Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 877 del 17/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 877 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 8425-2010 proposto da:
GIORLA RAFFAELA GRLRFL62E65C352L, GIORLA TERESA
GRLTRS65L59C352U, PAGNOTTA ROSINA BEATRICE
PGNRNB61D48A1020, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA
OVIDIO 10, presso la dott.ssa ANNA BEI (STUDIO ROSATI),
rappresentate e difese dall’avvocato MANCUSO GAETANO giusta
procura in atti;

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– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA
80185250588, in persona del Ministro in carica, UFFICIO

Data pubblicazione: 17/01/2014

SCOLASTICO REGIONALE PER LA CALABRIA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, MINISTERO DEL LAVORO E
DELLE POLITICHE SOCIALI 80237250586, in persona del
Ministro in carica, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui

COMUNE DI CATANZARO 00129520797, in persona del Sindaco
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FORTIFIOCCA
22, presso lo studio dell’avvocato ELENA IEMBO, rappresentato e
difeso dall’avvocato RICCI TOMMASO giusta procura in atti;

– controricorrenti nonchè contro
ANTONIO DANIELE;

– intimato avverso la sentenza n. 797/2009 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 09/10/2009, R.G.N. 1232/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/10/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
AURELIO GOLIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato nel 1997 Giorla Raffaela, Giorla Teresa
e Pagnotta Rosina Beatrice esponevano che: il 25 gennaio 1994 erano
state ammesse a frequentare il corso di formazione per addetti alle
segreterie scolastiche organizzato dalla Cooperativa Solidarietà 2000 e
gestito da Daniele Antonio; il progetto formativo che, a dire del
Daniele, era stato già approvato dagli organismi competenti e
finanziato da fondi comunitari, prevedeva tre mesi di parte teorica e

sono rappresentati e difesi per legge;

dodici mesi di parte pratica, da espletarsi presso istituti scolastici della
città di Catanzaro; i corsisti avrebbero dovuto ricevere un compenso
mensile pari a L 900.000 e, a fine corso, un attestato di qualifica; per
l’attività formativa teorica i contatti tra il Direttore del corso e i
partecipanti venivano curati da un ufficio messo a disposizione

corso veniva effettuato presso la scuola “B. Chimirri” e in tale sede vi
era stato un accertamento da parte dell’Ispettorato del Lavoro di
Catanzaro; a conclusione dell’attività formativa, le attrici non avevano
ricevuto alcunché; alla richiesta di informazioni seguiva una nota
dell’Assessorato alla Formazione professionale della Regione Calabria
con cui si comunicava che l’iniziativa in parola era formalmente
sconosciuta.
Tanto premesso, le attrici convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale
di Catanzaro, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, il
Ministero della Pubblica Istruzione, il Comune di Catanzaro e Daniele
Antonio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni a titolo di
mancata corresponsione dell’indennizzo per complessive JC 48.600.000
(£ 16.200.000 per ciascuna attrice), oltre interessi e rivalutazione
monetaria, nonché al risarcimento dei danni per il mancato
conseguimento della qualifica.
Ad avviso delle attrici il Daniele era legittimato in proprio al
risarcimento dei danni ex art. 2395 c.c. e il Comune di Catanzaro, il
Provveditorato agli Studi e l’Ispettorato del Lavoro erano
concorsualmente responsabili nella determinazione del’evento dannoso
che avevano causato con negligenza e omissioni anche nell’esercizio
dei poteri di vigilanza e di controllo.
Ad esclusione del Daniele si costituivano i convenuti che impugnavano
la domanda chiedendone il rigetto.
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dall’Assessorato dalla Pubblica Istruzione del Comune Catanzaro, il

Il Tribunale adito, con sentenza dell’i_ 1 luglio 2003, rigettava la
domanda nei confronti del Comune di Catanzaro e del Ministero del
Lavoro per difetto di legittimazione passiva, rigettava la domanda di
risarcimento dei danni per il mancato conseguimento dell’attestato di
qualifica; condannava il Ministero della Pubblica Istruzione e Daniele

