Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8777 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8777 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 2394-2010 proposto da:
MARISA IMMOBILIARE SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo studio
dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, rappresentato e difeso
dall’avvocato ERMANNO CONSORTI giusta delega a
2015

margine;
– ricorrente –

1145

contro
COMUNE DI ASCOLI PICENO in persona del Sindaco in
carica,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA

CRESCENZIO 82, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

Data pubblicazione: 30/04/2015

BASSI, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLA
TOMBESI giusta delega a margine;

controrícorrente

avverso la sentenza n. 109/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 03/12/2008;

udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DEL DUCA delega
Avvocato CONSORTI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato TOMBESI che
si riporta e insiste per il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

2399-10

Svolgimento del processo
Marisa

Immobiliare

s.r.1.,

già

Saelma

s.n.c.,

ricorreva alla commissione tributaria provinciale di
Ascoli Piceno avverso un provvedimento col quale il comune

Ici — rimborso —
diniego—
versamento
indebito —
trasferimento di
somme da un
comune all’altro
— termine
triennale art. 13
d.lgs. 504/92 —
natura
applicabilità

aveva negato di dar corso a una domanda di trasferimento

all’esito di un versamento eseguito a favore di esso
comune anziché del comune di San Benedetto del Tronto,
avente diritto al tributo.
Nel contraddittorio con l’ente locale,

l’adita

commissione accoglieva il ricorso.
La sentenza, appellata dal comune, era riformata
dalla commissione tributaria regionale delle Marche, la
quale riteneva che la domanda, sebbene in formula
implicante il trasferimento di somme da un comune
all’altro, aveva concretato una pretesa di rimborso, e che
la stessa era stata avanzata dopo la decorrenza del
termine triennale di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 504 del
1992.
La società contribuente ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo quattro motivi variamente articolati
al loro interno. Il comune ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato una memoria.
Motivi della decisione
I. – Devesi innanzi tutto disattendere, siccome
manifestamente priva di fondamento, l’eccezione sollevata

di somme percette a titolo di Ici, nell’anno 2001,

dal comune di Ascoli Piceno circa l’inammissibilità del
ricorso per difetto di procura speciale.
La procura risulta rilasciata a margine del ricorso
per cassazione che espressamente è riferito alla sentenza
della commissione tributaria regionale di cui si tratta.
La formula impiegata nel contesto della procura

medesima (“nel presente procedimento avanti alla Corte di
cassazione”) è idonea a conferire il relativo potere al
difensore, dovendosi ritenere univocamente manifestata col
conferimento la corrispondente volontà della parte.
– Il ricorso della società è affidato ai seguenti
mezzi.
Col primo motivo si deduce una questione di
costituzionalità dell’art. 13 del d.lgs. n. 504-92 in
relazione all’art. 3 cost., nell’eventualità di una
interpretazione conforme a quella fornita dalla
commissione tributaria regionale nel caso di specie. Posto
che

vi

era

stato

dall’avente

il

diritto,

pagamento

la

tesi

è

a
che

commissione tributaria il contribuente,
troverebbe

tenuto

impositore
ottenere

e,
il

pagamento

al

dall’altro,
rimborso

di

in

soggetto
a

diverso

seguire

da una parte,
favore

la
si

dell’ente

sarebbe però impossibilitato a
quanto

pagato

indebitamente

al

comune percettore della somma.
Col

secondo

motivo

viene

dedotta

la

violazione

e

falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. e dell’art. 13 del
d.lgs. n. 504-92, nonché dell’art. 167, 1 ° co., c.p.c.;
omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su

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punto essenziale della controversia. La tesi esposta è
che, essendo rimasto incontroverso che la società non
possedeva alcun immobile nel territorio del comune di
Ascoli Piceno, donde quel comune non poteva considerarsi
“ente impositore” dell’Ici, il versamento eseguito dalla
società aveva rappresentato un indebito oggettivo di

