Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8792 del 10/04/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8792 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE BLASIO Aniello, in proprio e in qualità di amministratore unico della De Blasio Brother’s s.r.1., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale in calce
al ricorso, dagli Avv. Giovanni Romano e Massimo Ferraro, elettivamente domiciliato nello studio del primo in
Roma, via Valadier, n. 43;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

tempore,

rappresentato

e

difeso,

per

pro

legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uff i-

Data pubblicazione: 10/04/2013

ci di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.
12;
– controricorrente e sul ricorso proposto da:

tempore,

pro

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.
12;
– ricorrente contro
DE BLASIO Aniello, in proprio e in qualità di amministratore unico della De Blasio Brother’s s.r.1.;
– intimato –

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MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di
Roma in data 7 ottobre 2011.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza
pubblica del 12 marzo 2013 dal Consigliere relatore

udito l’Avvocato Giovanni Romano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Lucio Capasso, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso principale e per
il rigetto dell’incidentale.

Ritenuto che la Corte d’appello di Roma, con decreto in data 7 ottobre 2011, ha rigettato il ricorso per
equa riparazione proposto, ai sensi della legge 24 marzo
2001, n. 89, da Aniello De Blasio, in proprio e quale
amministratore unico della s.r.l. De Blasio Brother’s,
per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare a
carico della società e di esso De Blasio, iniziata dal
Tribunale di Napoli in data 25 settembre 1991 e conclusasi con decreto di chiusura emesso dal Tribunale di Nola in data 24 luglio 2007;
che la Corte territoriale ha rilevato che la procedura fallimentare è stata particolarmente complessa e
che nessuna inerzia è ascrivibile agli organi del fallimento, attesi: (a) il fatto che la società De Blasio
Brother’s faceva parte di un gruppo avente a capo una

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Dott. Alberto Giusti;

società britannica, detentrice del 99% del capitale sociale della De Blasio, a sua volta fallita; (b) la difficoltà di ricostruire esattamente la situazione dei debitori e dei creditori nell’ambito del gruppo; (c) la

confronti di soggetti stranieri; (d) la particolarità
delle procedure concorsuali della Gran Bretagna; (e) le
cattive condizioni del compendio immobiliare acquisito
all’attivo fallimentare e le difficoltà incontrate per
la gestione e la vendita degli immobili;
che per la cassazione del decreto della Corte di
Roma il De Blasio, in proprio e nella qualità, ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 marzo 2012, sulla
base di tre motivi;
che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato a cinque motivi.
Considerato

che il Collegio ha deliberato

l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con i tre motivi il ricorrente in via principale lamenta violazione e falsa applicazione della legge
n. 89 del 2001 e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, lamentando che la Corte d’appello abbia escluso la
liquidazione dell’equa riparazione, nonostante la proce-

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complessità dei giudizi pendenti, alcuni dei quali nei

dura fallimentare si sia protratta per circa sedici anni;
che la complessiva censura è fondata, nei termini
di seguito precisati;

zione del diritto alla ragionevole durata – si è discostato dal principio secondo cui, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, a norma dell’art. 2, comma secondo,
della legge n. 89 del 2001, la durata delle procedure
fallimentari, secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo, è di
cinque anni nel caso di media complessità e, in ogni caso, per quelle notevolmente complesse – a causa del numero dei creditori, la particolare natura o situazione
giuridica dei beni da liquidare, la proliferazione di
giudizi connessi o la pluralità di procedure concorsuali
interdipendenti – non può superare la durata complessiva
di sette anni (Cass., Sez. VI-1, 28 maggio 2002, n.
8468);
che con il primo motivo del ricorso incidentale
(violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 e 2946
cod. civ., in relazione all’art. 360, primo coma, n. 3,
cod. proc. civ.) si sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto, in accoglimento dell’eccezione sollevata

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che il decreto impugnato – nell’escludere la viola-

dall’Amministrazione, riconoscere l’estinzione del diritto all’equa riparazione per prescrizione decennale o
quinquennale, stante il maturarsi del diritto all’equa
riparazione con il cumularsi di periodi di eccessiva du-

che il secondo mezzo del medesimo ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89
del 2001, nonché degli artt. 2934, 2935, 2941 e 2942
cod. civ.) censura che la previsione del termine decadenziale semestrale sia stata ritenuta dal giudice a

quo

assorbente di ogni termine prescrizionale;
che la questione della prescrizione è sollevata
dalla difesa erariale anche con il terzo (violazione e
falsa applicazione degli artt. 2934 cod. civ. e 2 della
legge n. 89 del 1981) e con il quarto mezzo (violazione
e falsa applicazione degli artt. 11, primo comma, e 12,
secondo comma, delle preleggi), con i quali si deduce
che nella specie l’effetto interruttivo della eccepita
prescrizione estintiva decennale sarebbe da ricollegare
alla data di notifica del ricorso introduttivo di equa
riparazione, sicché ogni questione relativa alla durata
della procedura per il periodo anteriore non avrebbe potuto che essere ritenuta preclusa;

rata nella pendenza del procedimento presupposto;

che i primi quattro motivi del ricorso incidentale i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati;
che, infatti, in tema di equa riparazione per viola-

so, la previsione della sola decadenza dall’azione giudiziale per ottenere l’equo indennizzo a ristoro dei
danni subiti a causa dell’irragionevole durata del
processo, contenuta nell’art. 4 della legge n. 89
del 2001, con riferimento al mancato esercizio di essa
nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato
della decisione che ha definito il procedimento
presupposto, esclude la decorrenza dell’ordinario
termine di prescrizione, in tal senso deponendo non
solo la lettera dell’art. 4 richiamato, norma che ha
evidente natura di legge speciale e che prevede
testualmente che il termine per proporre domanda di
equa riparazione, quando il processo è esaurito, è
termine di decadenza, mentre per proporla in corso di
processo non è previsto alcun termine, ma anche
una lettura dell’art. 2967 cod. civ., coerente con la
rubrica dell’art. 2964 cod. civ., che postula la decorrenza del termine di prescrizione solo allorché
il compimento dell’atto o il riconoscimento del di-

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zione del termine di ragionevole durata del proces-

ritto disponibile abbia impedito il maturarsi della
decadenza (Cass., Sez. Un., 2 ottobre 2012, n. 16783);
che con il quinto mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 75 cod. proc. civ., in relazione

stiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare
il difetto di legittimazione attiva del De Blasio in
proprio, non constando che il fallimento della società
(di capitali) sia stato a lui esteso;
che la censura è inammissibile, perché la Corte
d’appello non ha preso in esame la questione della legittimazione attiva del De Blasio in proprio, avendo escluso il diritto all’equa riparazione per una ragione
ritenuta assorbente, vale a dire l’impossibilità di considerare irragionevole la durata della procedura;
che l’aspetto della legittimazione attiva dovrà essere esaminato dalla Corte del merito, una volta caduta
la ratio che sosteneva il decreto di rigetto, qui cassat o;
che la causa – essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – va rinviata alla Corte d’appello di Roma, che la deciderà in diversa composizione;
che il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

all’art. 360, n. 4. cod. proc. civ.) il Ministero so-

La Corte accoglie il ricorso principale, nei termini di cui in motivazione, e rigetta il ricorso incidentale;

cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, an-

che per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in di-

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 marzo 2013.

versa composizione.

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