Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8816 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8816 Anno 2015
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 20007-2009 proposto da:
NERI

ALBERTO

NRELRT43H07C204Q,

elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 24, presso
lo studio dell’avvocato GIOVANNI GIACOBBE, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
281

LAURI

ALBERTO

LRT46B16H501H,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso
lo studio dell’avvocato ANDREA RICCIO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO

Data pubblicazione: 30/04/2015

N

LANDI;
– controricorrente –

avverso la sentenza n.

1136/2008 della CORTE

D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 22/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato Giacobbe Giovanni difensore del
ricorrente che ha chiesto l’accoglimento delle difese
esposte ed in atti con eventuale cassazione della
sentenza senza rinvio;
udito l’Avv.

Del Vecchio Andrea co n delega

depositata in udienza dell’Avv.

Riccio Andrea

difensore del controricorrente che ha chiesto
l’inammissibilità del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’accoglimento del terzo motivo del ricorso,
l’assorbimento del quarto motivo e il rigetto dei
restanti motivi.

udienza del 11/02/2015 dal Consigliere Dott. CESARE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 11/9/1995 Alberto Lauri, proprietario di
terreni in Porto Azzurro, conveniva in giudizio Alberto
Neri, proprietario di terreni confinanti, chiedendone
la condanna al rilascio di porzioni di terreno

,
,.

recinzione con la quale aveva invaso la sua proprietà
in violazione del confine catastale e di fatto
esistente tra i due fondi.
A seguito di sentenza 26/6/2004 del Tribunale di
Livorno, solo parzialmente favorevole, Alberto Lauri
proponeva appello al quale resisteva Alberto Neri.
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del
22/7/2008 in parziale riforma della sentenza impugnata
determinava il confine in conformità delle risultanze
della mappa catastale e condannava il Neri a rispettare
il confine e a rilasciare la porzione occupata libera

_

dalle opere ivi realizzate.
Alberto Neri ha proposto ricorso affidato a quattro
motivi e ha depositato memoria.
Alberto Lauri ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione di legge per omessa

3

abusivamente occupate con la realizzazione di una

motivazione su questione pregiudiziale relativa alla
inammissibilità dell’appello, con riferimento agli
artt. 111 Cost., 112, 339 e ss. c.p.c.
Il

ricorrente

espone

di

avere

eccepito

l’inammissibilità dell’appello per acquiescenza

precedenza, la sentenza in forma esecutiva con
pedissequo precetto per dare esecuzione forzata ai capi
a lui favorevoli, senza esprimere riserva di appello
avverso i capi a lui contrari.
La Corte di Appello, invece, non aveva motivato
sull’eccezione e non aveva svolto alcuna valutazione.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto chiede
se la sentenza debba essere cassata perché illegittima
per violazione degli artt. 111 Cost., 112, 132 c.p.c.,
ovvero per nullità ex art. 340 n. 4 c.p.c. non
essendovi pronuncia in ordine all’inammissibilità
dell’appello per acquiescenza – peraltro rilevabile di
ufficio – nonostante che la parte appellata avesse
espressamente sollevato la relativa eccezione.
Il ricorrente deduce inoltre il vizio di omessa
motivazione perché la Corte di Appello, nonostante
l’eccezione, non ha valutato se il comportamento tenuto
dall’appellante che aveva notificato la sentenza di

4

dell’appellante il quale gli aveva notificato, in

primo grado intimando il precetto per le parti a sé
sfavorevoli, senza riserva di impugnare le ,parti a sé
sfavorevoli, costituisse acquiescenza ai sensi
dell’art. 329 c.p.c.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la

Il ricorrente afferma che la richiesta, contenuta in
precetto, di esecuzione dei capi della sentenza a sé
favorevoli, senza formulare, neppure per implicito,
alcuna riserva in ordine al capo di decisione a sé
sfavorevole, doveva correttamente interpretarsi nel
senso che il Lauri avesse manifestato disinteresse ad
impugnare la sentenza nella parte a sé sfavorevole,
ritenendosi soddisfatto della pronuncia favorevole.
Il ricorrente, formulando il quesito di diritto, chiede
se sia illegittima o nulla la sentenza della Corte di
Appello per non avere

dichiarato

inammissibile

l’appello per intervenuta acquiescenza nonostante
l’espressa eccezione della parte appellata, dovendosi
al contrario ritenere che la corretta interpretazione
della volontà della parte appellante, manifestata con
la notificazione della sentenza e del precetto, avrebbe
dovuto portare la Corte a ritenere che la parte

5

violazione dell’art. 329 c.p.c.

appellante aveva prestato acquiescenza al capo di
decisione a sé sfavorevole.
3.

