Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8796 del 05/04/2017

Cassazione civile, sez. trib., 05/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.05/04/2017),  n. 8796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21182-2012 proposto da:

FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI FANO in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA L.GO

DEL TEATRO VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FILIPPO

BRACCI, rappresentato e difeso dall’avvocato BRUNO AIUDI con studio

in FANO V.LE KENNEDY 10 (avviso postale ex art. 135) giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI FANO DIREZIONE PROVINCIALE DI PESARO

URBINO in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 55/2012 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 26/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato FIORENTINO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

La Fondazione Cassa di Risparmio di Fano propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 55/1/12 del 26 aprile 2012 con la quale la commissione tributaria regionale delle Marche, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione notificatole dall’agenzia delle entrate per imposta suppletiva di registro sull’atto pubblico denominato “ricognizione di trasferimento di titoli azionari”, registrato il 6 agosto 2009, e relativo a cessione azionaria dalla Aviva Italia Holding spa ad essa Fondazione.

In particolare, la commissione tributaria regionale ha ritenuto che l’atto notarile in oggetto avesse intrinseca natura non già di trasferimento azionario bensì, e conformemente al titolo, ricognitiva e di quietanza di una vendita azionaria precedentemente intercorsa tra le parti. Con la conseguenza che correttamente l’ufficio aveva proceduto alla sua tassazione in misura dello 0,50% sul dichiarato (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, Tariffa Prima parte), in luogo di quella in misura fissa (art. 11 tariffa cit.).

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate. La Fondazione ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. L’istanza di rinvio dell’udienza di discussione per impedimento del difensore di parte ricorrente per ragioni di salute non può trovare accoglimento, non risultando l’impossibilità (neppure allegata dal richiedente) di sostituzione mediante delega conferita ad un collega (Cass. SSUU ord.4773/12).

p. 2. Con i cinque motivi di ricorso, la Fondazione lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione delle norme di riferimento (artt. 2700, 1362 segg., 1326, 1378, 2355 e 2022 cod. civ.; D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 20 e 21), nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Ciò per avere la commissione tributaria regionale attribuito all’atto notarile in oggetto (allegato al ricorso per cassazione, e ricostruito in ricorso nei suoi passaggi essenziali) natura non traslativa di azioni, ma ricognitiva di un trasferimento azionario precedentemente intercorso tra le parti, nonostante che: – (primo motivo) contrariamente a quanto affermato nella sentenza, l’intitolazione apposta dal notaio non fosse assistita da fede privilegiata, suscettibile di essere superata soltanto a mezzo di querela di falso; – (secondo motivo) l’interpretazione dell’atto dovesse procedere, D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 dalla ricostruzione della effettiva intenzione delle parti e non dal titolo formale del medesimo; al quale la commissione tributaria regionale aveva invece erroneamente attribuito efficacia interpretativa dirimente, anche valorizzando la coniugazione, da parte del notaio, del verbo al passato prossimo nell’indicazione dell’atto di trasferimento delle azioni, ed all’indicativo presente nel richiamo alla quietanza; – (terzo motivo) convergenti circostanze di fatto (quali il pagamento del prezzo in pari data dell’atto stesso, ed il rilascio di procura speciale a vendere, da parte della Aviva Italia Holding spa, al comparente per suo conto) deponessero per la natura traslativa dell’atto, perchè direttamente perfezionativo del contratto di cessione azionaria; – (quarto motivo) l’atto in esame richiamasse tipici effetti della cessione azionaria, quali l’annotazione nel libro-soci e la sua decorrenza temporale; ciò, nonostante che la cessione azionaria non richiedesse per legge la forma dell’atto pubblico, potendo perfezionarsi anche mediante semplice girata dei titoli; – (quinto motivo) il ricorso ad un atto notarile al solo scopo di quietanzare un pagamento risultasse eccessivo ed inutile; tanto più che la prova dell’avvenuto pagamento ben poteva essere data a mezzo del bonifico bancario a tal fine disposto, e richiamato nello stesso atto pubblico.

p. 3. Questi motivi di ricorso – tutti incentrati sull’erronea applicazione, da parte del giudice di merito, del criterio di interpretazione dell’atto D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20 – sono infondati.

Va intanto premesso che l’attività di interpretazione del contratto rientra, per regola generale, tra le tipiche prerogative del giudice di merito; così da andare esente da censura di legittimità qualora risulti rispettosa dei criteri legali di ricostruzione, ed assistita da adeguata motivazione logico-giuridica.

Ciò è quanto è dato di riscontrare nella presente fattispecie.

Per quanto concerne l’affermazione del giudice di merito secondo cui l’intestazione dell’atto da parte del notaio sarebbe di per sè vincolante fino a querela di falso “tesa ad inficiare il contenuto dell’atto pubblico” (sent. pag. 4), se ne riscontra in effetti l’erroneità; si tratta infatti, nella specie, non già di una dichiarazione concernente la provenienza del documento dal pubblico ufficiale ovvero altre dichiarazioni o fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 cod. civ.), bensì di una mera intitolazione conseguente ad una valutazione soggettiva degli effetti giuridici dell’atto affidato alla predisposizione del notaio. Sicchè l’aver intitolato l’atto in questione “ricognizione di trasferimento di titoli azionari” certo non ostava – in linea di principio, e senza necessità alcuna di querela di falso – alla confutazione di tale qualificazione giuridica al fine di enucleare la “sostanza” dell’atto in vista del suo assoggettamento al più appropriato regime di tassazione, ex art. 20 cit..

