Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 881 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 881 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 5065-2008 proposto da:
ELETTROFORNITURE S.R.L. 01762280236, in persona del suo
amministratore pro-tempore, sig. ROBERTO BRUSCO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE XXI APRILE 12, presso lo studio
dell’avvocato PIZZINO ALESSANDRO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MOSCHETTA WILLIAM giusta procura in
atti;

– ricorrente contro
BRUSCO CATERINA BRSCRN49D46L781C;

– intimata –

Data pubblicazione: 17/01/2014

Ì

sul ricorso 8196-2008 proposto da:
BRUSCO CATERINA BRSCRN49D46L781C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LAZIO 20/C, presso lo studio
dell’avvocato COGGIATTI CLAUDIO, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DINDO STEFANO giusta procura in atti;

contro
ELETTROFORNITURE S.R.L. 01762280236;

– intimata avverso la sentenza n. 240/2007 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 15/06/2007 R.G.N. 216/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato ALESSANDRO PIZZINO;
udito l’Avvocato CLAUDIO COGGIATTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
AURELIO GOLIA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
principale e il rigetto nel ricorso incidentale condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 22 novembre 1991, Dal Forno Bruna ved.
Brusco intimava lo sfratto per finita locazione alla Elettroforniture
S.p.a. (ora S.r.l.), relativamente all’immobile sito in Verona, alla via
Germania 9, assumendo che il contratto di locazione ad uso
commerciale, iniziato il 10 gennaio 1973, era venuto a scadere il 31
dicembre 1985.
La convenuta si costituiva eccependo che tra le parti erano stati
stipulati verbalmente, dopo il primo cui aveva fatto riferimento la
locatrice, nuovi contratti, contestava la data di scadenza indicata ex
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– ricorrente –

adverso e, in subordine, chiedeva dichiararsi illegittimi i pretesi aumenti
del canone e condannarsi la locatrice alla restituzione di quanto pagato
oltre il canone dovuto ex lege.
Il V.P.O. della Pretura di Verona ordinava il rilascio dell’immobile e
rimetteva la causa dinanzi al Tribunale di Verona per la decisione del

Detto Tribunale, con sentenza del 1997, ritenendo l’unicità del
rapporto locatizio, dichiarava cessato alla data del 31 dicembre 1985 il
contratto tra le parti e dichiarava, altresì, la sua incompetenza a
pronunciarsi sulla restituzione di quanto indebitamente percepito dalla
locatrice.
La Elettroforniture riassumeva quindi, dinanzi al Pretore di Verona, la
causa che, dopo la soppressione delle Preture, proseguiva dinanzi al
Tribunale di Verona il quale, con sentenza del 9 novembre 1999,
dichiarava improcedibile la domanda per mancato esperimento del
tentativo di conciliazione ex art. 44 della legge n. 392 del 1978.
Essendo ormai trascorso il termine ex art. 79 della legge n. 392 del
1978 per promuovere l’azione per la ripetizione dei canoni versati in
eccedenza, la predetta società esperiva al riguardo azione di ripetizione
di indebito ex art. 2033 c.c..
Il giudizio, interrotto per l’intervenuto decesso di Dal Forno Maria
Bruna ved. Brusco, veniva riassunto nei confronti della sua erede,
Brusco Caterina, che si costituiva contestando quanto dedotto
dall’attrice.
Il Tribunale adito rigettava la domanda con sentenza del 29 gennaio
2004.
Avverso tale decisione la Elettroforniture S.r.l. proponeva appello, cui
resisteva la Brusco.

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merito.

La Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata in data 15
giugno 2007, rigettava il gravame e compensava per intero tra le parti
le spese di quel grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito la Elettroforniture S.r.l. ha
proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

volta, ricorso incidentale condizionato articolato in due motivi.
Sia la ricorrente che la controricorrente ricorrente incidentale hanno
depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi ai sensi
dell’art. 335 cod. proc. civ., in quanto proposti contro la stessa
sentenza.
2. Al ricorso in esame si applica il disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c. inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed
abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno 2009, n.
69 – in considerazione della data di pubblicazione della sentenza
impugnata (15 giugno 2007).
2.1. Questa Corte ha in più occasioni chiarito che nei casi previsti
dall’art. 360, primo comma, nn. 1, 2, 3 e 4, c.p.c. “i quesiti di diritto
imposti dall’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40, art. 6, comma 1, secondo una prospettiva volta a riaffermare la
cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di
soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite
diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo
stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto
applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica
della Corte di Cassazione, il cui rafforzamento è alla base della nuova
normativa secondo N’esplicito intento evidenziato dal legislatore
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Ha resistito con controricorso Brusco Caterina che ha proposto, a sua

