ritenuto la sussistenza di uno spoglio piuttosto che una
turhativa del possesso Piuttosto, con l’atto di appello l’attuale ricorrente,

muovendo dall’assunto che la dott.sa Zerafa non poteva vantare il diritto di
proprietà sul manufatto in quanto ricadente su area demaniale. che su detto

l’apertura praticata dall’odierna ricorrente sulla parete

non costituiva un

impedimento permanente al diritto di passaggio è stato conclamato che tanto
la Dott.ssa Zerafa, quanto l’appellante stessa avevano rispetto alla panchina
de qua la posizione di frontista con la conseguenza che entrambe avevano (e
tutt’ora hanno) diritto di esercitarvi il passaggio. Poiché, poi, la modifica dello
stato dei luoghi operata dalla Dott.ssa paolina non aveva impedito in alcun
modo alla dott.ssa Zerafa di continuare ad esercitare il passaggio sulla
banchina

in maniera analoga a quella precedente, era da escludere

l’impedimento permanente e, pertanto, non di spoglio si poteva parlare ,
quanto di molestia o turbativa.
1.1.= Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cpc.
Come ha, anche, eccepito Zerafa con il controricorso, Paolino Giuseppa Maria
ha omesso la formulazione del quesito di diritto, richiesta a pena di
inammissibilità nei casi di impugnazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 4
dell’art. 360 c.p.c. Nè può in ogni caso ritenersi che il quesito di diritto —
sarebbe, in ogni caso, presente nell’illustrazione del motivo, sottoposto
all’esame di questa Corte, poiché la prescrizione formale introdotta dalla
norma in esame non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso,
poiché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della
3

manufatto non aveva mai esercitato il possesso in via esclusiva, che viepiù

norma in questione chEt ha introdotto, a pena di inammissibilità, il rispetto di
un requisito formale, che deve esprimersi, per i motivi da 1 a 4 dall’art 360

c.p.c., nella formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da
circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un
rigetto del quesito formulato dalla parte – quesito che deve trovare la sua

collocazione a conclusione dell’illustrazione di ciascun motivo di ricorso che,
da sola, non è perciò sufficiente ai fini del rispetto della norma in esame.
Pertanto, pur non richiedendosi specifici requisiti di forma, deve pur sempre
essere formulato, nei casi da 1 a 4, a conclusione dell’istruzione di ogni
singolo motivo ed in aggiunta ad essa, il quesito che deve segnare i confini
della pronuncia del giudice, e nel caso del n. 5, la chiara indicazione del fatto
controverso, o delle ragioni dell’insufficienza della motivazione.
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.,
introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, applicabile, nella specie, ai
sensi dell’art. 27 decreto citato, comma 2, trattandosi di ricorso contro
provvedimento pubblicato dopo la data della sua entrata in vigore (Cass. S.U.,

n. 7258/07) (e prima dell’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009 n. 69 la
quale ha disposto l’abrogazione con riferimento ai ricorsi per cassazione
proposti nei confronti di sentenze pubblicate a partire dal 4 luglio 2009 (art.
47 in combinato disposto con l’art. 58)
1.2.= Tuttavia, appare opportuno riaffermare, anche, in questa sede,
l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte e cioè: i motivi di appello
sono specifici, nel senso voluto dalla prima
ri
parte dell’art. 342 c.p.c., se si
traducono nella prospettazione di argomentazioni, contrapposte a quelle svolte
nella sentenza impugnata, dirette ad incrinarne il fondamento logico 4

4

giuridico. Con l’ulteriore specificazione, che l’onere della specificazione dei
motivi di appello non può ritenersi assolto mediante la mera riproposizione

della domanda ovvero dell’eccezione decisa in senso sfavorevole dal giudice
di primo grado; ma i motivi di gravame in cui si

articola la doglianza

Ciò vale anche nel caso in cui la sentenza di primo grado sia impugnata”
nella sua globalità. In altri termini, nell’atto di appello, ossia nell’atto che,
fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il diritto
potestativo di impugnazione, alla parte
accompagnarsi, a pena di inammissibilità

volitiva deve, perciò, sempre
dell’impugnazione, rilevabile

d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della controparte,
una parte argomentativa, che contrasti e confuti le ragioni addotte dal primo
giudice;
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio
seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in E. 2200,00 di cui €.
200 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della
febbr *1 o 2015
Corte di cassazione 1’11/

debbono essere idonei a contrastare la motivazione della sentenza impugnata.

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