Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8773 del 10/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8773 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 1126-2007 proposto da:
2A-3o
FINIMMON SAY7n persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDRO
52, presso lo studio dell’avvocato RICCIO ENZO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2012
2639

SILIARI

ERSILIA

SLRRSL34H59H501P,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA POMPEO TROGO 21, presso lo
studio dell’avvocato FARAMONDI MARIO, che la
rappresenta e difende;

– controricorrente Il

Data pubblicazione: 10/04/2013

avverso la sentenza n. 4926/2005 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 16/11/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/12/2012 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
l’Avvocato

Roberto

D’AMICO,

con

delega

depositata in udienza dell’Avvocato FARAMONDI Mario,
difensore della resistente che si riporta agli atti e
ne chiede l’accoglimento, ed ha insistito
sull’inammissibilità;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

udito

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ersilia Siliari, premesso di aver acquistato con scrittura privata nel 1975 da
Enrico Orticelli -un appartamento sito in Ostia Lido, e di averlo da allora
posseduto ininterrottamente, conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di

l’usucapione della proprietà dell’immobile.
Respinta in primo grado, la domanda era accolta dalla Corte d’appello di
una, ritenendo provato il godimento ultraventennale dell’immobile, come
riconc sciuto del resto dal giudice di primo grado, che aveva rigettato la
domanda solo perché non erano state prodotte le ricevute attestanti il
pagamento degli oneri condominiali e tributari. Quanto all’animus possidendi
rilevava che l’art. 1141 c.c. pone urla, presunzione relativa di possesso, che
onera della prova contraria colui il quale contesti l’esistenza del possesso,
prova che nella specie la società Pelopia non aveva fornito. Aggiungeva che la
prova testimoniale circa il possesso del bene da parte dell’attrice era altresì
supportata dalla scrittura privata di vendita tra Enrico Orticelli ed Ersilia
Siliari e dalle ricevute di pagamento, prodotte in appello, degli oneri
condominiali.
Pi la cassazione di detta sentenza la Fininunon s.a., già Pelopia s.p.a.,
propole ricorso formulando tre mezzi d’annullamento, cui resiste con
contrcricorso Ersilia Siliari.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente va respinta l’eccezione, sollevata dalla parte
contrc ricorrente, di tardività del ricorso per essere stato proposto decorso il
termine di cui all’art. 325 c.p.c.
3

Roma la Pelopia s.p.a. affinché fosse dichiarata nei confronti di quest’ultima

Tale eccezione è infondata perché la sentenza d’appello risulta essere stata
notificata non al difensore, in base agli artt. 285 e 170 c.p.c., ma
personalmente alla parte, con la conseguenza che il termine c.d. breve
d’impugnazione non è applicabile (giurisprudenza costante di questa Corte:

2. – Del pari infondata, e dunque da respingere, è l’eccezione
d’inammissibilità del ricorso per carenza dei quesiti di diritto previsti dall’art.
366-h’s c.p.c., atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il
16.11.2005, e dunque in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs.
n.40 106 che aveva introdotto il citato articolo.
3.- Col primo, articolato motivo d’impugnazione è dedotta la violazione e
falsa applicazione degli artt.1141, 2697 e 1158 c.c., nonché l’insufficienza e
l’illogicità della motivazione della sentenza su punti decisivi della
contrcversia, nonché l’omessa pronuncia su di un’eccezione formulata dalla
società Pelopia.
So8tiene parte ricorrente che l’interpretazione dell’art.1141 c.c. fornita
dalla Corte territoriale, secondo cui spetterebbe al convenuto provare
l’inesistenza del godimento animo domini da parte dell’attore che agisca per
l’accertamento dell’usucapione, non sarebbe corretta. Al contrario, la prova di
entrambi gli elementi del possesso, corpus e animus, grava sull’attore,
trattandosi di elementi costitutivi della pretesa. Quindi, prosegue parte
ricorrente, dimostrata la componente oggettiva del possesso, se ne può
desun-.ere quella soggettiva solo se l’esercizio del potere corrispondente al
diritto valga a dimostrare anche la volontà di comportarsi quale proprietario
del bene. Solo provati entrambi gli elementi, spetta al convenuto provare che
4

cfr. tra le ultime e per tutte, Cass. n. 1(0 96/10).