all’art. 1 della Legge Delega 14.5.2005, n. 80; i quesiti costituiscono,
pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico
e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti,
inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di
legittimità” (v. Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass. 9 maggio

un., 29 ottobre 2007, n. 22640; Cass., sez. un., 21 giugno 2007, n.
14385).
Pertanto, affermano le Sezioni Unite di questa Corte che,
“travalicando” “la funzione nomofilattica demandata al giudice di
legittimità” “la risoluzione della singola controversia, il legislatore ha
inteso porre a carico del ricorrente l’onere imprescindibile di
collaborare ad essa mediante l’individuazione del detto punto di
congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del
più generale principio giuridico, alla quale il quesito è funzionale,
diversamente risultando carente in uno dei suoi elementi costitutivi la
stessa devoluzione della controversia ad un giudice di legittimità:
donde la comminata inammissibilità del motivo di ricorso che non si
concluda con il quesito di diritto o che questo formuli in difformità dai
criteri informatori della norma. Incontroverso che il quesito di diritto
non possa essere desunto per implicito dalle argomentazioni a
sostegno della censura, ma debba essere esplicitamente formulato,
nell’elaborazione dei canoni di redazione di esso la giurisprudenza di
questa Suprema Corte è, pertanto, ormai chiaramente orientata nel
ritenere che ognuno dei quesiti formulati per ciascun motivo di ricorso
debba consentire l’individuazione tanto del principio di diritto che è
alla base del provvedimento impugnato, quanto, correlativamente, del
principio di diritto, diverso dal precedente, la cui auspicata
applicazione ad opera della Corte medesima possa condurre ad una
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2008, n. 11535; Cass., sez. un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez.

decisione di segno inverso rispetto a quella impugnata; id est che il
giudice di legittimità debba poter comprendere, dalla lettura del solo
quesito inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di
diritto asseritamente compiuto dal giudice e quale sia, secondo la
prospettazione del ricorrente, la diversa regola da applicare. Ove tale

un’astratta petizione di principio che, se pure corretta in diritto,
risulterebbe, ciò nonostante, inidonea sia ad evidenziare il nesso tra la
fattispecie concreta, l’errore di diritto imputato al giudice a quo ed il
difforme criterio giuridico di soluzione del punto controverso che si
chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione del
principio cui la Corte deve pervenire nell’esercizio della funzione
nomofilattica. Il quesito non può, pertanto, consistere in una mera
richiesta d’accoglimento del motivo o nell’interpello della Corte in
ordine alla fondatezza della censura così come illustrata nello
svolgimento dello stesso, ma deve costituire la chiave di lettura delle
ragioni esposte e porre la Corte medesima in condizione di rispondere
ad esso con l’enunciazione d’una regula iuris che sia, in quanto tale,
suscettibile, al contempo, di risolvere il caso in esame e di ricevere
applicazione generale, in casi analoghi a quello deciso” (v., in
motivazione, Cass., sez. un., 6 febbraio 2009, n. 2863; v. Cass., ord., 24
luglio 2008, n. 20409).
3. Con il primo motivo, denunciando “Violazione o falsa applicazione
di norme di diritto (art. 360 c.p.c. n. 3) in relazione all’art. 2702 c.c.”, la
società ricorrente lamenta che la Corte di merito, pur avendo ritenuto
“degna di censura” la sentenza di primo grado in relazione alla
decadenza All’azione, abbia tuttavia erroneamente ritenuto la
domanda proposta priva di prova.

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articolazione logico-giuridica manchi, il quesito si risolverebbe in

Deduce la ricorrente di aver, sin dal primo grado, specificato
dettagliatamente i canoni corrisposti e documentato la domanda di
ripetizione di quanto illegittimamente versato a tale titolo e di aver
chiesto l’ammissione di prova testimoniale in ordine alla effettiva
corresponsione degli indicati canoni; rappresenta che la controparte