I primi due motivi devono essere esaminati

congiuntamente

in

quanto

attengono,

il

primo,

all’omessa pronuncia o omessa motivazione in ordine

secondo e all’effettiva sussistenza di una acquiescenza
che determinava l’inammissibilità dell’appello.
Entrambi i motivi sono infondati.
La sentenza di appello ha valutato nel merito i motivi
posti a fondamento del gravame e pertanto non sussiste
omessa pronuncia, ma pronuncia implicita.
Al riguardo questa Corte (v. Cass. 8/3/2007 n. 5351)ha
già affermato il principio secondo il quale non ricorre
il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata
decisione su un punto specifico, quando la decisione
adottata comporti una statuizione implicita di rigetto
sul medesimo; nel suddetto precedente questa Corte ha
appunto ravvisato il rigetto implicito dell’eccezione
di inammissibilità dell’appello nella sentenza che,
come nel caso qui in esame, aveva valutato nel merito i
motivi posti a fondamento del gravame.

6

all’eccezione di inammissibilità dell’appello e, il

Trattandosi di questione puramente processuale, non è
neppure configurabile il vizio di omessa motivazione
(v. Cass. 28/10/2005 n.21080; Cass. 8/3/2007 n. 5351).
Infatti, in ordine ad ogni questione che involga
l’applicazione di una norma processuale (nella

esclude la proponibilità di impugnazioni rispetto alle
quali si è fatta acquiescenza) la Corte di cassazione
è giudice anche del fatto, potendo essa procedere
all’apprezzamento diretto delle risultanze istruttorie
e degli atti di causa.
Va comunque osservato che la mancanza di motivazione su
questione di diritto (come è quella relativa
all’ammissibilità dell’appello che implica la corretta
applicazione dell’art. 329 c.p.c.) è irrilevante, ai
fini della cassazione della sentenza, qualora il
giudice del merito sia comunque pervenuto ad una
decisione immune da vizi di diritto e, nella
fattispecie, per le ragioni di cui

infra la sentenza è

immune dai vizi di diritto denunciati. In tale ipotesi,
questa Corte, in ragione della funzione nomofilattica
ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi
di economia processuale e di ragionevole durata del
processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., ha

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fattispecie, l’applicazione dell’art. 329 c.p.c., che

il potere, in una lettura costituzionalmente orientata
dell’art.

civ.,

384 cod. proc.

di correggere la

motivazione anche a fronte di un “error in procedendo”,
quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione
delle ragioni che giustificano in diritto la decisione

della domanda, sempre che si tratti di questione che
non richieda ulteriori accertamenti in fatto (cfr.
Cass. 27/12/2013 n. 28663; Cass. 11/11/2014 n. 23989).
Per tali ragioni il primo motivo deve essere rigettato
sia con riferimento alle dedotte violazioni di norme di
diritto sia con riferimento al vizio di motivazione.
Non ricorre nemmeno la violazione dell’art. 329 c.p.c.,
dedotta nel secondo motivo perché, come ripetutamente
affermato

da

questa

Corte,

deve

escludersi

l’acquiescenza tacita nel comportamento di chi, avendo
diritto ad eseguire una sentenza per la parte a sè
sfavorevole,

abbia iniziato

l’esecuzione;

nessuna

rilevanza può assumere la circostanza che sia fatta o
meno riserva di impugnazione nell’atto di precetto,
peraltro non prevista da alcuna norma.
Infatti, non v’è alcuna incompatibilità logica o
giuridica tra la volontà del soggetto di seguire la
decisione nella parte a lui favorevole ed il suo

