Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 877 del 17/01/2020

Cassazione civile sez. I, 17/01/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 17/01/2020), n.877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24201-2018 proposto da:

A.E., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE

BRIGANTI giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA n. 8169/2018, depositato

il 26.6.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28.11.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

A.E. propone ricorso, affidato a cinque motivi,per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Ancona aveva respinto il ricorso da lui presentato contro il provvedimento della Commissione territoriale, di diniego della sua richiesta di protezione internazionale, sub specie di riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, o, in subordine, di protezione umanitaria;

il Ministero dell’Interno è rimasto intimato;

il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1.il ricorrente denuncia: 1) con il primo motivo, la nullità del decreto, ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 1 e 13 e artt. 737 e 135 c.p.c., art. 156 c.p.c., comma 2, nonchè art. 111 Cost., comma 6, lamentando la carenza assoluta di motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, avendo il Tribunale ritenuto che i fatti da lui narrati costituissero vicende “di vita privata” senza nulla argomentare circa il contesto istituzionale nigeriano in cui ” è prassi per i creditori insoddisfatti assoldare la polizia per forzare il debitore a estinguere i propri debiti…(che opera)… in tali casi arresi arbitrari e torture”; 2) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 c.p.c., n. 5, di un fatto decisivo oggetto di discussione, avendo il Tribunale trascurato di considerare le “possibili conseguenze delle minacce del creditore alla luce della concreta situazione socio-politico-istituzionale della Nigeria come rinvenibile dalla fonti internazionali e alla luce della prassi dei creditori/malviventi di assoldare la polizia per ottenere forzatamente il pagamento dei debiti tramite arresti arbitrari, torture e altre condotte illegittime”; 3) con il terzo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 9, 10, 13, 27 e 32 e art. 16 direttivan. 2013/32, nonchè 2,3, anche in relazione all’art. 115 c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5,6,7 e 14 e T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2, per avere il Tribunale, in ogni caso, omesso di indagare sulle sue dichiarazioni, nel rispetto del dovere di cooperazione istruttoria, e di disporre la sua audizione del ricorrente per colmare le lacune probatorie; 4) con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis per aver il Tribunale omesso di avvalersi dei suoi poteri istruttori anche ufficiosi, acquisendo informazioni circa il fatto che le autorità nigeriane siano o meno effettivamente in grado di offrire adeguata protezione; 5) con il quinto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 6 e 13 della Convenzione EDU, 47 della Carta dei diritti UE e 46 della Direttiva Europea n. 2013/32, sempre in relazione alla dedotta violazione del dovere di cooperazione istruttoria;

1.2. va accolto il primo motivo, con riguardo al profilo di censura relativo alla motivazione meramente apparente del decreto impugnato;

1.3. il tribunale ha respinto le domande di A. rilevando che “le dichiarazioni del ricorrente in merito alle motivazioni che lo avrebbero costretto a lasciare il proprio Paese, anche laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di carattere socio economico (un debito non pagato), atteso che gli aspetti evidenziati in ricorso integrano personali timori privi di concreti elementi di riscontro e non sussiste una condizione di pericolo direttamente riferibile al ricorrente in relazione alla situazione della zona geografica di provenienza…”.

1.4. sennonchè, poichè il decreto difetta della, quantomeno, concisa esposizione dei fatti allegati a fondamento del diritto preteso (non avendo il giudice minimamente accennato alla vicenda narrata dal ricorrente), detta motivazione si risolve in una formula astratta e stereotipata, valevole per un numero indefinito di casi, che non consente di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione;

1.5. il tribunale, in buona sostanza, pur non escludendo (ed anzi espressamente accertando, in sede di esame della domanda di protezione umanitaria) la credibilità del racconto del ricorrente, ha apoditticamente ritenuto insussistente il pericolo di danno grave da questi concretamente allegato, omettendo di valutarne l’effettiva ricorrenza alla luce del consolidato e condiviso indirizzo di questa Corte secondo cui deve ritenersi necessario l’approfondimento istruttorio officioso allorquando il richiedente descriva una situazione di rischio per la vita o l’incolumità fisica che derivi da sistemi di regole non scritte sub statuali, imposte con la violenza e la sopraffazione verso un genere, un gruppo sociale o religioso o semplicemente verso un soggetto o un gruppo familiare nemico, in presenza di tolleranza, tacita approvazione o incapacità a contenere o fronteggiare il fenomeno da parte delle autorità statuali, e ciò proprio al fine di verificare il grado di diffusione ed impunità dei comportamenti violenti descritti e la risposta delle autorità statuali (cfr. Cass. n. 7333/2015);

1.6. l’affermazione secondo cui “il ricorrente avrebbe dovuto richiedere la protezione del suo Paese e attenderne l’esito”, resa in difetto di un’indagine specifica in ordine all’effettivo contrasto alla violenza privata offerto dalle autorità federali e statali in Nigeria, risulta in conseguenza altrettanto immotivata;

1.8. si è, in conclusione, in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – e, anzi, sovrabbondante, laddove il tribunale si dilunga nella descrizione della normativa che disciplina le varie forme di protezione internazionale o umanitaria – risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio (cfr., per tutte, Cass. n. 9105/2017);

2. l’accoglimento del motivo comporta la cassazione del decreto impugnato, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona in diversa composizione, che, attenendosi al principio enunciato, procederà ad un nuovo esame del merito della controversia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Prima Sezione Civile, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2020

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