Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8788 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 8788 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 1909-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA 190, presso l’ AREA
LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE,
rappresentata e difesa dagli avvocati URSINO ANNA
2015

MARIA e AIAZZI ROBERTA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

292
contro

ROSSI GAETANO C.F. RSSGTN35P02A271Z, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio

Data pubblicazione: 30/04/2015

dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 5257/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 08/01/2010 r.g.n. 577/2007;

udienza del 21/01/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato LAURORA ANNA TERESA per delega
verbale URSINO ANNA MARIA e AIAZZI ROBERTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

1

R.G. n. 1909/11
Ud. 21.1.15
Poste Italiane S.p.A. c. Rossi
Estensore: dott. Antonio Manna

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata 1’8.1.10 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame
presentato da Poste Italiane S.p.A. contro la pronuncia n. 1075/06 del Tribunale capitolino
che l’aveva condannata a pagare in favore di Gaetano Rossi il risarcimento del danno per

l’illegittima risoluzione del rapporto di lavoro, da parte della società, al raggiungimento del
65° anno d’età del lavoratore, nonostante che questi avesse tempestivamente manifestato la
propria opzione di restare in servizio sino al compimento del 67° anno d’età ai sensi
dell’art. 16 d.lgs. n. 503/92.
Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a due motivi.
Gaetano Rossi resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 6, 7
e 8 legge n. 71/94 in relazione all’art. 16 d.lgs. n. 503/92 e degli artt. 1362 e 1363 c.c. in
relazione agli artt. 79 e 81 CCNL del 26.11.94 per avere la gravata pronuncia affermato
l’applicabilità, nel caso di specie, del diritto d’opzione ex art. 16 d.lgs. n. 503/92, diritto che
invece la società assume essere venuto meno a seguito della trasformazione delle Poste da
amministrazione statale in ente pubblico.
Il motivo è infondato, dovendosi dare continuità alla giurisprudenza di questa S.C. in base
alla quale, pur nell’ambito della privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti del
servizio postale, disposta dall’art. 6 del d.l. n. 487/93, convertito con modificazioni dalla
legge n. 71/94, e della stipulazione del primo contratto collettivo, ai rapporti stessi si
applicano le norme di cui all’art. 6 co. 1° legge n. 407/90 e all’art. 16 d.lgs. n. 503/92, in
base alle quali il lavoratore ha il diritto di optare per la permanenza in servizio per un
biennio dalla data del compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Ne consegue, dato il carattere imperativo di tali norme, l’invalidità della disposizione
dell’accordo integrativo del contratto collettivo del 26.11.94, che prevede la risoluzione dei
rapporti al conseguimento della massima anzianità contributiva (cfr. Cass. n. 14331/02;
Cass. n. 9958/2000).
2- Con il secondo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223
e 1225 c.c. per avere la gravata pronuncia condannato la società a risarcire il danno in
misura pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del recesso a quella del
1

2

R.G. n. 1909/11
Ud. 21.1.15
Poste Italiane S.p.A. c. Rossi
Estensore: dott. Antonio Manna

compimento del 67° anno d’età, mentre sarebbero state dovute, al più, solo le retribuzioni
maturate dall’offerta formale della prestazione lavorativa, ossia dalla notifica del ricorso
introduttivo di lite.
Italiane S.p.A. fatto questione di messa in mora, ma solo di eventuale compensatio lucri
cum damno o di aliunde perceptum

è comunque infondato perché la dichiarazione di

voler proseguire il rapporto fino al raggiungimento del 67° anno d’età equivale ad
intimazione nelle forme d’uso a ricevere una prestazione di fare, così come previsto
dall’art. 1217 c.c.
Infatti, la messa in mora accipiendi del datore di lavoro non richiede un atto tipico a
forma vincolata, bensì qualsiasi atto contenente una non equivoca manifestazione della
volontà di rendere la prestazione lavorativa (cfr. Cass. n. 17322/04).
Ed è innegabile che alla richiesta di continuare a lavorare fino al 67° anno d’età avanzata
dal controricorrente prima della risoluzione del rapporto operata da Poste Italiane S.p.A.
(tale circostanza è pacifica inter partes) non possa attribuirsi altro significato se non quello
di offerta della prestazione lavorativa nelle forme d’uso.

3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate
come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità,
liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre
accessori come per legge.
Così deciso in Roma, in data 21.1.2015.

Il motivo — ancor prima che inammissibile in quanto nuovo, non avendo in appello Poste

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