Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8770 del 13/04/2010
Cassazione civile sez. II, 13/04/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 13/04/2010), n.8770
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 958/2005 proposto da:
C.I. (OMISSIS), C.E.
(OMISSIS), CA.ER. (OMISSIS),
C.T. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato CARLEO
Roberto, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
D’APRILE GUIDO;
– ricorrenti –
contro
C.G. (OMISSIS), C.F.
(OMISSIS) elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CARLO POMA
4, presso lo studio dell’avvocato BALIVA Marco, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato RAMPINELLI ROTA ANGELO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 837/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 08/10/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
25/02/2010 dal Consigliere Dott. ETTORE BUCCTANTE;
udito l’Avvocato MANCA BITTI Daniela, con delega depositata in
udienza dell’Avvocato CARLEO Roberto, difensore dei ricorrenti che ha
chiesto accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso
con condanna alle spese.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5 luglio 2001 il Tribunale di Brescia – nel provvedere anche su questioni di riduzione di disposizioni testamentarie, che non formano più oggetto della materia del contendere – sciolse la comunione ereditaria sul patrimonio relitto da Ca.Gi., costituito da una cascina rurale con circostante fondo agricolo, tra G., F., I., E., Er. e C.T.: a tutti furono assegnati distinti appezzamenti di terreno e a ognuno dei primi due, titolari di quote maggiori, anche le porzioni in cui fu disposto il frazionamento del fabbricato.
Impugnata da I., E., Er. e C.T., la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia, che con sentenza dell’8 ottobre 2004 ha rigettato il gravame, ritenendo tra l’altro – per quanto ancora rileva in questa sede – che la cascina non era concretamente divisibile in più di due lotti, nè vi era consenso di tutti i condividenti ad attribuzioni congiunte.
I., E., Er. e C.T. hanno proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo, poi illustrato anche con memoria. G. e C.F. si sono costituiti con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il motivo addotto a sostegno del ricorso si deduce che erroneamente e ingiustificatamente la divisione non è stata disposta in conformità con il primo dei progetti formulati dal consulente tecnico di ufficio, con cui era stata prevista la formazione di due lotti, comprendenti ognuno sia una porzione della cascina sia un appezzamento del terreno, lotti da assegnare uno congiuntamente a I., E., Er. e C.T., l’altro pure congiuntamente a G. e C.F.: secondo i ricorrenti è questa la soluzione che avrebbe dovuto essere adottata, per la sua aderenza alla volontà delle parti, la sua coerenza con la regola dell’omogeneità qualitativa delle porzioni, la sua conformità all’intento del de cuius, la mancanza di aggravi per la sua realizzazione.
La censura non è fondata.
Il principio del favor divisionis, sancito dall’art. 1111 c.c., implica che lo scioglimento della comunione deve essere attuato, salvo diversa e unanime volontà dei partecipanti, in modo da escludere il mantenimento della comproprietà, sia pure limitatamente a una parte del compendio e tra alcuni soltanto degli interessati.
Correttamente, quindi, la Corte d’appello, preso atto che la cascina “nella sua conformazione e consistenza non tollera alcun frazionamento compatibile con l’elevato numero di coeredi” e “può essere divisa in non più di due parti” (sul che i ricorrenti stessi concordano), ha ritenuto inaccoglibile la richiesta di I., E., Er. e C.T., che comportava la permanenza di due comunioni, una tra loro stessi e una tra gli altri coeredi di Ca.Gi., i quali non erano a ciò disposti. La formazione di due soli lotti e l’assegnazione di uno di essi congiuntamente a G. e C.F. sarebbero state possibili soltanto se costoro vi avessero consentito. Il criterio della formazione delle porzioni in modo da comprendervi beni di eguale natura e qualità, secondo la prescrizione dell’art. 727 c.c., non era quindi nella specie concretamente applicabile, non essendo il fabbricato frazionabile in singole unità immobiliari corrispondenti alle quote di pertinenza dei vari condividenti, sia pure considerando unitariamente quella spettante a I., E., Er. e C.T.. Ciò stante, è ininfluente che la divisione, come disposta dal giudice di primo grado con la sentenza confermata in appello, comportasse in ipotesi gli inconvenienti prospettati dai ricorrenti: inconvenienti peraltro assiomaticamente affermati, in contrasto con quanto si legge nella sentenza impugnata, secondo cui “la soluzione prescelta dal Tribunale è quella che più si avvicina alla volontà del testatore” e “la necessità di creare accessi indipendenti si può … affrontare senza gravi dispendi”.
Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti in solido – dato il comune loro interesse nella causa – a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010