Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8812 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8812 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 18023 — 2009 R.G. proposto da:
CONDOMINIO di via GUSTAVO ROCCELLA n. 265 — LOTTO “A” — PALERMO, in
persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso giusta procura speciale a
margine del ricorso dall’avvocato Vincenzo Zummo ed elettivamente domiciliato in Roma,
alla via Cesare Beccaria, n. 84, presso lo studio dell’avvocato Veronica Petrella (studio legale
Valsecchi).
RICORRENTE
contro
CONDOMINIO di via GUSTAVO ROCCELLA n. 265 — LOTTO “B” — PALERMO — c.f.
97003740822 – in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso giusta
procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato Maurizio Liotta ed elettivamente
domiciliato in Roma, alla via G. Ferrari, n. 35, presso lo studio dell’avvocato Massimo
Filippo Marzi.

2_5 6- /45-

(4

CONTRORICORRENTE
1

Data pubblicazione: 30/04/2015

Avverso la sentenza n. 764 dei 28.3/10.6.2008 della corte d’appello di Palermo,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 5 febbraio 2015 dal consigliere
dott. Luigi Abete,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Lucio Capasso,
che ha concluso per il rigetto del ricorso,

Con ricorso al pretore di Palermo depositato in data 31.3.1995 il condominio di via
Gustavo Roccella, n. 265 — lotto “A” — di Palermo esponeva
che con sentenza del 16.6.1989 il tribunale di Palermo aveva accertato l’esatta linea di confine
tra la proprietà di esso condominio ricorrente e la proprietà del condominio di via Gustavo
Roccella, n. 265 — lotto “B” — di Palermo;
che il condominio del lotto “B” aveva realizzato a cavallo dell’acclarata linea di confine un
muretto con soprastante ringhiera, aveva demolito cinque lampioni di proprietà comune e
realizzato un nuovo impianto di illuminazione, aveva eliminato gli alloggiamenti in ferro dei
terminali dell’impianto elettrico e citofonico di proprietà comune.
Chiedeva all’adito giudice di essere reintegrato nel possesso della striscia di terreno
occupata dal muretto e di ordinare il ripristino dello status quo ante.
Costituitosi, il condominio di via Gustavo Roccella, n. 265 — lotto “B” — Palermo instava
per il rigetto dell’avversa domanda.
Disposta ed espletata c.t.u., il tribunale di Palermo – nelle more divenuto competente – con
sentenza n. 10369/2005 accoglieva la domanda di parte ricorrente.
Interponeva appello il condominio del lotto “B”.
Resisteva il condominio del lotto “A”.
Con sentenza n. 764 dei 28.3/10.6.2008 la corte d’appello di Palermo, in parziale riforma
della statuizione di prime cure, in ogni altra parte confermata, rigettava la domanda esperita
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

dal condominio appellato “di reintegra nel possesso della striscia di terreno asseritamente
occupata dal muretto di confine realizzato dall’appellante e della cassapanca metallica
contenente i terminali dell’impianto elettrico e citofonico” (così sentenza d’appello, pag. 7) e,
per l’effetto, eliminava “la condanna del Condominio, lotto B, a restituire al Condominio,
lotto A, la striscia di terreno meglio descritta nella C.T.U., nonché a ripristinare la cassapanca

rimborsare al condominio appellato le spese di entrambi i gradi in misura di 1/3 e compensava
integralmente i residui 2/3.
Esplicitava la corte distrettuale che, alla stregua degli esiti della disposta c.t.u., il
condominio del lotto “B” a seguito della realizzazione del muretto con soprastante ringhiera
aveva operato “uno sconfinamento quasi irrilevante” (così sentenza d’appello, pag. 5).
Esplicitava altresì che difettava “del tutto la prova che l’appellato avesse effettivamente
posseduto nell’anno anteriore il presunto spoglio, la esigua striscia di terreno asseritamente
occupata con il muretto di confine realizzato dall’appellante” (così sentenza d’appello, pag.
6); che l’esiguità delle dimensioni di tale striscia di terreno rendeva “poi assai difficile

ravvisare uno spoglio, trattandosi di una occupazione del tutto tollerabile” (così sentenza
d’appello, pag. 6); che non poteva “ravvisarsi nell’appellante il necessario , ossia la consapevolezza di agire contro la volontà espressa o tacita del possessore”
(così sentenza d’appello, pag. 6).

Esplicitava ancora, “quanto al lamentato spoglio della cassapanca metallica ove avrebbe
dovuto trovare alloggio l’impianto citofonico” (così sentenza d’appello, pag. 6), che, a fronte
dell’eccezione del condominio del lotto “B”, il condominio del lotto “A” non aveva provato,
siccome era suo onere, che il ricorso possessorio era stato proposto entro l’anno dal lamentato
spoglio.