E tuttavia, la riscontrata erroneità di questa ratio decidendi non implica la cassazione della sentenza impugnata, dal momento che quest’ultima si basa altresì su una diversa ratio; autonoma, perchè di per sè in grado di sorreggere la decisione della controversia nel senso della natura prettamente “ricognitiva” dell’atto. Tale ulteriore ragione decisoria va ravvisata nella disamina del contenuto del documento e di tutti gli altri elementi della fattispecie addotti dai contendenti; che la commissione tributaria regionale ha puntualmente svolto per poi addivenire alla medesima conclusione della insussistenza, nell’atto in esame, di qualsivoglia divergenza tra apparenza (intitolazione, ovvero nomen juris) e sostanza (natura intrinseca ed effetti giuridici di tipo ricognitivo).

Ed in effetti, tale divergenza – qui sostenuta non dall’amministrazione finanziaria, ma dalla stessa parte contribuente – trova smentita in tutti gli indici rivelatori della reale portata dell’atto che il giudice di merito, in doppio grado, ha individuato.

Ciò vale, segnatamente, per i seguenti aspetti che la sentenza censurata ha correttamente evidenziato, dapprima nella individualità di ciascuno e, quindi, all’esito di una valutazione complessiva del quadro interpretativo: – la testuale rubricazione dell’atto (proveniente da un soggetto di indiscussa qualificazione tecnico-professionale) in termini di “ricognizione”; qualificazione che non potrebbe, d’altra parte, ritenersi priva di qualsivoglia rilevanza sol perchè di per sè non esaustiva nè dirimente ex art. 20 cit.; – la lettera del contenuto dispositivo dell’atto, facente riferimento alla volontà delle parti di fare “pubblicamente risultare quanto segue” (l’avvenuta cessione), non già di “convenire e stipulare” alcunchè; – l’impiego del tempo verbale passato (passato prossimo) nel rievocare, quale premessa e non fine dell’atto, la cessione azionaria (“la società Aviva Italia Holding ha venduto alla Fondazione Cassa di Risparmio che ha comprato”), in contrasto con l’uso corrente nei contratti di compravendita, ed in contrapposizione all’impiego del tempo presente in relazione all’oggetto specifico dell’atto (“rilascia pertanto quietanza di saldo, con dichiarazione di null’altro pretendere per fatta vendita”); – l’irrilevanza di circostanze fattuali chiaramente esterne agli “effetti giuridici” dell’atto così come da quest’ultimo evincibili, quali le modalità di svolgimento delle trattative di cessione azionaria; il pagamento del prezzo delle azioni poco prima del confezionamento dell’atto (elemento di per sè non essenziale alla individuazione del contratto di compravendita e, comunque, esso stesso deponente per la conclusione del contratto di cessione azionaria prima del pagamento e, per ciò solo, anche prima dell’atto in questione); ovvero il rilascio di una procura speciale da parte della società cedente (di per sè compatibile con la necessaria comparizione del procuratore speciale avanti al notaio per l’atto ricognitivo; ma non escludente la pregressa conclusione del trasferimento azionario indipendentemente da essa, in quanto atto di cessione non richiedente la forma dell’atto pubblico).

La valutazione di sintesi resa dalla commissione tributaria regionale – secondo cui l’atto in questione produrrebbe effetti giuridici non rispondenti al contratto di cessione azionaria, perchè di mera ricognizione di un contratto di compravendita di azioni anteriormente concluso – non può dunque dirsi illogica nè incongruamente motivata.

Tanto più considerato che, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, lo scopo dell’atto non era unicamente limitato a dare quietanza dell’avvenuto pagamento; estendendosi altresì alla pubblica ed ufficiale esternazione del fatto che la cessione azionaria era, tra le parti, precedentemente intercorsa nelle modalità indicate (sebbene nella forma libera consentita dall’ordinamento).

Nè doveva apparire essenziale, ai fini di causa, individuare le ragioni di tale opzione, posto che l’art. 20 cit. non tanto a quest’ultimo elemento, di natura volitiva, si riferisce, quanto ai requisiti della natura intrinseca e degli effetti giuridici dell’atto, così come obiettivamente rilevabili in sede di applicazione di una tipica “imposta d’atto” qual è quella di registro.

Da tutto ciò discende anche la correttezza in diritto della decisione qui censurata, circa l’effettiva debenza dell’imposta suppletiva (0,50% del valore dichiarato) richiesta con l’avviso di liquidazione opposto; ciò in osservanza del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, tariffa prima parte e art. 21, comma 3, D.P.R. cit., vertendosi nella specie di quietanza non rilasciata nello stesso atto contenente le disposizioni negoziali alle quali essa si riferisce.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.000,00; oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2017

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