attrici, che liquidava in € 8.366,62 in favore di ciascuna di esse, oltre
interessi legali e rivalutazione monetaria, e regolava le spese tra le parti.
Avverso tale decisione il Ministero della Pubblica Istruzione
proponeva appello, cui resistevano Giorla Raffaela, Giorla Teresa e
Pagnotta Rosina Beatrice, ‘che proponevano, a loro volta, appello
incidentale.
Si costituivano in secondo grado anche il Comune di Catanzaro e il
Ministero del Lavoro che chiedevano la conferma della sentenza
impugnata in relazione al rigetto della domanda proposta nei loro
confronti.
La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 9 ottobre 2009,
accoglieva l’appello principale e, per l’effetto, in parziale riforma della
sentenza impugnata, rigettava la domanda nei confronti del Ministero
della Pubblica Istruzione, rigettava l’appello incidentale nei confronti
del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, del Comune di
Catanzaro e di Daniele Antonio, confermava nel resto l’impugnata
sentenza e regolava le spese dei due gradi del giudizio di merito.
Avverso la sentenza della Corte di appello Giorla Raffaela, Giorla
Teresa e Pagnotta Rosina Beatrice hanno proposto ricorso per
cassazione sulla base di tre motivi privi di numerazione.
Hanno resistito con distinti controricorsi, da un canto, il Comune di
Catanzaro e, dall’altro, il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca,

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Antonio, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle

l’Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria e il Ministero del Lavoro
e delle Politiche Sociali..
L’intimato Daniele Antonio non ha svolto attività difensiva in questa
sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

c.p.c. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40 ed abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d) della legge 18 giugno
2009, n. 69 – in considerazione della data di pubblicazione della
sentenza impugnata (9 ottobre 2009).
2. Con il primo motivo le ricorrenti, denunciando “violazione dell’art.
2043 c.c. sotto il profilo dell’erronea interpretazione. Insufficiente e
contraddittoria motivazione su fatti decisivi per il giudizio”, lamentano
che la Corte di merito abbia escluso la responsabilità delle
Amministrazioni resistenti che avrebbero, invece, violato l’art. 97 Cost.
e il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, non
avendo le dette Amministrazioni verificato l’intervenuta approvazione
e regolarità del progetto prima della stipula di un contratto con un
privato per l’utilizzo delle strutture pubbliche. Ad avviso delle
ricorrenti sarebbe peraltro insufficiente la motivazione addotta dalla
Corte di merito secondo cui la missiva dell’Agenzia Partenariat (o
Europartenariat) fosse tale da ingannare qualsiasi funzionario di mera
diligenza.
3. Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano violazione dell’art.
345 c.p.c. per aver la Corte di merito ritenuto la documentazione
esibita dalla Cooperativa Solidarietà 2000 “idonea a trarre in inganno
qualsiasi funzionario di media diligenza”, senza che tale “eccezione”
fosse stata mai formulata dalle Amministrazioni convenute in primo

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1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all’art. 366 bis

grado, sicché doveva ritenersi nuova e a tal proposito deducono la
nullità della sentenza impugnata.
4. Con il terzo articolato motivo le ricorrenti lamentano “violazione
dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 9 D.Lgs. n° 1577/47”, “violazione dell’art.
2043 c.c. sotto il profilo dell’errata interpretazione” nonché

Assumono le ricorrenti che l’Ispettorato del Lavoro non solo aveva
attestato la regolarità dell’iniziativa della Cooperativa all’esito di
indagini asseritamente effettuate ma aveva pure indicato gli atti
comunitari asseritamente autorizzativi del progetto e lamentano che,
nonostante la falsità di tali attestazioni, la Corte di appello abbia
escluso ogni responsabilità del Ministero del Lavoro sostenendo che
l’attività di vigilanza demandata a tale Amministrazione dello Stato
sulla società cooperativa (D.Lgs. 1577/1947) non comporta doveri di
verifica circa l’attività di formazione professionale svolta dalle
cooperative né si estende al controllo sulla legittimità dell’accesso ai
finanziamenti dell’Unione Europea.
Ad avviso delle ricorrenti la circostanza che l’Ispettorato del Lavoro
non avesse funzione di controllo sull’iniziativa della Cooperativa non
implica l’inapplicabilità dell’art. 2043 c.c. e peraltro non sarebbe
sostenibile che il predetto Ministero ignorasse gli atti comunitari
attestanti l’approvazione e il finanziamento di progetto e si lasciasse
“ingannare” dalla nota della Partenariat (o Europartenariat), sicché
anche in relazione a tale profilo risulterebbe evidente la violazione
dell’art. 2043 c.c. e l’insufficienza della motivazione.
5. Va rilevato che i motivi sopra riportati, che per connessione
possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
5.1. In particolare la Corte di merito, con motivazione congrua ed
immune da vizi logici e giuridici, ha escluso la responsabilità delle
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“insufficiente motivazione sui fatti decisivi per il giudizio”.