l’attore ha iniziato ad esercitare il potere di fatto quale semplice detentore
della res.
3.1. – Il semplice riferimento alla prova testimoniale per fondare la
dimotazione dell’animus possidendi, prosegue parte ricorrente, è illogico ed

valorizzazione delle deposizioni dei testi, i quali in merito ai pagamenti degli
oneri condominiali e fiscali hanno lealmente ammesso di aver appreso la
circostanza dalla_ stessa attrice. Né il Alievo di tali deposizioni, al fine della
prova dell’elemento soggettivo del possesso, può trarsi dal fatto che tutti i
testi abbiano riferito che la Siliari abitava l’appartamento in questione. I testi,
infatti, non hanno riferito di altre specifiche circostanze circa il corpus, da cui
poter desumere che l’attrice si sia comportata quale proprietaria, né la Corte
romana ha chiarito se l’aver abitato l’immobile dimostri anche animus.
Analogamente è a dirsi quanto alla scrittura privata di vendita, che di per sé
non d mostra l’elemento soggettivo del possesso, e quanto alle ricevute degli
oneri condominiali e fiscali, che non coprono l’intero ventennio e che, ad ogni
modo, non rivelano un’indiscussa e piena signoria sulla cosa.
4 – Col seccindo motivo è dedotta la violazione dell’art.112 c.p.c. per
l’omesa pronuncia sull’eccezione d’inammissibilità della produzione in
appello delle predette ricevute, nonché l’omessa motivazione sulla dedotta
violazione dell’art.345, comma 3 c.p.c., in relazione ai nn. 3, 4 e 5 dell’art.360
c.p.c.
5.. Il terzo motivo, infine, denuncia la nullità della sentenza impugnata, in
relazione all’art.360, n.4 c.p.c., per le carenze del procedimento logico
esposto a sostegno della decisione, carenze secondo il ricorrente dimostrate
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apooittico, non essendo sorretto da alcuna motivazione circa la pretesa

dalle censure precedenti, e per l’omesa riproduzione delle conclusioni delle
parti r ell’ epigrafe.
6. El primo motivo è infondato in entrambe le censure in cui si articola,
per le quali vale, nei termini che seguono, un’unica confutazione.

che e3ercita il potere di fatto, quando non si prova che ha cominciato a
esercilarlo semplicemente come detenzione. La relazione tendenzialmente
antinomica fra tale disposizione e l’art. 2697 c.c., che pone a carico dell’attore
la prcva degli elementi costitutivi della domanda, prova che nel caso di
domanda di usucapione riguarda il possesso in entrambe le sue componenti,
oggettiva e soggettiva, è stata risolta dalla giurisprudenza di questa Corte
Supre:na nel senso che chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario
di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli
elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del

corpus, ma anche dell’animus. Quest’ultimo elemento, tuttavia, può
eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato
svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà,
sicché è allora il convenuto a dover dimostrare il contrario, provando che la
disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli
conferiva un diritto di carattere soltanto personale (Cass. nn. 14092/10,
5485/06, 5484/06, 15145/04 e 15755/01).
6.1. – Da tale indirizzo i giudici d’appello non si sono ‘in sostanza
discostati. Non rileva quanto ciò sia avvenuto consapevolmente, dato il potere
corretivo della motivazione in diritto di cui questa Corte dispone ai sensi
dell’art. 384, comma 4 c.p.c. Potere che rende la decisione del ricorso
6

Ai sensi dell’art. 1141, primo comma c.c. si presume il possesso in colui

insensibile all’inesatta affermazione della Corte capitolina, secondo cui l’art.
1141, primo comma c.c. imporrebbe tout court a chi contesta il possesso
l’onere di provare l’inesistenza dell’animus possidendi, essendo coperto
quest’ultimo una presunzione iuris tantum di esistenza ove ricorra