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metallica” (così sentenza d’appello, pagg. 7 – 8); condannava il condominio appellante a

Esplicitava infine che, al contrario, doveva “ritenersi integrato lo spoglio dell’impianto di
illuminazione” (così sentenza d’appello, pag. 6).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il condominio di via Gustavo Roccella, n. 265 —
lotto “A” — di Palermo; ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni
conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.

controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il
favore delle spese del grado di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 1140
c.c. e 1168 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso, pag. 4).
Adduce che ha errato la corte di merito “nel ritenere lo sconfinamento compiuto dal
Condominio lotto A in danno del lotto B ” (così ricorso, pag. 5); che
invero la corte palermitana “non ha tenuto conto che striscia di terreno, sebbene
misuri 10 cm. e 7 cm. di larghezza, è lunga oltre circa 88 ml. nel primo tratto (…) e circa 45
ml. nel secondo tratto” (così ricorso pag. 5); che dunque “l’area totale occupata
illegittimamente ed abusivamente dal Condominio del lotto B, che ne ha spogliato del
legittimo possesso il Condominio del lotto A, è pari a circa 11,95 mq.” (così ricorso pag. 5),
sicché non risulta né irrilevante né tollerabile lo spoglio di tale ampia porzione di terreno; che
al contempo la striscia di terreno occupata non ha una sua autonomia, ma è parte integrante
dell’area di proprietà di esso ricorrente, sicché, avendo provato di possedere il bene nella sua
unità strutturale e funzionale, non era tenuto a “fornire l’ulteriore dimostrazione del possesso
specifico di quella parte o porzione” (così ricorso pag. 7); che per altro verso aveva
“pienamente e legittimamente fornito la prova del possesso nell’anno anteriore al lamentato

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Il condominio di via Gustavo Roccella, n. 265 — lotto “B” — di Palermo ha depositato

spoglio posto in essere dal Condominio del lotto B, nonché l’ animus spoliandi di
quest’ultimo” (così ricorso pag. 7).
Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 1130
c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso, pag. 8).
Adduce che dall’attenta lettura del verbale di sopralluogo in data 2.8.1994 “non emerge

materializzazione del confine così come attuata dal Condominio del lotto B” (così ricorso,
pag. 8); che “ancora qualsiasi consenso e/o autorizzazione in tal senso avrebbe dovuto essere
preventivamente deliberata e/o ratificata dall’assemblea dei condomini, trattandosi di potere
che esula da quelli riconosciuti dalla legge e dal regolamento condominiale
all’amministratore” (così ricorso pag. 8); che quindi “in assenza di uno specifico mandato e
conseguente potere rappresentativo deliberato dall’assemblea in favore dell’amministratore in
relazione ad atti di disposizioni di parti comuni, detti atti sono non solo nulli, ma altresì
illegittimi, invalidi e inefficaci” (così ricorso pag. 10).
Con il terzo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 345
c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso, pag. 8).
Adduce che “l’eccezione di decadenza nonché l’eccezione dell’avvenuto accordo tra le
parti, fatto discendere dal verbale di sopralluogo del 02.08.1984 sono inammissibili, nulle ed
(…) illegittime in quanto sollevate (…) in violazione dell’art. 345 c.p.c.” (così ricorso, pagg.
10 – 11); che, “difatti, tali eccezioni non sono mai state sollevate dal Condominio lotto B nel
primo grado di giudizio, ma sono state formulate per la prima volta nel giudizio di appello”
(così ricorso pag. 11); che inoltre il verbale di sopralluogo in data 2.8.1994 “non è stato
prodotto nel corso del giudizio di primo grado” (così ricorso pag. 11); che del resto, “poiché
il Condominio lotto B aveva la disponibilità di tale documento già nel corso del primo grado

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alcun consenso e/o autorizzazione dell’amministratore del condominio lotto A alla rassegnata

di giudizio, avrebbe dovuto produrlo tempestivamente e ritualmente in tale fase di giudizio e
non tardivamente in appello” (così ricorso pagg. 11 12).

