Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8813 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8813 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 14645-2012 proposto da:
RUSSO MARIASSUNTA RSSMSS65R44B296V, VALERI PAOLA
VLRPLA31T65L840U, elettivamente domiciliate in ROMA,
V. DELLA GIULIANA 58, presso lo studio dell’avvocato
PIETRO TROIANIELLO, che le rappresenta e difende;
– ricorrenti 2015
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nonchè contro
c_cvl
c21411/A-«
RUSSO GIUSEPPEN(—SAHALIN ANSTALT IN LIQUIDAZIONE, in

persona del Liquidatore pro tempore;

–Ultimati avverso la sentenza n. 999/2011 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 30/04/2015

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di VENEZIA, depositata il 20/04/2011;
I

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/02/2015 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato PIETRO TROIANIELLO, difensore delle

riportandosi ad esso;
comparso l’Avvocato GIUSEPPE COSSA, con delega
dell’Avvocato ANTONIO INVIDIA 1 g4 RUSSO GIUSEPPE i non
costituitosi con procura speciale notarile, che non
viene ammesso a parlare;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
..

l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, per il
rigetto.

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ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 20.12.2004 Giuseppe Russo agiva innanzi al
Tribunale di Verona nei confronti della moglie, Paola Valeri, e di Mariassunta
Russo, figlia di entrambi. Nei confronti della prima domandava

Pederzoli; nei confronti di entrambe chiedeva che fosse accertata la nullità ex
art. 771 c.c. della donazione effettuata il 29.10.2003 dalla Valeri alla figlia
dell’usufrutto di tali azioni e della proprietà delle quote della Salus s.a.s.,
società costituita per il controllo della predetta casa di cura e nella quale lo
stesso attore figurava come socio accomandante.
Entrambe le convenute resistevano in giudizio. In particolare, Paola Valeri
domandava in via riconvenzionale l’annullamento per dolo sia della
donazione stipulata il 24.4.2001 a favore della Sahalin Anstalt, avente ad
oggetto la nuda proprietà di vari beni immobili e di azioni della predetta casa
di cura, sia della donazione in data 20.2.2002 in favore della fondazione
Renisel Stiftung di denaro e di titoli di entrambi i coniugi per circa 1,5 milioni
di euro.
Delle due predette persone giuridiche chiamate in causa si costituiva solo
la Sahalin Anstalt, che chiedeva il rigetto della domanda. Quanto alla
fondazione Renisel Stiftung, l’attrice rinunciava alla domanda nel corso del
giudizio di primo grado.
Il Tribunale, prima, e la Corte d’appello di Venezia, poi, rigettavano tutte
le domande compensando integralmente le spese.
In particolare e per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la
Corte territoriale veneta escludeva che, ai fini della domanda riconvenzionale
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l’accertamento dell’intestazione fiduciaria di titoli azionari della Casa di cura

proposta dalla Valeri, la sentenza penale pronunciata dall’autorità giudiziaria
del Liechtenstein di proscioglimento per intervenuta prescrizione di Giuseppe
Russo dal delitto di truffa ai danni della Valeri, valesse come prova. Efficace
o meno che fosse nell’ordinamento interno, detta sentenza si era limitata a

doveva dirsi di altri precedenti giudiziari tra le parti (per sequestro e altri
provvedimenti cautelari) innanzi alle autorità lussemburghesi. Riteneva,
inoltre, che non vi erano prove né orali né documentali idonee a dimostrare il
comportamento decettivo del Russo nell’indurre la moglie a porre in essere la
donazione in favore della predetta anstalt. Essendo evidente che la Valeri, a
stregua delle sue stesse allegazioni, aveva effettivamente inteso trasferire i
suoi beni a soggetti esteri per trarne vantaggi in termini fiscali, il preteso
comportamento doloso del Russo riguardava semmai l’esercizio dei poteri
dispositivi sulla Sahalin, e segnatamente lo statuto aggiuntivo di quest’ultima
con cui era stato designato beneficiario Giuseppe Russo, sua vita natural
durante. Tuttavia tale statuto aggiuntivo era di data posteriore a quella
dell’atto di donazione, sicché le conseguenze lamentate non derivavano
dall’atto dispositivo in sé ma dalla possibilità di modifiche dello statuto
consentite dal relativo regime giuridico. Pertanto la Valeri, pur ignorando la
lingua tedesca e non dando conto di quale fosse la competenza dell’avv.
Gaggini, suo legale di fiducia, aveva rinunciato ad approfondire la questione,
mentre ben avrebbe potuto chiedere delucidazioni ad un esperto scelto con
oculatezza, senza firmare atti di cui non poteva comprendere neppure il tenore
letterale. Il comportamento tenuto dal Russo, così come emerso dalle prove
raccolte, non aveva superato delle banali e generiche rassicurazioni che non
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constatare la prescrizione ma non anche l’esistenza del reato. Così pure

potevano essere sopravvalutate per l’atteggiamento remissivo e
accondiscendente della Valeri, in contrasto con la sua veste di capace
imprenditrice nel settore farmaceutico.
Infine, la Corte d’appello compensava le spese del grado “stante la

