Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8791 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 30/03/2021), n.8791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1066/2020 proposto da:

K.O.O.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE CAROTTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VICENZA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 10251/2019 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato

il 27/11/2019 R.G.N. 11217/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PALETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 10251 /2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso di K.O.O.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento di rigetto da parte della competente Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria;

2. dal decreto impugnato emerge che l’odierno ricorrente aveva allegato di essere originario di (OMISSIS), di essere di fede musulmana, di avere lavorato come benzinaio e di essere stato costretto a fuggire dal paese per il timore di essere arrestato e incarcerato per la morte di una bambina che aveva investito mentre, senza patente, si trovava alla guida dell’auto di un amico con il quale aveva deciso di allontanarsi dal Paese;

3. il giudice di merito ha ritenuto credibile il racconto del ricorrente nella parte relativa alla area di provenienza ed alla condizione personale e sociale ma inattendibile quanto alle ragioni dell’allontanamento dal paese di origine in ragione della incongruità e genericità delle dichiarazioni relative all’incidente, dichiarazioni non superate dalla documentazione prodotta a supporto; tenuto conto del racconto del ricorrente vagliato alla luce dei principi di interpretazione elaborati dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria non sussisteva il rischio di atti persecutori; tanto escludeva i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato; attesa la non credibilità del narrato con riferimento alle ragioni dell’allontanamento dal Paese non si configuravano le condizioni per la protezione sussidiaria in relazione alle ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); neppure sussistevano le condizioni per il riconoscimento della ipotesi sub c) dell’art. 14 cit. in quanto le fonti di informazioni più aggiornate, pur dando conto del persistere delle tensioni seguite alle elezioni presidenziali non consentivano di configurare una situazione di conflitto armato interno; in merito alla protezione umanitaria il ricorrente non aveva specificato, nemmeno in via generalissima in che cosa si estrinsechi la propria condizione di vulnerabilità soggettiva nè dato la minima prova del proprio radicamento nel territorio italiano omettendo del tutto di allegare e documentare la propria condizione di vita in Italia; in tale contesto era da escludere che il rimpatrio del ricorrente si traducesse in una violazione di diritti fondamentali;

4. K.O.O.A., ha chiesto la cassazione della decisione sulla base di tre motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 116 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere il giudice di merito violato i canoni legali di interpretazione degli elementi istruttorii e per avere omesso l’esame di un fatto decisivo; contesta la qualificazione di genericità e inattendibilità del racconto effettuato e lamenta il mancato approfondimento dell’attuale situazione del Paese di provenienza; sostiene di avere, assolvendo all’onere a suo carico, documentato la esistenza del mandato di arresto; si duole inoltre della mancata considerazione di fonti relative alla situazione carceraria nel paese di origine ed alla condizione dei detenuti;

2. con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1 e art. 14 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8; censura la decisione per avere ritenuto preclusa dalla inattendibilità del racconto del ricorrente l’esame della richiesta relativa allo status di rifugiato e per avere escluso la protezione sussidiaria ribadendo l’errata valutazione di non credibilità del narrato;

3. con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis; censura la decisione con riferimento alla ritenuta assenza di vulnerabilità per la concessione della protezione umanitaria;

4. il primo motivo di ricorso è infondato;

4.2. è da escludere la denunziata apparenza di motivazione della decisione della quale sono percepibili le ragioni che hanno portato alla valutazione di non credibilità con riferimento alle ragioni dell’allontanamento; in particolare, tale valutazione è argomentata mediante un puntuale ed analitico rinvio ai singoli elementi di implausibilità e di genericità rinvenibili nella dichiarazione del ricorrente e da una precisa evidenziazione degli elementi riferiti al mandato di arresto che ne rendevano oltremodo dubbia la genuinità;

4.3. le ulteriori censure articolate in punto di inosservanza del parametro tratto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, risultano generiche in quanto parte ricorrente si limita a contrapporre una diversa ed a sè più favorevole valutazione delle dichiarazioni del richiedente sotto il profilo della coerenza intrinseca ed estrinseca esprimendo un mero dissenso con le conclusioni del giudice di merito, dissenso inidoneo a dare contezza dell’errore in tesi ascritto al giudice di merito;

5. il secondo motivo di ricorso è da respingere;

5.1. premesso che anche in questo caso non sussiste il vizio di motivazione apparente in quanto il giudice di merito ha esplicitato in maniera percepibile le ragioni alla base del rigetto della domanda di protezione sussidiaria, con riferimento ai relativi presupposti in fatto ed in diritto, chiarendo che quanto alle ipotesi sub a) e sub b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, risultava dirimente la valutazione di non credibilità del narrato mentre quanto alla ipotesi sub. c) le fonti consultate non attestavano una situazione di violenza generalizzata tale da determinare un rischio in caso di rientro del richiedente, si rileva che le censure articolate si limitano anche in questo caso ad esprimere un mero dissenso rispetto alle conclusioni del giudice di merito in punto di non credibilità del narrato; la critica che ascrive al giudice di merito la inadeguata considerazione della situazione del Paese di provenienza è, anch’essa articolata in termini generici, senza confrontarsi con lo accertamento operato sulla base delle fonti consultate, e senza dimostrare l’errore della ricostruzione operata dalla decisione, mediante la trascrizione del contenuto di fonti diverse e più aggiornate;

6. il terzo motivo di ricorso è anch’esso da respingere;

6.1. premesso che anche in questo caso non sussiste il vizio di motivazione apparente in quanto il giudice di merito ha esplicitato in maniera percepibile le ragioni alla base del rigetto della domanda di protezione umanitaria con riferimento ai relativi presupposti in fatto ed in diritto, in particolare evidenziando che il richiedente non aveva specificato neppure in via generalissima in che termini si estrinsecava la propria vulnerabilità soggettiva ulteriormente evidenziando che non era stata data alcuna prova di un effettivo radicamento in Italia, si rileva che le censure articolate non sono idonee ad investire validamente le ragioni alla base del decisum; anche in questo caso le critiche articolate muovono dall’assunto della credibilità del narrato, assunto privo di pregio alla luce di quanto osservato in relazione al primo motivo di ricorso, e si risolvono nella prospettazione di un mero dissenso rispetto alla valutazione del Tribunale, prospettazione intrinsecamente inidonea a inficiare la decisione;

7. non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;

8. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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