8

assunta, anche quando si tratti dell’implicito rigetto

proposito di impugnarla nella parte sfavorevole (v.
Cass. 19/8/2003 n. 12177

proprio decidendo per

l’ammissibilità dell’impugnazione che era stata
preceduta dalla notificazione, da parte del ricorrente,
di un atto di precetto con il quale senza espresse

soccombenza, era intimato il pagamento della somma
attribuita dal giudice di secondo grado; in senso
conforme v. Cass. 20/3/2006 n. 6086; Cass. 10/10/2014
n. 21491).
Deve quindi rigettarsi anche il secondo motivo di
ricorso.
Ai quesiti deve rispondersi:

che non ricorre il vizio di omessa pronuncia,

nonostante la mancata decisione su un punto specifico,
quando la decisione adottata comporti una statuizione
implicita di rigetto sul medesimo;
– che in ordine alle questioni puramente processuali,
non è configurabile il vizio di omessa motivazione;

che deve escludersi l’acquiescenza tacita nel

comportamento di chi, avendo diritto ad eseguire una
sentenza per la parte a sè sfavorevole, abbia iniziato
l’esecuzione;

nessuna rilevanza può assumere la

9

riserve ne’ specificazioni circa la parziale sua

circostanza che

sia

fatta o meno riserva di

impugnazione nell’atto di precetto.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 163,
183 c.p.c.

che la Corte di Appello non avrebbe potuto

. qualificare la domanda proposta come un’azione di
accertamento di confini invece che azione di rivendica
in quanto l’attore, in citazione, aveva qualificato la
domanda come domanda di rivendica senza alcun
riferimento alla determinazione del confine;
– che la qualificazione non era stata contestata e il
giudice di primo grado aveva definito rivendica la
domanda proposta;

che

l’appellante

non

aveva

censurato

la

qualificazione della domanda e quindi si era formato il
giudicato e il giudice non poteva, di ufficio, mutare
la qualificazione giuridica;
– che con la diversa qualificazione, erano stati mutati
dal Giudice i fatti costitutivi della domanda, se ne
era modificato sia il petitum che la causa petendi,
senza alcuna motivazione e con violazione del diritto
di difesa;

10

Il ricorrente sostiene:

- che la Corte di Appello aveva omesso di indicare alle
parti la questione (della qualificazione), rilevata di
ufficio.
Il ricorrente, formulando i quesiti di diritto, chiede:
– se la sentenza di appello sia illegittima per avere

confini e non di rivendicazione, nonostante la diversa
qualificazione operata dal giudice di primo grado, con
capo di decisione non oggetto di impugnazione e quindi
passato in giudicato;
– se la sentenza di appello sia illegittima per avere,
senza

motivazione,

modificato

di

ufficio

la

qualificazione dell’azione proposta affermandosene la
riconducibilità all’art. 950 c.c., mentre la parte
aveva inteso proporre le diverse azioni di cui agli
artt. 948 e 949 c.c.;

se

così

operando

la

Corte

fiorentina

ha

illegittimamente introdotto la diversa azione di
regolamento di confini e ha conseguentemente deciso
sulla base del diverso sistema probatorio previsto per
quest’ultima azione determinando un risultato lesivo
del diritto di proprietà della parte convenuta e del
suo diritto di difesa;

11

qualificato l’azione proposta come di regolamento di

- se la sentenza di appello sia illegittima per avere
proceduto di ufficio alla qualificazione della domanda
in difformità di quanto statuito dal giudice di primo
grado senza che vi fosse eccezione o impugnazione di
parte e in violazione dell’art. 183 comma 4 c.p.c.

Si premette che ractio negatoria servitutis,

rigettata

nella fase di merito, non è oggetto del presente
ricorso, nel quale si discute solo della condanna al
rilascio di una porzione di immobile che il Giudice di
appello ha accertato arbitrariamente occupata
dall’odierno

ricorrente

in

conseguenza

di

uno

sconfinamento.
Va aggiunto che, con riferimento al regime probatorio
della negatoria servitutis,

il motivo si fonda

sull’erroneo presupposto che

sia differente l’onere

probatorio con riferimento alla prova della proprietà,
mentre in tema di azione negatoria, la titolarità del
bene si pone come requisito di legittimazione attiva e,
se essa è contestata, la parte che agisce non ha
l’onere di fornire, come nell’azione di rivendica, la
prova rigorosa della proprietà, ma deve dare la
dimostrazione, con ogni mezzo ed anche in via
presuntiva, dell’esistenza di un titolo valido di