Per la cassazione di tale sentenza Paola Valeri e Mariassunta Russo
propongono ricorso, affidato a tre motivi, successivamente illustrati da
memoria.
Resiste con memoria non notificata Giuseppe Russo.
La Sahalin Anstalt è rimasta intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Preliminarmente deve rilevarsi sia l’inammissibilità della memoria

depositata nell’interesse di Giuseppe Russo, la quale non può valere come
controricorso in quanto non notificata alla parte ricorrente; sia il difetto di ius

postulandi del difensore della predetta parte intimata, comparso all’udienza di
discussione, perché privo di procura notarile (non valendo ai fini dell’art. 370
c.p.c. quella apposta in calce alla predetta memoria: cfr. Cass. n. 8708/09).
1.1. – Ancora in via preliminare va rilevato, altresì, che parte ricorrente ha
depositato, ben oltre il termine prescritto per il deposito del ricorso, copia
della sentenza definitiva emessa dalla Corte d’appello di Venezia nella causa
di cessazione degli effetti civili del matrimonio tra le parti del presente
procedimento. Tale produzione è inammissibile, ai sensi dell’art. 372 c.p.c.,
per la duplice ragione che non attiene all’ammissibilità del ricorso e ad ogni
modo non è stata notificata all’altra parte.

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reciproca soccombenza”.

2. – Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione
dell’art. 732 c.p.p., in quanto con sentenza irrevocabile la Corte d’appello di
Roma ha riconosciuto agli effetti civili la sentenza emessa dall’autorità
giudiziaria del Liechtenstein, che ha prosciolto Giuseppe Russo dal reato di

sostiene parte ricorrente, che deve avere piena efficacia nel presente giudizio
civile il fatto che il Russo è stato sì prosciolto, ma solo perché il reato si è
estinto per prescrizione, sicché la commissione dell’illecito penale deve
ritenersi accertata. La Corte d’appello di Venezia, invece, si è
illegittimamente sostituita alla Corte d’appello di Roma nella valutazione di
tale precedente del giudice penale straniero. Il quale ultimo nella sua prima
sentenza aveva così stabilito: “si deve anche dare per sicuro, in accordo con

l’istanza dell’attrice, che il trasferimento dei patrimoni è stato fatto
effettivamente solo a condizione di un uguale beneficio fra i coniugi e che
l’attrice è stata ingannata circa le vere intenzioni dell’indiziato e che pertanto
è stata indotta a disporre del patrimonio in modo che la danneggiava in
misura particolare nel suo patrimonio e permettendo all ‘indiziato di
arricchirsi in modo indebito e doloso”. Successivamente, la Corte Suprema
del Principato del Liechtenstein, con sentenza irrevocabile del 30.5.2007, ha
confermato che “l’arricchimento necessario per qualificare il comportamento

dell ‘imputato come truffa, è stato compiuto con il trasferimento dei beni alla
Sahalin e con il rilascio dello statuto aggiuntivo della Sahalin in cui
l’imputato è definito primo beneficiario, nonché con la stipula del contratto di
mandato in cui è stato definito unica persona autorizzata a dare istruzioni.
Sulla base di tale facoltà, l’imputato ha il diritto esclusivo di decidere sui
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truffa in danno _della moglie per intervenuta prescrizione. Ciò comporta,

patrimoni della Sahalin cosicché la parte civile, indipendentemente dalla
provenienza dei patrimoni apportati nella Sahalin e da altri accordi, non era
più autorizzata a disporre della Sahalin.
E’ dunque evidente, sostiene parte ricorrente, che il giudice straniero ha

2.1. – In disparte l’erronea individuazione della norma di cui è denunciata
la violazione, ché l’art. 732 c.p.p. è norma processuale suscettibile soltanto di
violazione per erYor in procedendo, il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha motivato in maniera adeguata e logica
sull’inesistenza del giudicato penale straniero di condanna del Russo, lì dove
ha osservato che “la Corte (d’appello del Principato del Liechtenstein: n.d.r.)