La Corte distrettuale ha ritenuto provato il possesso dell’attrice in virtù dei
seguenti fatti storici, il cui accertamento non è in sé oggetto di censura, poiché
il mo-ivo è incentrato sulle conseguenze che la sentenza d’appello ne ha
ricavato: (i) il godimento continuativo dell’immobile, quale abitazione della
Siliari; (ii) la scrittura di vendita che tale godimento ha originato; e (iii) il
pagamento degli oneri condominiali.
Mentre il primo elemento attiene al corpus, gli altri due esprimono un
intento proprietario tanto originario quanto successivo, e dunque
nell’economia del discorso svolto nella sentenza impugnata valgono ad
illustrare in maniera sufficiente la componente soggettiva del possesso iure

dominii. Ed in tal senso la Corte romana mostra di averli considerati,
avendpne trattato, a proposito della mancata prova dell’inesistenza

dell’ aiimus possidendi, come un quid pluris a favore dell’accoglimento della
domanda.
6.2. – Così ricostruito il senso della decisione impugnata e la sua
conformità al diritto, va aggiunto, a confutazione delle argomentazioni svolte
nel ricorso per intaccare la logicità del percorso motivazionale seguito dalla
Corte capitolina, che la stipulazion,. di un contratto di vendita dimostra
nell’acquirente il proposito di conseguire la proprietà, per cui è del tutto
razionale (al contrario di quanto opina parte ricorrente) che il potere di fatto
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l’elemento del corpus.

che re sia seguito sia stato interpretato come sorretto dal medesimo
eggiamento psicologico. Pari valenza va attribuita al pagamento degli oneri
condominiali, con la precisazione che nell’ambito di una cornice di
riferimento comune alle parti che né contempla né esclude pregressi rapporti

queste sede di legittimità — l’operazione compiuta dalla Corte territoriale, che
ha let:o tale condotta in continuità con l’altro dato rivelatore dell’elemento
soggetivo del possesso. Operazione la cui correttezza dal punto di vista
logico-giuridico non è, pertanto, pregiudicata dal fatto che anche sul
conduttore possano gravare determinati oneri condominiali (art.9 legge n.
392/73).
7. – Anche il secondo motivo è infondato.
Premesso che il vizio di omessa pronuncia può riguardare unicamente le
domande e le eccezioni di merito, non anche quelle di carattere processuale,
va osservato che secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, cui si
ritiene di aderire, il giudizio di indispelisabilità della prova nuova in appello previsto dall’art. 345, terzo comma, c.p.c. con riferimento al rito di cognizione
ordinaria e dall’art. 437, secondo comma, in relazione al processo del lavoro non attiene al merito della decisione, ma al rito, in quanto la relativa questione
rileva ai fini dell’accertamento della preclusione processuale eventualmente
formatasi in ordine all’ammissibilità di una richiesta istruttoria di parte: ne
consegue che, nel caso in cui venga dedotta in sede di legittimità l’erronea
ammissione di una prova documentale non indispensabile da parte del giudice
di ap aello, la Corte di cassazione, chiamata ad accertare un error in

procedendo, è giudice anche del fatto, ed è quindi tenuta a stabilire essa stessa
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attributivi della sola detenzione, non è illogica — e dunque non è sindacabile in

se si trattasse di prova indispensabile (Cass. nn. 14098/09 e 447E/11; contra,
Cass. n. 14133/06).
NeZei specie, le considerazioni innanzi svolte sull’idoneità dei documenti
di pagamento di oneri condominiali a dimostrare l’elemento soggettivo del

della relativa produzione, ai sensi dell’art. 345, 3 0 comma c.p.c.
8. – Il terzo motivo è inammissibile per la totale genericità della censura ivi
enunciata, che non solo non specifica la o le norme processuali che sarebbero
state violate, ma che inoltre si fa exprossis verbis dipendente dalle censure
precedenti, quasi a volerle integrare sotto un altro profilo.
9. – In conclusione il ricorso va respinto.
10. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza della parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in
€ 6.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.
Co ;i deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 19.12.2012.
Il Presidente
dr. Francesco Felicetti
Il Consig

stensore

dr. Felic
‘o Giudiziario
‘a NERI
DEPOSITATO I4

CANCELLERIA

possesso, valgono altresì a valutare in senso affermativo l’indispensabilità

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