Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8794 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 30/03/2021), n.8794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8083/2020 proposto da:

G.E.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA LUCIA FRISENDA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, e PREFETTURA DELLA PROVINCIA MILANO;

– intimati –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di MILANO, depositata il

30/01/2020 R.G.N. 57596/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Giudice di pace del Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di G.E.R., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Milano ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2;

2. la statuizione di rigetto è stata fondata sulle seguenti considerazioni: il ricorrente non aveva provato di essere in possesso di un valido titolo di soggiorno e comunque non risultava avere presentato la dichiarazione di presenza di cui alla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 2; il Prefetto aveva adempiuto l’obbligo di motivazione dando atto della circostanza dell’ingresso dell’ E. attraverso la frontiera di (OMISSIS) il (OMISSIS) senza presentare la dichiarazione di presenza; in conseguenza, l’espulsione costituiva un atto dovuto; non risultava alcuna domanda di protezione internazionale avanzata dal ricorrente ma solo una dichiarazione tradotta in lingua italiana con la quale lo stesso aveva dichiarato di essere in Italia perchè aveva un processo aperto per il mantenimento del figlio e perchè aveva bisogno di lavorare senza nulla esprimere sulla eventuale richiesta di protezione internazionale; non era configurabile una violazione della Direttiva 2008/115 CE non essendo censurabile la motivazione con la quale il Prefetto aveva disposto l’accompagnamento immediato alla frontiera a mezzo della forza pubblica avendo il Prefetto evidenziato la sussistenza del pericolo di fuga fondato su circostanze puntualmente riportate nel provvedimento di espulsione;

3. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso G.E.R. sulla base di due motivi; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto assolto l’obbligo di motivazione del provvedimento espulsivo senza tenere conto delle risultanze documentali; richiama in particolare il decreto di non convalida del rimpatrio immediato pronunziato dal Giudice di Pace che aveva preso atto della presentazione della dichiarazione di ospitalità al Commissariato di Polizia;

2. con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 1 e segg., censurando la sentenza impugnata per avere fondato la decisione negativa sulle conclusioni assunte dalla Prefettura e dalla Questura di Milano in ordine alla improcedibilità della domanda di protezione internazionale; lamenta che il Giudice di Pace non aveva valutato la proposizione della domanda di protezione internazionale nonchè delle ulteriori istanze spedite a mezzo posta;

3. il primo motivo di ricorso è inammissibile; la denunzia evocata dal riferimento in rubrica al mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è conforme all’attuale configurazione del vizio di motivazione che esige la individuazione di uno specifico fatto storico-fenomenico che si asserisce omesso, fatto di carattere decisivo, evocato nel rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (ex plurimis Cass. Sez. Un. 8053/2014); nel caso di specie, in disparte ogni profili attinente alla decisività, assume rilievo dirimente la circostanza che parte ricorrente pone a fondamento delle censure articolate una produzione documentale senza provvedere a trascrivere in ricorso il relativo contenuto o a riassumerlo nei suoi esatti termini e senza indicare la sede di produzione nell’ambito del giudizio di merito, come invece imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, a pena di inammissibilità (Cass. n. 29093/2018, n. 195/2016, n. 16900/2015, n. 26174/2014, sez. un. 7161/2010);

4. il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto la denunzia di violazione e falsa applicazione di norme di diritto non è formulata mediante la indicazione oltre che delle norme assuntivamente violate, anche mediante specifiche e intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie, come prescritto (Cass. n. 24298/2016 n. 53535/2007, n. 11501/2006 diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento della lamentata violazione sulla base della sola lettura del ricorso,o mediante la specificazione dell’errore sussuntivo del giudice di merito nel ricondurre la fattispecie per come in concreto accertata a quella regolata dalla norma della quale è denunziata falsa applicazione;

2.3. le censure articolate risultano, in realtà intese a sollecitare direttamente un diverso apprezzamento delle risultanze di causa ed in particolare a contrastare l’accertamento del Giudice di Pace relativo alla mancata presentazione della domanda di protezione internazionale, domanda ritenuta non ravvisabile nella dichiarazione di cui alla lettera presentata al Questore; tale ricostruzione fattuale poteva essere incrinata solo dalla deduzione di omesso esame di un fatto controverso e decisivo, neppure formalmente prospettata dal ricorrente in relazione a tale questione;

3. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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