diritto comune, ripetibile ai sensi dell’art. 2033 c.c.
nel termine decennale di prescrizione, non potendo trovare
applicazione, invece, l’art. 13 del d.lgs. n. 504-92
dettato specificamente nella materia tributaria.
Il terzo motivo denunzia violazione e falsa
applicazione dell’art. 1713 c.c. e dell’art. 11 del d.lgs.
n. 504-92 in relazione all’art. 10 della 1. n. 212 del
2000; omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione
su punto essenziale della controversia. Assume la società
che l’ente impositore aveva il dovere di controllare i
versamenti indebitamente eseguiti e di restituire le somme
incassate senza giusta causa. Erroneamente quindi la
commissione tributaria aveva sottolineato l’impossibilità
della mandante di verificare il pagamento effettuato
tramite il mandatario concessionario per la riscossione.
Non era stato invero considerato il principio di buona
fede e di correttezza di cui all’art. 10 della 1. n. 212
del 2000, stante l’identità dell’ufficio che aveva
ricevuto il pagamento e dell’ufficio che doveva eseguire
il rimborso.
Infine col quarto motivo la società formula due
censure rubricate come violazione dell’art. 97 cost.,

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della 1. n. 241-90 e dell’art. 10 della 1. n. 212-00,
nonché come omessa, contraddittoria e insufficiente
motivazione su punto essenziale della controversia. La
prima di queste censure costituisce una riedizione della
tesi già esposta nel contesto del primo motivo, giacché la
ricorrente censura la statuizione della commissione

tributaria per non aver considerato, nel riferirsi alla
specificità delle norme dettate in materia, che il
pagamento eseguito a un comune diverso da quello
impositore aveva comporto il venir meno della natura
tributaria del pagamento medesimo, essendosi codesto
tramutato in mero pagamento senza titolo per il fatto di
non avere il comune percettore alcun potere impositivo nei
riguardi della ricorrente. Donde l’art. 13 del d.lgs. n.
504 del 1992 non poteva essere applicato, essendosi
trattato di indebito oggettivo regolato dall’art. 2033
c.c. La seconda, in ipotesi, muove la critica per la quale
il dies a quo del termine decadenziale di cui all’art. 13
si sarebbe dovuto comunque ritenere decorrente dalla data
in cui il contribuente aveva preso cognizione dell’errore
commesso nell’effettuare il versamento, e non, quindi,
dalla data di quello.
III. – Il ricorso, i cui motivi possono essere
unitariamente esaminati perché connessi, è infondato.
Giova al riguardo rammentare che l’interpretazione
della domanda è notoriamente compito riservato in via
esclusiva al giudice del merito (v. tra le moltissime Sez.
3^ n. 18158-12) ed è sindacabile dalla corte di cassazione

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solo ove sia denunziato un vizio motivazionale attinente
alla qualificazione detta ovvero un vizio processuale di
nullità per violazione del principio di necessaria
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
In base all’interpretazione offerta dal giudice del
merito, la società contribuente aveva nella specie

proposto al comune di Ascoli Piceno una domanda di
rimborso dell’Ici indebitamente versata, rimborso da
eseguire mediante trasferimento della somma al comune di
San Benedetto del Tronto.
Poiché una simile interpretazione della domanda non è
stata oggetto di censura, può ritenersi pacifico che la
controversia si era palesata come controversia in materia
di rimborso dell’Ici. E d’altronde il diniego di rimborso
del comune di Ascoli Piceno era stato impugnato dinanzi al
giudice tributario cui spetta giustappunto la
giurisdizione in ordine all’impugnazione del rifiuto
(espresso o tacito) del comune sull’istanza di rimborso
dell’Ici. La controversia relativa al rifiuto di rimborso
dell’Ici, cioè, è devoluta alla giurisdizione delle
commissioni tributarie, ai sensi dell’art. 2, l ° co.,
lett. h, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, salvo il caso in
cui il credito del contribuente sia incontestato per
essere stato formalmente riconosciuto dall’ente
impositore. E, come tante volte affermato da questa corte,
non rileva, in contrario, la motivazione del diniego
(nella specie fondata sull’intervenuta decadenza triennale
ex art. 13 d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504), poiché la