12

3.1 Il motivo è infondato in ogni sua censura.

proprietà del bene (Cass. 23/1/2007 n. 1409), nella
fattispecie non erano in contestazione i relativi
titoli di proprietà, ma i confini.
Siccome è stata dedotta la violazione di norme
processuali, questa Corte può procedere all’esame

(peraltro riprodotti nello stesso ricorso) dai quali
risulta:

che l’attore aveva dedotto,

in citazione la

violazione, da parte del proprietario confinante, del
confine catastale e di fatto esistente tra i due fondi
occupandone una parte con una recinzione e un cancello;
– che l’attore aveva chiesto “ordinare al convenuto, al
sensi dell’art. 948 c.c. l’immediato rilascio delle
particelle 384 e 109 del foglio 11 del N.C.T

del

Comune di Porto Azzurro illegalmente occupate con la
realizzazione

della

recinzione

ordinandone

la

rimozione”;

che nella comparsa di costituzione lo stesso

convenuto Alberto Neri, sosteneva di avere provveduto
alla recinzione della proprietà previa verifica dei
confini e aveva chiesto disporsi CTU diretta a
verificare “non solo i confini delle diverse proprietà,
ma anche gli eventuali abusi di parte convenuta, senza

13

diretto e alla relativa valutazione degli atti

inversione dell’onere della prova”

e aveva chiesto

prova testimoniale relativamente all’evidenziazione dei
confini e aveva prodotto copia di relazione tecnica di
verifica dei confini;
– che

il giudice di primo grado aveva riconosciuto,

del confine,

lo sconfinamento

in danno dell’attore

quanto alla particella 476, ma non aveva riconosciuto
lo sconfinamento per il lato sud tenuto conto della
situazione morfologica del terreno, della presenza di
alcun manufatti e di alcune testimonianze e per tali
ragioni aveva rigettato, quanto al lato sud, la domanda
dell’attore, definita rivendica;
– che con l’atto di appello l’appellante ha chiesto
“condannare l’appellato al rilascio della porzione di
terreno da questi illegittimamente occupata, facente
parte delle particelle 384 e 109 del foglio 11 del
N.C.T

del Comune di Porto Azzurro ordinando allo

stesso di rimuovere il muro e la recinzione ivi
realizzate”;

che con la comparsa di costituzione in appello

Alberto Neri si è difeso in ordine alla esatta
individuazione dei confini (v. pagg. 10 e 11 della
comparsa di costituzione in appello) espressamente

14

sulla base della CTU che aveva determinato l’andamento

affermando, tra l’altro, che “l’elemento principe della
presente azione di regolamento di confini è costituito
da un vecchio muro a secco, rilevato da

tutti i

(pag. 11 della comparsa di costituzione) e
aveva affermato l’inattendibilità dei testi indotti

che la Corte di Appello ha determinato, con
riferimento al foglio 11 del N.C.T del Comune di Porto
Azzurro il confine tra la particella 269 di proprietà
del dr. Alberto Neri e le particelle 109 e 384 di
proprietà di Alberto Lauri in conformità alle
risultanze della mappa catastale come evidenziato degli
allegati

3

e

4

della

relazione

del

CTU

e

conseguentemente ha condannato il Neri a rispettare il
confine,

rilasciando

il

terreno

illegittimamente

occupato relativamente alle suddette due particelle e
a eliminare ogni opera sullo stesso realizzata.
Ne discende quanto segue.
a) La Corte di Appello non doveva indicare alle parti
la questione della qualificazione della domanda perché
le parti non avevano mai contestato i rispettivi titoli
di proprietà e mai si era posto il problema della prova
di un acquisto a titolo originario o derivativo
risalente ad un tempo atto all’usucapione (neppure