si è limitata a constatare la prescrizione senza accertare la sussistenza del
reato presupposto. Infatti la motivazione si diffonde unicamente sulla
prescrizione del reato ed esclude che la decorrenza fosse impedita per
l’ipotesi che il comportamento delittuoso del Russo fosse rimasto, come
eccepito dalla Valeri, alla fase di tentativo; in concreto poi la sentenza ha
ritenuto che il comportamento delittuoso, comunque qualificato (truffa o
malversazione), doveva ritenersi concluso e che la Valeri era in grado di
promuovere denuncia dal momento (3 ottobre 2003) in cui era stata resa
edotta che il Russo aveva il potere di decidere da solo circa i beni trasferiti
alla Sahalin. Non vi è alcuna presa di posizione sulreffettività dei
comportamenti, sulla loro imputabilità né sull’elemento psicologico. Neppure
le precedenti fasi avanti alle autorità giudiziarie del Lussemburgo confortano
l’assunto della Valeri poiché non vi è stato alcun accertamento di un reato:
trattasi di sequestro e di altri provvedimenti cautelari concessi il 13 novembre
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effettuato una valutazione di merito sull’esistenza del reato.

2006 su richiesta della Valeri e a carico delle due società estere, ma annullati
dal Tribunale di secondo grado con decisione 22.1.2007; successivamente,
sempre il Tribunale di primo grado in data 1 marzo 2007 ha rigettato la
richiesta della Valeri di avvio di un’inchiesta penale ritenendo che la

medesimo avviso e dall’impugnazione della Valeri è scaturita la sentenza
della Corte d’appello sopra commentata”.
A fronte di ciò il motivo di ricorso si limita a estrapolare dal loro contesto
singole frasi tutt’altro che perspicue, e che non consentono minimamente di
riscontrare che il contenuto delle sentenze penali straniere richiamate sia
conforme all’interpretazione che l’odierna ricorrente fornisce di queste.
3. – Il secondo motivo deduce l’omessa motivazione circa la condotta
decettiva tenuta dal Russo. Sostiene al riguardo parte ricorrente che la Corte
territoriale non ha considerato, tra la copiosa documentazione prodotta, un
documento che da solo dimostra gli artifici e i raggiri posti in essere dal
Russo, per convincere la moglie a cedere la totalità del proprio ingente
patrimonio in strutture straniere di cui egli era il solo beneficiario. Si tratta, in
particolare, di una lettera di istruzioni — pare di capire sottoscritta da entrambi
i coniugi il 3.10.2003 (v. pag. 14 del ricorso) — rilasciata all’avv. Gaggini
(all’epoca dei fatti legale di fiducia del Russo) affinché questi provvedesse a
modificare gli statuti aggiuntivi della Sahalin Anstalt e della Renisel Stiftung
in modo che la Valeri fosse prima beneficiaria con diritti pari a quelli del
marito. Tale lettera, prosegue parte ricorrente, dimostra che il comportamento
del Russo supera la banalità di generiche rassicurazioni, diversamente da
quanto affermato dalla sentenza impugnata, tanto da richiedere un’apposita
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denuncia fosse prescritta; in seconda istanza il Tribunale ha espresso il

lettera di istruzioni contenente false indicazioni in merito alla disciplina delle
strutture straniere cessionarie del patrimonio della odierna ricorrente. Del
resto, che tale prova documentale sia decisiva è riconosciuto dalla stessa
sentenza impugnata, lì dove ha affermato che la questione rilevante è quella

seguendo tale ragionamento, omettere di valutare una prova documentale
relativa a tali poteri significa omettere la valutazione su di una questione
ritenuta decisiva.
3.1. – Il motivo è inammissibile, e ciò per due distinte ragioni.
3.1.1. – Qualora, con il ricorso per cassazione, venga dedotto il vizio di
motivazione della sentenza impugnata per l’asserito omesso esame di un
documento, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo della decisività del documento non valutato (o insufficientemente
valutato), che il ricorrente precisi – mediante integrale trascrizione del
contenuto dell’atto nel ricorso – la risultanza che egli asserisce decisiva e non
valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione
consente alla Corte di cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli
atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa (Cass. nn. 4980/14
e 4849/09; in senso conforme, Cass. nn. 11886/06, 6679/06 e 8388/02).
Nella specie, manca la trascrizione integrale del documento, il cui
contenuto parte ricorrente si limita a sintetizzare, per poi indicarne gli estremi
della produzione in giudizio. Il che non consente di comprendere con certezza
il senso complessivo del documento, e quindi la sua effettiva decisività ai fini
della controversia.