Con il quarto motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 115
c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso, pag. 12).
Adduce che “il Giudice d’Appello non ha tenuto in alcuna considerazione, né ha posto a

consistenti, soprattutto nelle prove documentali costituite dai titoli di proprietà delle parti e
dagli accertamenti effettuati dal C.T.U.” (così ricorso, pag. 12); che, “in particolare, la
consulenza tecnica (…) ha confermato (…) non solo la proprietà in capo al Condominio lotto
A della striscia di terreno in questione, ma anche il possesso della stessa e lo spoglio
compiuto dal Condominio lotto B a mezzo della costruzione del muro in questione e della
dismissione della cassapanca contenente gli impianti sopra citati” (così ricorso pag. 12).
Con il quinto motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 91
c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” (così ricorso, pag. 12).
Adduce che “il giudice d’appello ha errato nel condannare l’appellante a rifondere
all’appellato solo 1/3 delle spese di entrambi i gradi del giudizio” (così ricorso, pag. 13); che,
“difatti, la corretta decisione (…) avrebbe dovuto comportare la condanna dell’appellante a
rifondere per intero le spese” (così ricorso pag. 13).
Con il sesto motivo il ricorrente deduce “insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.” (così ricorso, pag.
13).

Adduce che il giudice d’appello si è limitato a dichiarare l’insussistenza dei requisiti e dei
presupposti dell’azione di reintegra, “senza tuttavia, precisarne compiutamente le
motivazioni di diritto” (così ricorso, pag. 14); che “la motivazione di cui all’impugnata

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fondamento della propria decisione, le prove proposte dal ricorrente e le emergenze istruttorie

sentenza appare del tutto insufficiente ed inidonea a giustificare la decisione” (così ricorso,
pagg. 13 – 14).

Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi.

Ambedue i motivi in ogni caso sono immeritevoli di seguito.
Si premette che entrambi i motivi si specificano e si qualificano essenzialmente — se non
esclusivamente – in relazione alla previsione del n. 5) del 1° co. dell’art. 360 c.p.c..
Ai fini invero della testé compiuta qualificazione occorre tener conto, da un lato, che il
condominio del lotto “A” censura sostanzialmente il giudizio di fatto cui la corte distrettuale
ha atteso (“il Giudice d’Appello ha errato nel ritenere insussistenti i presupposti dell’azione
di reintegra”: così ricorso, pag. 4; “il Giudice d’Appello ha errato nell’escludere lo spoglio
contestato al Condominio lotto B, nonché il relativo animus spoliandi”: così ricorso, pag. 8),

dall’altro, che è il vizio di motivazione denunciabile come motivo di ricorso ex art. 360, 1°
co., n. 5), c.p.c. che concerne propriamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti
ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).
Su tale scorta si rimarca che, in tema di spoglio, l’accertamento del giudice deve
riguardare non soltanto l’elemento oggettivo della privazione totale o parziale, violenta o
clandestina, del possesso, ma anche l’elemento soggettivo, ossia l’animus spoliandi (cfr.
Cass. 18.7.1985, n. 4226).

Si rimarca, al contempo, che l’animu,s spoliandi

che la violenza o clandestinità

dell’azione senz’altro implicano – non è insito in ogni fatto materiale che determini la
privazione dell’altrui possesso, ma consegue solo alla consapevolezza di contrastare e di
violare la posizione soggettiva del terzo (cfr. Cass. 29.3.1978, n. 1454); l’animus spoliandi
consiste non nella sola coscienza e volontà dell’agente di compiere il fatto materiale della
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Il che ne giustifica l’esame contestuale.

privazione del possesso, bensì nella consapevole volontà di sostituirsi nella detenzione totale
o parziale e nel godimento del bene, al detentore, contro la volontà di questo (cfr. Cass.
18.7.1985, n. 4226).
In questi termini non può che condividersi il disconoscimento dell’animus spoliandi,
quale operato della corte di merito sulla base del rilievo per cui “il Condominio del lotto B

contraddittorio fra i due amministratori e con l’ausilio dei tecnici di parte: quindi, aveva agito
nella convinzione dell’esistenza del pieno accordo da parte del Condominio del lotto A” (così
sentenza d’appello, pag. 6).
Si badi non si trattava — né si tratta — propriamente di riscontrare se l’amministratore del
condominio del lotto “B”, intervenuto e partecipe del sopralluogo eseguito in data 2.8.1984,
fosse stato preventivamente autorizzato dall’assemblea dei condomini e di riscontrare,
ulteriormente, che, in difetto di previa autorizzazione o di successiva ratifica, il consenso
prestato fosse tamquam non esset e pertanto inidoneo ad escludere l’animus spoliandi.
Si trattava — e si tratta — più semplicemente di dar atto, al cospetto della partecipazione al
sopralluogo avvenuto in data 2.8.1984 dell’amministratore del condominio del lotto “A”, con
l’ausilio per giunta dei tecnici dell’una e dell’altra parte, che l’amministratore del condominio
del lotto “B” aveva ragionevole motivo per confidare nella legittimità della realizzazione del
muretto, allorché ebbe successivamente a disporne la costruzione nell’esatto punto
individuato nel corso della precedente ispezione dei luoghi. E, quindi, che non aveva alcuna
consapevolezza di contrastare e di violare la posizione soggettiva del condominio del lotto

Si tenga conto che l’animus spoliandi deve sussistere nel momento in cui viene posto in
essere il fatto privativo del possesso o della detenzione altrui (cfr. Cass. 18.3.1975, n. 1048).