Amministrazioni attuali controricorrenti, evidenziando

che

dall’istruttoria espletata in primo grado era emerso che la società
Cooperativa Solidarietà 2000 aveva esibito alle dette Amministrazioni
“sia la richiesta di contributo mediante l’elargizione di un
finanziamento CEE in forza dei regolamenti citati nella nota del

(effettivamente esistente) aveva confermato l’ammissione al
finanziamento europeo per oltre 1.615.000 Ecu”. La Corte ha quindi
evidenziato che, secondo l’Avvocatura, la richiamata documentazione
all’esito di un processo penale sarebbe risultata falsa e che, secondo le
attuali ricorrenti, il Daniele avrebbe expost ottenuto il finanziamento ed
ha precisato che entrambe le prospettazioni sono sfornite di prova ma
che in ogni caso deve escludersi la responsabilità delle Amministrazioni
coinvolte nella vicenda. Secondo la Corte di appello, infatti, nel caso di
avvenuta concessione expost del finanziamento, la comunicazione della
sua elargizione contenuta nella missiva derIspettorato del Lavoro non
potrebbe definirsi “falsa”, sicché tutta la vicenda si ridurrebbe
all’inadempimento della cooperativa in ordine al pagamento
dell’indennizzo promesso ai corsisti mentre il comportamento delle
Pubbliche Amministrazioni non sarebbe suscettibile di censura per
aver confidato in buona fede nella bontà di una iniziativa
effettivamente finanziata dall’U.E.; nel caso, invece, di falsità di detta
documentazione – come affermato dal Ministero del Lavoro e dal
Ministero della Pubblica Istruzione -, parimenti non si ravvisano gli
estremi per l’affermazione della responsabilità delle Pubbliche
Amministrazioni in causa ex art. 2043 c.c., apparendo tale
documentazione prima _l’ade idonea a trarre in inganno qualsiasi
funzionario di media diligenza, considerato che l’organizzazione del
corso era rimessa esclusivamente alla società Cooperativa Solidarietà
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Ministero del Lavoro … sia la missiva con la quale l’agenzia Partenariat

2000 e non comportava alcun impegno di spesa per la P.A. per cui
l’onere di verificare la genuinità dei predetti documenti non
comportava anche il dovere di investigare presso la Comunità Europea
l’effettiva elargizione del finanziamento.
Conclusivamente la Corte di merito ha ritenuto di non ravvisare una

lamentato dalle attuali ricorrenti alle Amministrazioni convenute, sia
sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo e tanto anche con
riferimento al Ministero del Lavoro, evidenziando che, tra l’altro, la
vigilanza demandata a tale Ministero (D.lgs. 1577 del 1947) non si
estende al controllo sulla legittimità dell’accesso ai finanziamenti
dell’Unione Europea e che “l’attribuzione alle Regioni delle potestà
normative ed amministrative in ‘materia di formazione professionale”
“concorre ad escludere compiti di vigilanza da parte del Ministero da
ultimo citato sul merito della bontà delle iniziative assunte dalle
cooperative in tale settore”.
5.2. Precisato che le affermazioni della Corte di merito da ultimo
riportate neppure risultano tutte specificamente censurate, va
evidenziato che non sussistono le lamentate violazioni di legge né la
dedotta nullità della sentenza impugnata né, come – già rilevato — i
lamentati vizi motivazionali e che, in sostanza, le ricorrenti, tendono,
con i motivi proposti, inammissibilmente ad un riesame del merito
dell’intera vicenda, non consentito in questa sede. Ed invero con la
proposizione del ricorso per cassazione, parte ricorrente non può
rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme,
l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli
elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente; l’apprezzamento
dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto al sindacato di legittimità, dal
momento che nell’ambito di detto Sindacato, non è conferito il potere
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condotta colposa idonea a giustificare l’imputabilità del danno

di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di
controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica,
l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare
le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le

discussione (Cass., ord., 6 aprile 2011, n. 7921).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Tenuto conto della particolarità delle questioni esaminate, va disposta
l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del
presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema idf Cassazione, il 10 ottobre 2013.

risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in

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