Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8773 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. II, 30/03/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 30/03/2021), n.8773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20520/2016 proposto da:

A.D., A.S., A.R.,

G.C.A.F., A.D., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE VITTORIO VENETO 7, presso lo studio dell’avvocato BRUNO STUDIO

LEGALE, rappresentati e difesi dall’avvocato ALFIO D’URSO;

– ricorrenti –

contro

G.G., G.M.L., G.I.,

G.P., rappresentati e difesi dagli avv.ti GIUSEPPE

ZAMPOGNA, DARIO SEMINARA;

– controricorrenti –

contro

GA.SA., AR.MI., AR.FL., S.G.,

B.L.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 908/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 07/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui in esame può sintetizzarsi, per quel che residua d’utilità, nei termini seguenti:

– la Corte d’appello di Catania dichiarò inammissibile l’impugnazione proposta da A.S. e G.C.A.F., anche nella qualità di esercenti la genitorialità sui figli minori A.R. e D., avverso la sentenza di primo grado, nonchè quella avverso l’ordinanza di correzione di questa, sul presupposto della tardività dell’impugnazione, proposta ben dopo la consumazione del termine di cui all’art. 325 c.p.c. e della non impugnabilità del provvedimento di correzione, privo di autonoma forza decisionale;

ritenuto che A.S., G.C.A.F., A.D. e R. (oramai maggiorenni) ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi e che G.I., M.L., P. e G. resistono con controricorso;

ritenuto che con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione dell’art. 325 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, evidenziando quanto segue:

– la notificazione della sentenza di primo grado effettuata al procuratore della parte ricorrente presso la cancelleria del Giudice di primo grado, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 83 (la causa si era svolta presso il Tribunale di Caltagirone e i procuratori dei convenuti, entrambi del Foro di Catania, avevano eletto domicilio non già a (OMISSIS) bensì a (OMISSIS)) aveva rappresentato solo “un escamotage utilizzato dai procuratori delle parti di notificare solo quest’ultimo atto presso la cancelleria del Tribunale”, a differenza degli atti precedenti, notificati presso il domiciliatario;

– la copia notificata, spedita in forma esecutiva, non era idonea a far decorrere il termine ai sensi dell’art. 325 c.p.c., essendo propedeutica all’intrapresa dell’azione esecutiva;

considerato che la doglianza è manifestamente infondata, a non volerla considerare inammissibile, mancando univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa violazione di norma processuale, in assenza di puntuale evocazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr., Sez. 2, n. 24247/2016):

– quanto al luogo della notifica non occorre soffermarsi poichè i ricorrenti non hanno svolto critica censuratoria apprezzabile, essendosi limitati a esprimere un mero disappunto;

– quanto all’idoneità del titolo notificato va rilevato che la tesi dei ricorrenti si pone in contrasto, senza peraltro addurre apprezzabili argomenti di rimeditazione, con il consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale la notificazione della sentenza munita della formula esecutiva alla parte presso il procuratore costituito, è equivalente alla notificazione al procuratore stesso, prescritta dagli art. 285 e 170 c.p.c., ed è pertanto idonea a far decorrere il termine di sessanta giorni per proporre ricorso per cassazione previsto dall’art. 325 c.p.c., comma 2 (Sez. 3, n. 11216, 8/5/2008, Rv. 603055; conf., ex multis, Cass. nn. 13546/2009, 20193/2009);

ritenuto che con il secondo motivo i ricorrenti deducono “omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e all’art. 159 c.p.c., nonchè violazione o falsa applicazione degli artt. 287 c.p.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che:

– gli odierni ricorrenti avevano rilevato l’irritualità del provvedimento con il quale era stata disposta la comparizione in merito all’istanza di correzione di errore materiale della sentenza del Tribunale, firmato non già dal presidente del collegio, ma dal giudice istruttore, davanti al quale era stata ordinata la comparizione, invece che davanti al collegio;

– il vizio era stato dedotto con l’appello, ma la Corte locale non lo aveva esaminato;

– non si era in presenza di un errore materiale, ma di una vera e propria emendazione della sentenza, essendosi integrata la decisione, sia nella motivazione, che nel dispositivo, dichiarando la nullità “dell’atto di compravendita della farmacia sita in (OMISSIS), stipulato il 6.3.1998 innanzi al notaio B.G. di (OMISSIS) (rep. (OMISSIS))”;

– in definitiva, non si era in presenza di un errore nell’espressione, ma di una omissione di giudizio, non emendabile per quella via, ma solo attraverso l’esercizio dei poteri di cognizione e di valutazione del giudice d’appello;

considerato che il motivo è manifestamente infondato, valendo quanto segue:

– l’art. 288 c.p.c., nel disporre che le sentenze possono essere impugnate relativamente alle parti corrette nel termine ordinario decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione, appresta uno specifico mezzo di impugnazione, che esclude l’impugnabilità per altra via del provvedimento in base al disposto dell’art. 177 c.p.c., comma 3, n. 3, a tenore del quale non sono modificabili nè revocabili le ordinanze per le quali la legge prevede uno speciale mezzo di reclamo; pertanto, il principio di assoluta inimpugnabilità di tale ordinanza, neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., vale anche per quella di rigetto, in quanto il provvedimento comunque reso sull’istanza di correzione di una sentenza all’esito del procedimento regolato dall’art. 288 c.p.c., è sempre privo di natura decisoria, costituendo mera determinazione di natura amministrativa non incidente sui diritti sostanziali e processuali delle parti, poichè funzionale all’eventuale eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo che non può toccare il contenuto concettuale della decisione; per questa ragione resta impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto, solo la sentenza corretta, proprio al fine di verificare se, tramite il surrettizio ricorso al procedimento in esame per incidere, inammissibilmente, su errori di giudizio, sia stato violato il giudicato ormai formatosi (Sez. 2, n. 5733, 27/2/2019, Rv. 652769; conf., Cass. n. 20309/2019);

– i ricorrenti, invece che impugnare la sentenza di primo grado relativamente alle parti corrette, hanno inammissibilmente proposto separato appello avverso l’ordinanza di correzione, siccome riporta la sentenza d’appello, incorrendo, quindi, in evidente inammissibilità dello strumento;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e che le stesse possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte dei ricorrenti, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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