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aveva realizzato il muretto nel punto stabilito nel corso del sopralluogo effettuato il 2/8/84 in

In questo quadro, ovviamente, i rilievi di parte ricorrente, alla cui stregua la porzione
oggetto del denunciato spoglio era tutt’altro che esigua e che non vi fosse bisogno della prova
dello specifico possesso di tale porzione, sono destinati a rimaner assorbiti nell’accertamento,
concludente ex se, della mancanza dell’ animus spoliandi.
Il terzo motivo di ricorso non merita seguito.

31.3.1995.
L’inizio dell’iter giudiziale, segnato, appunto, dal deposito della domanda di
reintegrazione, è avvenuto dunque antecedentemente al 30.4.1995, giorno a decorrere dal
quale sono divenute operanti le modifiche introdotte dalla legge n. 353/1990 (cfr. Cass.
20.8.2004, n. 16347, secondo cui, ai fini della disciplina transitoria dettata dall’art. 90 della
legge n. 353/1990 (come modificata e sostituita mediante il dec. leg. legge 18.10.1995, n. 432,
convertito, con modificazioni, nella legge 20.12.1995, n. 534) secondo la quale ai “giudizi
pendenti” alla data del 30.4.1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale
data, da un lato, l’individuazione della “pendenza” del procedimento va fissata – nei giudizi
che iniziano con atto di citazione, nel momento della “notificazione” di quest’atto (a
differenza di quelli introdotti con ricorso per i quali rileva la data del deposito dello stesso);
dall’altro, il termine “giudizio” va considerato unitariamente, sicché occorre avere riguardo
alla data della citazione introduttiva del giudizio di primo grado e non anche dell’eventuale
instaurazione del giudizio di appello).

Su tale scorta basta evidenziare che nella fattispecie era applicabile l’art. 345 c.p.c. nella
formulazione antecedente alla entrata in vigore della novella di cui alla legge n. 353/1990 ed
il cui 2° co. conferiva espressamente alle parti la facoltà in appello di proporre nuove
eccezioni, di produrre nuovi documenti e di chiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova.
Il quarto motivo di ricorso analogamente è destituito di fondamento.
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Il ricorso ex art. 1168 c.c. è stato depositato, siccome riferisce lo stesso ricorrente, in data

Basta rappresentare, per un verso, il mancato ossequio al canone di cosiddetta
autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all’art. 366, 1° co., n.
6), c.p.c. (al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113), in rapporto alle risultanze documentali
ed agli accertamenti eseguiti dal c.t.u..
Basta rappresentare, per altro verso, che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del

singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli,
dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo
convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni,
implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr.
Cass. 10.5.2000, n. 6023).

Basta rappresentare, per altro verso ancora, che il riscontro del difetto dell’animus
spoliandi esplica anche in rapporto al motivo in disamina valenza assorbente.
Il quinto motivo di ricorso analogamente è immeritevole di seguito.

E’ sufficiente evidenziare che la condanna del condominio del lotto “B” al rimborso delle
spese del doppio grado nei soli limiti di 1/3 si giustifica appieno, giacché significativa parte
delle domande esperite dal condominio del lotto “A” è stata respinta.
Si tenga conto, al contempo, che la valutazione delle proporzioni della soccombenza
reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o
compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, 2° co., c.p.c., rientrano nel potere discrezionale
del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a
rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a
carico del soccombente (cfr. Cass. 31.1.2014, n. 2149).
Il sesto motivo di ricorso è inammissibile.

E’ ben evidente che si risolve in una censura del tutto generica.
10

merito non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare

E ciò pur a prescindere dall’insegnamento di questa Corte, in virtù del quale, nel caso in
cui nel ricorso per cassazione venga prospettato come vizio di motivazione della sentenza una
insufficiente spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di merito, di
un fatto principale della controversia, il ricorrente non può limitarsi a prospettare una
possibilità o anche una probabilità di una spiegazione logica alternativa, essendo invece

Cass. 12.2.2008, n. 3267).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del condominio ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna il condominio ricorrente a rimborsare al condominio
controricorrente le spese del presente grado di legittimità che si liquidano in euro 2.500,00, di
cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come
per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

necessario che tale spiegazione logica alternativa del fatto appaia come l’unica possibile (cfr.

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