15

dall’attore;

richiesta per la negatoria servitutis); la controversia
ha avuto ad oggetto, sin dal suo inizio e anche in
forza dell’istruttoria svolta, sempre e soltanto la
determinazione della linea confinaria, indispensabile
presupposto per stabilire se vi fosse o meno invasione

confinante e per stabilire se questi doveva rilasciare
le pozioni di terreno illegittimamente occupate, come
richiesto dall’attore.
b) Non vi è stata violazione del diritto di difesa in
quanto le parti, per tutto il processo, hanno discusso
sull’esatta determinazione della linea di confine.
c) Per le suddette ragioni non sono stati modificati
dal giudice di appello i fatti costitutivi della
domanda ossia il petitum (il rilascio della porzione di
terreno oggetto di sconfinamento in conseguenza,
appunto, dell’accertamento del confine) e la causa
petendi (l’illegittimo sconfinamento che presupponeva,
appunto la previa determinazione della linea di
confine); di conseguenza la Corte di Appello non è
incorsa nel vizio di ultrapetizione.
d)

Non

si

è

alcun

formato

giudicato

sulla

qualificazione della domanda in quanto il giudice di
primo grado non ha svolto alcuna attività funzionale

16

dell’altrui proprietà da parte del Neri, proprietario

alla sua qualificazione e non ha escluso che la domanda
fosse qualificabile come domanda di regolamento di
confini, ma, risolvendo la controversia confinaria, si
è limitato a definire rivendica (con definizione
impropria, evidentemente riferita alla formulazione

occupata) l’azione proposta.
L’unica attività di qualificazione della domanda è
stata svolta dalla Corte di Appello che, correttamente,
non si è limitata alla verifica del contenuto letterale
degli atti, perché nell’indagine diretta
all’individuazione del contenuto e della portata delle
domande sottoposte alla sua cognizione, il giudice deve
avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa
fatta valere, come desumibile dalla natura delle
vicende dedotte e rappresentate dalla parte istante
(cfr. Cass. 14/11/2011 n. 23794; Cass. 12/12/2014 n.
26159).
Per queste ragioni il mancato riferimento all’art. 950
c.c. nell’atto di citazione nel quale è fatto invece
riferimento all’art. 948 c.c. non assume rilevanza
alcuna ai fini della qualificazione della domanda con
la quale si chiedeva semplicemente il rilascio di una
porzione di terreno sul presupposto di uno

17

della domanda di rilascio della porzione di terreno

sconfinamento del proprietario confinante; il giudice
del merito (nella specie la Corte di Appello) aveva
dunque il potere di qualificare la domanda sulla base
dei suoi effettivi contenuti e indipendentemente
dall’erronea indicazione di norme.

giudice di primo grado abbia svolto un’attività di
qualificazione della domanda, mentre non ha svolto
attività di qualificazione, ma ha utilizzato una
terminologia impropria; pertanto il quesito non è
pertinente rispetto al fatto processuale; eguali
considerazioni valgono per il secondo quesito e il
terzo che muovono dall’erroneo presupposto che la
domanda inizialmente proposta fosse una domanda di
rivendica e che vi fosse una lesione del diritto di
difesa, mentre, dagli atti risulta che la parte si era
invece difesa proprio sulla questione confinaria, né vi
stata una qualificazione difforme da quella del
giudice di primo grado, proprio perché il giudice di
primo grado non ha operato una qualificazione, ma ha
utilizzato impropriamente il termine rivendica.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949 e
950 c.c. e il vizio di motivazione.

18

Il primo quesito muove dall’erroneo presupposto che il

4.1 Il ricorrente, quanto alla violazione delle norme
sopra indicate, sostiene:
– che essendo stata proposta azione di rivendica ex
art. 948 c.c. e negatoria servitutis ex art. 949 c.c.,
l’attore doveva fornire le prove richieste per tali

secondo i criteri di cui all’art. 950 c.c.;
– che pertanto l’attore avrebbe dovuto fornire piena
prova del suo diritto di proprietà sulla porzione di
terreno oggetto di domanda.
Il ricorrente, formulando il quesito di diritto, chiede
se la sentenza sia illegittima per avere la Corte di
Appello

“proceduto alla valutazione delle risultanze

istruttorie e quindi alla definizione dell’incidenza
dell’onere probatorio, adottando il criterio dell’art.
950 c.c. nell’errato presupposto che l’azione proposta
fosse di regolamento di confini, invece del criteri
indicati dagli artt. 948 e 949 c.c. in considerazione
della natura delle azioni proposte, rispettivamente,di
rivendicazione e di regolamento di confini”.
Si deve subito rilevare che, evidentemente, le ultime
parole