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giurisdizione tributaria è delineata unicamente dalla
natura del rapporto e non dalla natura della problematica
da affrontare per la sua definizione (v. specificamente
Sez. un. n. 12352-04 cui adde Sez. un. n. 14386-07).
IV. – Ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 504 del
1992, applicabile alla materia dei rimborsi dell’Ici
prima della sua abrogazione da parte

ratione temporis,

dell’art. l, 173 ° co., della 1. n. 296 del 2006, “il
contribuente può richiedere al comune al quale è stata
versata l’imposta il rimborso delle somme versate e non
dovute, entro il termine di tre anni dal giorno del
pagamento ovvero da quello in cui è stato definitivamente
accertato il diritto alla restituzione. Sulle somme dovute
al contribuente spettano gli interessi nella misura
indicata nel comma 5 dell’art. 14”.
La norma fissa a tal riguardo un termine che, per
quanto non univocamente considerato dalla giurisprudenza
(Sez. 5^ n. 17952-12 lo chiama di decadenza; Sez. 5^ n.
30715-11 non lo definisce in categoria giuridica
specifica), deve essere ritenuto di prescrizione (conf.
Sez. 5^ n. 20003-11, n. 15440-10, n. 13142-10). Esso ha
natura speciale rispetto a quello previsto dalle regole
civilistiche in tema di prescrizione, essendo dettato in
specifica relazione al credito da rimborso, per esigenze
logico-giuridiche di certezza e di stabilità in ordine
alla fattispecie considerata. Donde il termine decorre
sempre dal giorno del versamento nel caso in cui
quest’ultimo, già al momento in cui risulti eseguito, non

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era dovuto o non lo era nella specifica misura in cui sia
stato effettuato. Ed egualmente decorre dal dì del
versamento nel caso in cui sia risultata inapplicabile la
disposizione di legge in base alla quale lo stesso era
stato fatto, poiché in questi casi l’interesse e la
possibilità di chiedere il rimborso sorge sin dal momento

in cui il versamento è avvenuto (v. espressamente Sez. 5^
n. 20003-11). Trattasi di prescrizione breve rispetto a
quella ordinaria decennale, motivata dall’essere stata dal
legislatore elaborata una regolamentazione ritenuta idonea
ad adeguare la durata del periodo alle esigenze socioeconomiche connesse al rapporto sottostante e alla
funzione del prelievo.
Onde superare

in nuce i contrari rilievi di cui al

primo motivo di parte ricorrente, va precisato che la
corte costituzionale ha già esaminato la questione di
legittimità dell’art. 13 cit. in riferimento agli art. 23,
70 e 76 cost., nella parte in cui la norma speciale limita
il diritto al rimborso di quanto versato e non dovuto a
titolo di Ici ai periodi d’imposta di tre anni dal
pagamento, anziché dell’ultimo decennio; e ha dichiarato
la questione manifestamente inammissibile (v. C. cost. n.
301-06).
La prospettiva dell’incostituzionalità

è

nella

odierna controversia sostenuta, dalla ricorrente, in
relazione all’art. 3 cost. Ma la questione appare
manifestamente infondata, dal momento che il bilanciamento
compiuto dalla norma tra gli opposti interessi – dell’ente

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pubblico al crescente bisogno di stabilità finanziaria e
del contribuente a ottenere il rimborso di quanto
indebitamente versato non appare irrazionale nella
scelta per un sistema derogatorio del termine ordinario di
prescrizione del credito da rimborso. Si rammenta che
l’art. 2946 c.c. è una semplice norma di chiusura, alla

quale è dato ricorrere solo se non sussista, nel sistema,
altra diposizione particolare nel cui ambito ricomporre la
fattispecie. Né il termine prescrizionale breve
(triennale) in effetti prescelto può dirsi lesivo del
diritto di azione del contribuente, al quale è assicurato
pur sempre un lasso di tempo sufficientemente ampio per
proporre la domanda.
V. – Sgombrato dunque il campo dai suddetti profili,
occorre riportare l’indagine sul punto nodale della
controversia. Punto nodale che attiene alla soggezione al
detto regime speciale del diritto di ripetizione
concretamente esercitato dalla società.
Nell’affermare l’inapplicabilità dell’art. 13 alla
fattispecie in esame, a motivo del non essere il
versamento annoverabile tra i pagamenti di natura
tributaria, la società ripropone una tesi sostenuta in
dottrina dal rilievo che il comune percipiente non sarebbe
il soggetto attivo del rapporto tributario, vale a dire
l’ente impositore ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 50492, non essendovi stato alcun collegamento fra il
proprietario degli immobili e l’ente suddetto. In mancanza
del nesso di appartenenza che giustifica la partecipazione

