Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8797 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. II, 30/03/2021, (ud. 09/10/2020, dep. 30/03/2021), n.8797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26384/2019 proposto da:

J.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Antonio

Bertoloni 31, presso lo studio dell’avvocato Fabio Pulsoni, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Giorgio Pietramala;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, ope legis domiciliato in Roma, Via Dei

Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2628/2019 della Corte d’appello di Venezia,

depositata il 24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– J.M., cittadino (OMISSIS), ha impugnato per cassazione la sentenza della corte d’appello che ha respinto il di lui gravame avverso il diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria, richiesta in via subordinata;

– assume il ricorrente di essere fuggito dal Bangladesh per il timore di essere ucciso perchè omosessuale; ha precisato di avere manifestato la sua omosessualità sin da bambino e di avere iniziato una relazione stabile all’età di 18 anni; ha aggiunto che nel villaggio in cui abitava dopo aver appreso della relazione si tennero alcune riunioni cui partecipavano i suoi genitori e che, alla fine, egli venne allontanato dal villaggio; inoltre, il cugino voleva ucciderlo per eliminare la causa dell’umiliazione che la famiglia provava per la sua omosessualità ed anche per ereditare i beni di suo padre, nel frattempo defunto; egli ha dichiarato che anche il partner era presente alle riunioni nel villaggio ma che, successivamente, veniva inviato in Malesia dai suoi genitori e che in Italia ha un compagno bengalese che abita a (OMISSIS) e con il quale intrattiene una stabile relazione;

– la corte d’appello ha ritenuto inattendibile il suo racconto e perciò insussistenti i presupposti per la protezione internazionale; la corte ha, altresì, escluso la protezione sussidiaria non ravvisando nel Bangladesh una situazione di violenza indiscriminata connessa a conflitto armato interno di internazionale; ha, infine, escluso la protezione umanitaria per mancata allegazione di un’effettiva ed irreversibile integrazione sociale a fronte della quale il rimpatrio nel paese di origine determini la compromissione del nucleo fondamentale dei diritti della persona;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta sulla base di un unico motivo;

– l’intimato Ministero dell’interno si è costituito ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ai fini dell’eventuale partecipazione alla discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,7 e 8, per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa i punti decisivi della controversia;

– sostiene il ricorrente che la corte avrebbe posto a giustificazione del diniego dello status di rifugiato per la persecuzione subita a causa del suo orientamento sessuale, una contraddittoria lettura delle dichiarazioni da lui rese;

– in particolare, la corte territoriale non avrebbe tenuto conto della giurisprudenza di legittimità e di quella unionale, e avrebbe erroneamente valorizzato la mancanza di riferimenti a persone e a fatti specifici, così come al processo di elaborazione interna e che la corte veneziana ha sostenuto essere stato riferito dal ricorrente come se si trattasse di una mera enunciazione priva di implicazioni personali;

– in altri termini, secondo il ricorrente, la corte territoriale non avrebbe considerato che la credibilità del riferimento fatto dal richiedente alla allegata persecuzione per la condizione di omosessuale non è subordinata alla necessità di fornire dettagli sulle pratiche sessuali, essendo il giudice chiamato a valutare la completezza ed intrinseca logicità e coerenza della vicenda personale dedotta a sostegno della domanda di protezione;

– la denuncia è infondata;

– la valutazione di credibilità delle dichiarazioni con specifico riguardo al paventato rischio di persecuzione in ragione dell’orientamento sessuale del ricorrente è stata svolta dal giudice di secondo grado in conformità alle disposizioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, come costantemente interpretate dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 26921/2017 sulla c.d. procedimentalizzazione e Cass. 16925/2018 sull’imprescindibilità della credibilità soggettiva ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato);

– la corte veneziana ha, altresì, proceduto in conformità con le precisazioni della giurisprudenza della Corte di giustizia UE, fra cui quella espressamente citata in merito alla differente rilevanza degli atti di persecuzione fondati sull’orientamento sessuale di cui alla sentenza 7 novembre 2013 emessa nelle cause riunite C-199/12 e C-201/12 (X,Y e Z. c. Minister voor Imigratie an Asiel) e quella espresso nella sentenza del 25 gennaio 2018, emessa nella causa C-473/2016 in cui, a seguito di rinvio pregiudiziale, ha chiarito che un richiedente asilo non può essere sottoposto a un test psicologico ai fini dell’accertamento del suo orientamento sessuale e che l’effettuazione di un simile test costituisce un’ingerenza sproporzionata nella vita private del richiedente;

– ciò posto, nel caso di specie la corte territoriale ha valorizzato tutti i criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e ha motivato la conclusione di non credibilità evideziando la genericità del racconto, in generale privo di dettagli sul percorso esistenziale vissuto rispetto al contesto familiare e sociale che si descrive come contrastante e persecutorio e, tuttavia, privo di riferimenti a concrete manifestazioni di violenza, condizionamento e segregazione patite dal ricorrente;

– in tal modo la corte ha ritenuto non credibile la vicenda per non avere il richiedente asilo assolto l’onere di circostanziare le sue allegazioni, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), non con i dettagli di carattere sessuale, come supposto in ricorso, ma con riferimenti inerenti all’esperienza personale cui tanto rilievo lo stesso ha attribuito nella scelta di lasciare il Paese di origine e rispetto al quale, invece, la corte ha riscontrato una narrazione priva di risvolti psicologici personali, oltre che di riscontri esterni;

– a fronte di ciò il ricorso non indica quali ulteriori elementi in possesso del richiedente asilo erano stati forniti al giudice del merito al fine di meglio circostanziare la vicenda od eventalmente giustificarne la mancanza;

– nè il documento di cui il ricorrente assume essere entrato in possesso il 2/9/2019, asseritamente contenente certificazione dell’omossesualità, è ammissibile ex art. 372 c.p.c.;

– deve pertanto concludersi per l’infondatezza della censura avente ad oggetto la valutazione di credibilità che per costituire un apprezzamento di fatto non può essere ulteriormente indagata sulla scorta del motivo come formulato (cfr. Cass. 14674/2020; id. 21881/20198);

– l’esito sfavorevole del motivo comporta il rigetto del ricorso;

– nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di effettiva attività difensiva;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

 

 

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