Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8805 del 05/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 05/04/2017, (ud. 30/01/2017, dep.05/04/2017),  n. 8805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28207/2012 proposto da:

F.S., (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Marcialis, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca di Sassari s.p.a., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

dei Tre Orologi n. 10/E, presso l’avvocato Ranieri Massimo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Racugno Gabriele,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 354/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 03/08/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/01/2017 dal cons. DOLMETTA ALDO ANGELO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato L. MARCIALIS che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato M. RANIERI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CARDINO

Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.S. ricorre per cassazione nei confronti della Banca di Sassari s.p.a., svolgendo tre motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari del 10 ottobre 2011, n. 354, che ha fatto seguito alla pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Cagliari del 14 gennaio 2006, che pure aveva rigettato la domanda di risarcimento danni proposta dall’attuale ricorrente nei confronti della menzionata Banca.

Al centro della vicenda adesso approdata al vaglio del giudizio di legittimità è stato, sotto il profilo sostanziale, il comportamento tenuto dalla Banca di Sassari in relazione a una complessa vicenda che, dagli inizi degli anni ‘90, ha coinvolto un’articolata serie di soggetti. La Banca, in particolare, agì (anche) nei confronti dell’avvocato F., chiedendo e ottenendo un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo; diede corso a tale decreto a mezzo di iscrizione di ipoteca giudiziale su beni di proprietà del medesimo; tenne, altresì, una serie di ulteriori comportamenti consecutivi dall’avvocato ritenuti, nel complesso, di tratto “persecutorio e vessatorio”. Successivamente, il Tribunale di Cagliari, investito dall’opposizione formulata da F.S., con la pronuncia sopra richiamata accertò la falsità delle sottoscrizioni che erano state attribuite all’avvocato F., e l’estraneità di questi all’operazione per il cui debito la Banca aveva agito in esecutivis; e revocò, quindi, l’emesso decreto ingiuntivo.

Con la medesima pronuncia, peraltro, il Tribunale rigettò la domanda risarcitoria che F. aveva formulata in sede di citazione in opposizione con riferimento all’appena indicato comportamento della Banca. In relazione a tale profilo, la sentenza del Tribunale in via segnata dichiarò che la relativa domanda era stata circoscritta alla sola lesione all’onorabilità e all’immagine professionale dell’avvocato, senza riguardare il caso di altri pregiudizi patrimoniali che eventualmente avesse sofferto. Secondo quanto è stato poi confermato dalla Corte di Appello di fronte all’impugnazione che è stata proposta dall’avvocato F. in relazione all’esatta ampiezza da riconoscere alla domanda risarcitoria che era stata presentata in primo grado.

Resta da rilevare che al ricorso adesso presentato da quest’ultimo la Banca di Sassari resiste con apposito controricorso. E che F.S. ha anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I motivi di ricorso formulati dall’avvocato F.S. denunciano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo in particolare denuncia “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto; violazione artt. 99, 112, 34 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Mancato esame della domanda di risarcimento dei danni; violazione art. 360, n. 5, per contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia”. Il motivo concerne, in sostanza, l’ampiezza della domanda risarcitoria formulata dall’attuale ricorrente in primo grado e assume che la stessa comprende l’intero genere del danno patrimoniale.

Il secondo motivo denuncia poi “violazione e/o falsa applicazione di norma dei diritto; violazione art. 345 c.p.c., ante riforma L. n. 353 del 1990”. Lo stesso, che si presenta in termini subordinati rispetto al primo, si basa sul fatto che il giudizio di cui si discute è stato avviato nella vigenza di un regime (precedente a quello attuale e) che consentiva ampie modificazione della domanda in sede di formulazione della citazione in appello.

Il terzo motivo denunzia, infine, “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto; violazione art. 2043 c.c.. Violazione art. 360, n. 5, per contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia”. Questo motivo, proposto in via ulteriormente subordinata, afferma che “anche qualora si ritenesse che l’unica domanda di danni scrutinabile fosse quella relativa ai danni all’immagine professionale, non si vede come sia possibile non riconoscerla sussistente”: “i concetti di onorabilità delle professioni liberali, come l’avvocatura, sono assai rigorosi”; “la circostanza che le iscrizioni ipotecarie.. compaiano sui pubblici registri e siano liberamente consultabili implica un sicuro pregiudizio e un danno grave, risarcibile ex art. 2043 c.c.”.

2.- I tre motivi esposti dal ricorrente si manifestano tutti infondati. Per le ragioni qui di seguito esposte.

3.- Quanto al primo motivo è in particolare da osservare che, secondo l’orientamento di questa Corte, “ai fini dell’interpretazione della domanda giudiziale non sono applicabili i criteri ermeneutici dettati in campo contrattuale dall’art. 1362 c.c., perchè non esiste una comune intenzione delle parti da individuare, ma soprattutto perchè, quale che sia la soggettiva intenzione della parte, uno dei fondamenti della regola di corrispondenza tra chiesto e pronunciato posta dall’art. 112 c.p.c., deve essere individuato nel rispetto del principio de contraddittorio, garantito solo dalla possibilità per il convenuto di cogliere l’effettivo contenuto della domanda formulata nei suoi confronti e di svolgere dunque una effettiva difesa” (Cass., 6 luglio 2001, n. 9208).

Nel caso di specie, la Corte di Appello non si è del resto fermata a un riscontro meramente letterale della prospettazione svolta della Citazione in opposizione, venendo ad evidenziare in particolare come l’unico danno, di cui ci si veniva a lamentare, fosse quello all’immagine e onorabilità professionale; come la produzione documentale avvenuta nello svolgimento del giudizio di primo grado non fosse accompagnata da argomentazioni di taglio diverso; come la domanda formulata in appello fosse anche quantitativamente maggiore da quella presentata in primo grado.

Tutto questo a tacere del fatto che parte ricorrente neppure ha ritenuto di censurare il punto della decisione della Corte di Appello in cui quest’ultima rileva come nella specie non siano ravvisabili gli estremi di un comportamento colposo della Banca, pur necessario per la configurazione di una responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c..

4.- Quanto al secondo motivo, è da rilevare, in specie, che comunque la domanda svolta dall’avocato F. in sede di citazione in appello è andata a comportare una vera e propria mutatio libelli e non già una semplice emendatio, posta la misura della differenza che corre tra la specificità dell’allegazione di una lesione di immagine e onorabilità professionale e la ampiezza di quella ricomprensiva dell’intero genere formato dal danno patrimoniale.

5.- Quanto al terzo motivo si deve riscontrare che lo stesso viene in buona sostanza a chiedere un riesame del merito (in punto di effettiva incidenza delle iscrizioni ipotecarie sulla onorabilità e immagine del professionista avvocato). Giudizio che, in quanto tale, non risulta consentito nell’ambito del giudizio di legittimità.

6.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2004, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna F.S. al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 3.400,00 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2017

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