Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8811 del 13/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 13/04/2010), n.8811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25262/2008 proposto da:

A.U., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. VELLUCCI

Achille, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2266/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

27.3.08, depositata il 22/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.U. ha proposto ricorso, sulla base di un motivo, per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli depositata il 22 aprile 2007: questa ha confermato la decisione, con la quale il Tribunale di S. Maria Capua Vetere aveva rigettato la domanda avanzata dall’assistibile nei confronti del Ministero della salute, per ottenere l’indennizzo ai sensi della L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2, in quanto affetto da sieropositività all’HCV a seguito di trasfusioni di sangue praticategli nel (OMISSIS), nel corso di un’operazione chirurgica.

La Corte territoriale ha disatteso l’impugnazione del soccombente, avendo ritenuto che non era stato dimostrato il nesso causale fra le emotrasfusioni specificate e la riscontrata patologia, e che ai fini di tale accertamento nessun apporto avrebbe potuto dare la consulenza tecnica di ufficio richiesta dalla parte, in assenza di elementi utili da valutare; infatti, ha sottolineato il medesimo giudice, concordando con i rilievi formulati al riguardo dal Tribunale, due unità ematiche fra quelle utilizzate per le trasfusioni praticate all’appellante provenivano da donatori sani, come accertato anche da esami successivi eseguiti anche con metodi più aggiornati, mentre la terza proveniva da donatore non rintracciabile, per cui il predetto giudice ha escluso che il consulente tecnico di ufficio, in mancanza di dati concernenti il donatore, avrebbe mai potuto affermare un nesso fra le trasfusioni eseguite nel (OMISSIS) e la patologia riscontrata dieci anni dopo.

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Essendosi ravvisati i presupposti per la decisione del ricorso in Camera di consiglio, è stata redatta la relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..

Il ricorrente ha quindi depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denuncia vizio di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio e critica la sentenza impugnata per non avere disposto una consulenza tecnica di ufficio, nella specie necessaria in quanto fonte oggettiva di prova, quando, come nella specie, si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili unicamente con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche. Sottolinea come la Corte di merito, pur avendo recepito che una delle unità ematiche fra quelle utilizzate per le trasfusioni praticate al ricorrente proveniva da donatore non rintracciabile, il quale non aveva aggiornato i test virologici, non ne ha tuttavia “ricava(to) le corrette conseguenze che lascia(va)no ampio margine di dubbio e necessita(va)no di una approfondita indagine”.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Nella relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., premessa l’applicabilità nella specie della disposizione dettata dall’art. 366 bis cod. proc. civ., trattandosi di ricorso proposto contro una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, si è rimarcato l’inadempimento da parte del ricorrente alle prescrizioni imposte da tale norma e secondo cui, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo del ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Certamente deve convenirsi che fatto controverso e decisivo per il giudizio, secondo quanto puntualizzato in memoria dal ricorrente, è il nesso causale fra le emotrasfusioni e l’infezione da HCV da cui egli è risultato affetto: ma anche se ciò è desumibile dall’esposizione del motivo, tanto non basta perchè possa ritenersi fornita l’indicazione richiesta in proposito dall’art. 366 bis cod. proc. civ., allorchè sia denunciato con il ricorso un vizio di motivazione, non potendo detta indicazione essere ricavata dalla esposizione del motivo di ricorso, la quale deve invece essere riportata in modo sintetico, evidente ed autonomo (v. fra le tante, Cass. 7 novembre 2007 n. 23153, Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556).

Si è pure rimarcato nella relazione come la critica mossa dal ricorrente sia indirizzata alla statuizione con la quale il giudice del merito ha negato l’ammissione della richiesta consulenza tecnica di ufficio, ma anche tale censura non può essere accolta.

L’ A., come si è osservato nella indicata relazione, si è limitato nel ricorso ad insistere nella necessità della consulenza tecnica di ufficio, a dedurre di non avere altri mezzi per potere assolvere all’onere probatorio a suo carico e a sostenere che solo un consulente tecnico di ufficio avrebbe potuto confermare il nesso di causalità denunciato. L’ausiliare, ha proseguito il ricorrente, avrebbe potuto avere accesso alla documentazione esistente alla direzione sanitaria del nosocomio dove erano state eseguite le trasfusioni, attingere notizie sui controlli virologici e di laboratorio, “superare gli elementi di carattere scientifico e di tutela della privacy per poter trarre conclusioni utili ai fini del decidere”, ma così argomentando il ricorrente non ha spiegato quali i vizi di ragionamento seguito dal giudice del merito laddove ha giustificato il diniego all’espletamento della indagine invocata sotto il profilo della sua infruttuosità, per mancanza di elementi utili da valutare, neppure diversamente acquisibili.

La circostanza che il sangue della terza sacca proveniva da donatore “rimasto non rintracciabile” – per le altre due unità di sangue somministrate all’ A. si è accertata, con statuizione non censurata, la provenienza da donatore sottopostosi in seguito a più aggiornati test con esito negativo, per cui è da escludere che quelle due unità fossero di sangue infetto – non autorizza ad affermare alcuna ragionevole probabilità di pericolo di contagio, nè è censurabile il ragionamento del giudice del merito laddove ha escluso di poter a tal fine ricavare elementi utili dall’indagine richiesta, in quanto in mancanza di dati da valutare la consulenza di ufficio avrebbe potuto avanzare solo mere ipotesi.

Con argomentazione immune da censure la sentenza impugnata ha aggiunto che una siffatta indagine non avrebbe potuto escludere l’incidenza di una “molteplicità in un lungo periodo di ipotetiche altre cause scatenanti” della infezione.

Nè infine la consulenza tecnica di ufficio è ammissibile per compiere attività esplorative alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (v. fra le tante Cass. 6 aprile 2005 n. 7097).

In conclusione, le deduzioni svolte in memoria non valgono ad infirmare le osservazioni della relazione, che il Collegio condivide, per cui il ricorso deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, modifica qui non applicabile razione temporis, l’ A. resta esonerato dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010

 

 

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