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relativa ai poteri dispositivi rispetto ai due enti stranieri. Infatti, proprio

3.1.2. – Il mancato esame di un documento può essere denunciato per
cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un
punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non
esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un

istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di
modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, con la
conseguenza che la denunzia in sede di legittimità deve contenere, a pena di
inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento
trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa (Cass. n.
25756/14; in senso conforme, Cass. nn. 3075/06, 7086/05 e 3696/03).
Il documento in questione si riferisce ad un punto — l’essere stata
prospettata la Valeri come beneficiaria dell’operazione di cessione dei propri
beni alla Sahalin Anstalt e alla Renisel Stiftung — che non coglie la ratio

decidendi della sentenza impugnata.
La Corte territoriale, premesso che la Valeri (in base alle sue stesse
allegazioni difensive) aveva inteso effettivamente trasferire i suoi beni a
soggetti esteri per conseguirne benefici fiscali, ha posto a base della decisione
la circostanza che lo statuto aggiuntivo della Administral Anstalt, fondatrice
della Sahalin Anstalt e della Renisel Stiftung, che designava il Russo sua vita
natural durante quale unico beneficiario della fondazione, autorizzandolo a
disporre parzialmente o completamente dei beni della fondazione stessa, era
posteriore alla donazione del 24 aprile 2001. Pertanto, ha concluso, le
conseguenze lamentate dalla Valeri non dipendevano dall’atto dispositivo in

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giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze

sé, ma dalle possibilità di modifica offerte dal regime giuridico
(convenzionale o legislativo) prescelto.
Dunque, il fatto che in epoca (3.10.2003) ben successiva alla donazione
(24.4.2001) oggetto dell’azione di annullamento la Valeri sia stata

dell’allora marito, è tutt’altro che decisivo all’interno della logica decisoria
seguita dalla sentenza impugnata. Quest’ultima ha sottolineato, appunto, che
la donazione era effettivamente voluta così come posta in essere, e che
l’attività asseritainente decettiva del Russo, essendo successiva alla donazione
stessa, non poteva fondarne l’annullamento.
Il motivo d’impugnazione in esame, pertanto, più che censurare l’omessa
motivazione su di un fatto decisivo, mira a proporre una diversa
interpretazione della vicenda, valorizzando una condotta successiva all’atto
come dimostrativa di un originario proposito fraudolento del Russo.
Operazione, questa che a) non prova la decisività del documento anzi
detto, perché non vale a dimostrare con certezza l’esistenza di un proposito
fraudolento coevo alla donazione e dotato di efficienza causale rispetto ad
essa; b) si pone al di fuori della tipologia del vizio di omessa motivazione
denunciato dalla ricorrente, il quale presuppone il mancato esame di un dato
istruttorio idoneo a scardinare da sé solo la motivazione della sentenza
impugnata, lì dove, invece, nella specie il documento richiamato sarebbe
rilevante solo a patto di invertire le basi logiche del ragionamento seguito
dalla Corte distrettuale; c) mira in sostanza a provocare un rinnovato e
sostitutivo apprezzamento dei fatti storici di causa, inammissibile in questa
sede.
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“rassicurata” circa la propria posizione di beneficiaria con diritti pari a quelli

4. – Col terzo mezzo d’annullamento è dedotta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 91 c.p.c. (non citato nell’intitolazione, ma chiaramente
richiamato nel corpo del motivo) in quanto Mariassunta Russo si è limitata a
chiedere, per poi in effetti ottenere, la reiezione di tutte le domande proposte

di quest’ultimo per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., domanda su cui
il Tribunale e la Corte d’appello hanno omesso di pronunciarsi. Pertanto, nei
confronti di lei non trova alcuna giustificazione la compensazione delle spese
del doppio grado di merito per soccombenza reciproca.
4.1. – Il motivo è fondato, in quanto non vi è in effetti alcuna soccombenza
di Mariassunta Russo verso Giuseppe Russo, e dunque la disposta
compensazione è priva della base giuridica che la sostiene.
4.1.1. – Ciò unicamente, si badi, per il secondo grado di giudizio, poiché,
stando a quanto emerge dalla sentenza d’appello, e a quanto in contrario non
dimostrato né allegato dal ricorso, la compensazione disposta dal Tribunale
non risulta essere stata impugnata da Mariassunta Russo mediante apposito
motivo d’appello, essendosi ella limitata a riprodurre, insieme con la madre,
la richiesta di condanna dell’appellato per responsabilità aggravata. Ne deriva
che limitatamente al regime delle spese del primo grado di merito si è formato
il giudicato interno.
5. – La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al solo terzo
motivo, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che
provvederà a regolare tra Mariassunta e Giuseppe Russo le spese del solo
giudizio d’appello e del presente procedimento di cassazione.

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da Giuseppe Russo, senza spiegare altra domanda se non quella di condanna

6. – Nulla per le spese tra Paola Valeri e Giuseppe Russo, data l’invalidità
delle attività difensive svolte da quest’ultimo in questa sede di legittimità.
P. Q. M.

La Corte accoglie il terzo motivo, respinti gli altri, cassa la sentenza

provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 10.2.2015.

impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che

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