richieste e quantificazioni da essa operate, limitandosi a ritenere
legittimi gli aumenti pretesi e corrisposti da Elettroforniture,
riconoscendo in comparsa di costituzione e risposta (p. 3) gli importi
versati dalla predetta società, affermando che “il modesto canone di f
400.000 mensili pagato dal 1975 fu portato a £ 1.000.000 dieci anni
dopo”.
La ricorrente assume, pertanto, che erroneamente la Corte di appello
abbia affermato che “in assenza di prova documentale si ignora quale
fosse il canone iniziale e quali fossero gli asseriti aumenti” e sostiene
che “legittima” era la sua richiesta di prova testimoniale e di ctu al fine
di ricostruire, alla luce delle leggi di proroga, l’entità degli aumenti ex
lege possibili rispetto alle somme indebitamente pretese e versate dalla
conduttrice, come da documentazione prodotta.
3.1. In relazione al primo motivo di ricorso la ricorrente pone i
seguenti quesiti di diritto:
“1) La documentazione attestante la registrazione di un contratto di locazione
stipulato verbalmente, in epoca in cui non era prescritto l’obbligo di forma scritta,
costituisce prova ex articolo 2702 c. c. O] ll’ammontare del canone per il relativo
periodo?
2) Il riconoscimento operato dal convenuto all’atto della costituzione in giudizio,
delle somme corriiposte a titolo di locazione dal conduttore costituisce prova ex
articolo 2702 c.c.?

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non ha mosso contestazioni né chiesto prova contraria in relazione alle

3) La mancata contestazione in giudizio da parte del convenuto di aver ricevuto,
titolo di locazione, le somme indicate dall’attore costituisce ammissione della
circostanza è dunque prova ex articolo 2702 c.c.?”.
3.2. Il motivo é inammissibile per inidoneità dei quesiti proposti, come
pure eccepito dalla Brusco.

evidenziato, il quesito di diritto non può essere generico e astratto ma
deve compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto
sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata da quel giudice e la diversa regola di diritto che, ad
avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. La
mancanza – come nel caso all’esame – anche di una sola di tali
indicazioni nel quesito di diritto rende inammissibile il motivo cui il
quesito così formulato sia riferito (Cass. Cass., ord., 25 settembre 2007,
n. 19892 e 17 luglio 2008, n. 19769; Cass. 30 settembre 2008, n. 24339;
Cass. 13 marzo 2013, n. 6286, in motivazione). Né, peraltro, il quesito
può consistere nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza
o meno delle propugnate petizioni di principio o della censura così
come illustrata nello svolgimento del motivo (Cass. 7 marzo 2012, n.
3530), e in interpelli siffatti pure si risolvono sostanzialmente i
formulati quesiti.
4. Con il secondo motivo, dolendosi della violazione o falsa
applicazione dell’art. 244 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma,
n. 3, c.p.c., la ricorrente lamenta che erroneamente la Corte di merito
ha ritenuto non ammissibile la prova articolata perché formulata in
modo incongruo e generico, laddove, invece, la prova di cui era stata
richiesta l’ammissione in appello, reiterando l’istanza già formulata in
primo grado, ad avviso della Elettroforniture S.r.l., era stata articolata
in modo preciso e non generico. Peraltro, la ricorrente ribadisce che la
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Come più volte affermato da questa Corte e come già sopra

controparte non avrebbe mai precisamente contestato l’entità dei
canoni pagati dalla conduttrice, essendosi limitata ad eccepire che il
canone era comunque inferiore a quello consentito dalle leggi di
proroga e dalle leggi n. 392 del 1978 e n. 94 del 1982.
4.1. In relazione al secondo motivo di ricorso la ricorrente pone i

“1) Le capitolazioni di prova per testi del ricorrente tendenti alla mera verifica del
fatto storico richieste e formulate in articoli separati, in primo grado, specificamente
nproposte in appello, sono conformi al dettato dell’articolo 244 c.p.c.?
2) in assenza di documentazione é ammissibile la prova per testi sul pagamento e
sull’entità del canone di locazione?”.
4.2. Si evidenzia che correttamente la censura andava veicolata
invocando la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. , il che,
tuttavia, non rende di per sé inammissibile la censura, facendosi
comunque valere un vizio della decisione impugnata astrattamente
idoneo a inficiare la pronuncia (Cass., sez. un., 24 luglio 2013, n.
17931; Cass. 29 agosto 2013, n. 19882; Cass. 21 gennaio 2013, n.,
1370).
4.3. Il motivo all’esame é, comunque, inammissibile per inidoneità dei
quesiti proposti, come pure eccepito dalla controticorrente ricorrente
incidentale.
Al riguardo vanno ribadite le medesime argomentazioni esposte con
riferimento ai quesiti formulati in relazione al primo motivo.
5. Il ricorso principale va, pertanto, dichiarato inammissibile.
6. All’inammissibilità del ricorso proposto dalla Elettroforniture S.r.l.
consegue l’assorbimento dell’esame del ricorso incidentale
condizionato proposto da Brusco Caterina.
7. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
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seguenti quesiti di diritto:

P. Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale;
assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna la società
ricorrente al pagamento, in favore di Brusco Caterina, delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi curo

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Su r a di Cassazione, il 23 ottobre 2013.

6.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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