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economica alle spese pubbliche dell’ente locale, e che
fonda costituzionalmente il prelievo tributario ai sensi
degli artt. 2, 3 e 53 cost., le somme oggetto della
pretesa non costituirebbero cioè un “tributo”. Donde,
secondo la ricorrente, alla fattispecie dovrebbe ritenersi
estraneo il riferimento normativo dell’art. 13, in quanto

dettato per il rimborso dell’imposta. Si sarebbe trattato
di un indebito civilistico, come tale ripetibile nel
termine prescrizionale ordinario di dieci anni.
VI. – Questa tesi – che replica, come detto, alcune
considerazioni dottrinal4 di eguale segno – non coglie
affatto la peculiarità del regime normativo, giacché,
confondendo i concetti, non considera che l’art. 13 si
riferisce alla domanda di “rimborso delle somme versate e
non dovute” a titolo di Ici. Dunque di per sé alle somme
solo asseritamente corrispondenti all’imposta dovuta a un
comune particolare per gli immobili che si trovano sul suo
territorio. L’ambito applicativo della norma è difatti
connaturato alla natura indebita del versamento, senza che
rilevino altre condizioni, esattamente come accade in
rapporto ai principi generali in tema di pagamento
dell’indebito che, secondo le previsioni del codice
civile, può essere tanto soggettivo quanto oggettivo. E
non avendo la norma tributaria in esame previsto alcuna
distinzione tra i due tipi di indebito, deve ritenersi che
anche all’indebito soggettivo si applica l’unico termine
di prescrizione triennale all’uopo stabilito per i
rimborsi delle somme pagate a titolo di Ici; con ciò

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potendosi confermare quanto già sostenuto da Sez. 5^ n.
14291-03, cui si è giustamente uniformata la commissione
tributaria.
Può osservarsi che la fattispecie di cui è causa
integrava un indebito soggettivo, non oggettivo come
erroneamente sostenuto dalla ricorrente, giacché le

imposte di cui la società chiedeva la restituzione erano
state pagate, per errore o per qualsivoglia altra ragione,
al comune di Ascoli Piceno senza che le stesse fossero
dovute a quel comune.
Inevitabilmente

quindi

la

contribuente

doveva

chiederne il rimborso nel termine triennale di cui
all’art. 13 del d.lgs. 504-92.
D’altronde,

si

fatica

a

cogliere

l’essenza

dell’avversa tesi, perché, seguendola nei più compiuti
sviluppi, l’art. 13 – a dispetto di quanto emergente dal
testo – verrebbe a essere sostanzialmente inapplicabile.
Difatti, con la stessa logica, non sarebbe ascrivibile a
imposta né il pagamento eseguito a un comune diverso
dall’avente titolo (indebito soggettivo) né il pagamento
erroneamente eseguito per duplicazione, o il pagamento
eseguito in misura superiore al dovuto (indebito
oggettivo), e neppure, a rigore, il pagamento eseguito per
un immobile esente. In tutti i casi di indebito,
soggettivo o oggettivo, è connaturata la mancanza del
presupposto del tributo, nel collegamento tra l’immobile
specificamente considerato (con le sue caratteristiche) e

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l’imposta assolta. E’ l’indebito versamento dell’imposta
che consente di postulare il diritto al rimborso.
In definitiva, un versamento è indebito in quanto
privo del titolo che lo sorregge, in sé o verso lo
specifico creditore. Per cui la previsione dello speciale

associata al connotato specifico del diritto azionato, che
suppone non dovuta l’imposta. Ciò sta a significare che,
in tema di rimborso di somme non dovute e versate per Ici,
ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. n. 504 del 1992, il
contribuente deve chiedere il rimborso al comune al quale
è stata erroneamente versata l’imposta nel termine
prescrizionale di tre anni ivi stabilito, in quanto la
disposizione tributaria opera giustappunto
indiscriminatamente senza distinzioni tra i due tipi di
indebito – oggettivo e soggettivo – conosciuti dal codice
civile.
VII. – Il ricorso è rigettato. La difficoltà della
questione controversa, non caratterizzata da orientamenti

regime del termine di prescrizione va infine comunque

pacificamente attestati, giustifica la compensazione de DEPOSITATO IN CANCELLERR

0

spese processuali.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spes
processuali.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

APR, 20.15
Mar

……….

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