(“di regolamento di confini’)

devono ritenersi

frutto di errore materiale perché l’art. 949 c.c.,
richiamato dopo il richiamo all’art. 948 c.c., non

19

azioni e l’onere probatorio non poteva dirsi assolto

riguarda il regolamento di confini, ma la negatoria
servitutis.
4.2 n ricorrente, quanto al vizio di motivazione,
sostiene:
– che la relazione del CTP Mancini che aveva rilevato

catastale rispetto allo stato dei luoghi;
– che le contestazioni della Corte di Appello alla
consulenza di parte sono apodittiche;
– che la valutazione della Corte di Appello sulla prova
testimoniale del teste Velasco a favore delle tesi del
Neri non è condivisibile, mentre la deposizione del
teste Postiglioni è generica e non ha la rilevanza
attribuitale dal giudice di appello.
5. Il quarto motivo è infondato in tutte le sue
censure.
5.1 In ordine alla violazione e falsa applicazione
degli artt. 948, 949 e 950 c.c. il motivo, così come il
corrispondente quesito, muove dall’erroneo presupposto
che l’azione proposta non fosse di regolamento di
confini, mentre, per quanto riguarda il rilascio della
porzione di terreno illegittimamente occupata (oggetto
della sentenza qui impugnata), l’azione era
effettivamente un’azione di regolamento di confini,

20

l’incongruità dei confini riportati sulla mappa

dalla quale scaturiva l’obbligo di rilascio della
porzione invasa per le ragioni già esposte al
precedente punto 3.1.
Qunato all’onere probatorio di chi agisce in negatoria
servitutisi, si devono richiamare le considerazioni

probatoria nella fattispecie.
.

5.2 La censura avente ad oggetto la motivazione della
sentenza non dimostra una mancanza, insufficienza o
contraddittorietà della motivazione, ma la mera
valutazione difforme delle risultanze probatorie; in
particolare,

vengono

semplicemente

richiamate

le

osservazioni del CTP e la deposizione del teste
Velasco, ma tutti gli elementi di fatto rilevanti per
la determinazione della linea confinaria sono stati
plausibilmente valutati dalla Corte di Appello.
Con riferimento alla rilevanza del muro a secco (di cui
è cenno nella testimonianza Velasco, parzialmente
riportata in ricorso),

la Corte territoriale ha

osservato che proprio la presenza del muro a secco di
antica fattura depone a favore della mappa catastale
perché il breve tratto ancora visibile

“ricalca il

confine catastale con un leggero arretramento parallelo
di circa 1 metro e quindi non serva a dimostrare la

21

sopra svolte circa l’irrilevanza della questione

pretesa totale inaffidabilità della mappa catastale, e
meno che mai a dimostrare quell’andamento introflesso
che

l’appellato

corrispondenza

vorrebbe

dare

al

dello spianamento da

confine

in

lui stesso

effettuato nel proprio terreno”.

del Postiglioni (secondo il quale il confine attuale
era il risultato dello sbancamento eseguito dal
convenuto a danno del fondo vicino) confermate dalle
deposizioni di altri tre testi.
Con riferimento alle risultanze della consulenza
tecnica di parte convenuta, che l’odierno ricorrente
lamenta non essere stata adeguatamente considerata, si
deve osservare che la Corte di Appello, dopo avere
valorizzato anche le testimonianze del Postiglioni e di
altri tre testi, ha dato atto di avere preso in
considerazione le osservazioni del CTP e ha ritenuto
plausibilmente che le stesse fossero inidonee a
dimostrare l’inaffidabilità della mappa catastale (v.
pag. 5 della sentenza impugnata).
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate
come in dispositivo, seguono la soccombenza del
ricorrente.

22

La Corte di appello ha poi valorizzato le testimonianze

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna Alberto Neri a
pagare al controricorrente Alberto Lauri le spese di
questo giudizio di cassazione che liquida in euro
3.000,00 per compensi oltre euro 200,00 per esborsi,

accessori di legge.
Così deciso in Roma, addì 11/2/2015.

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