Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8767 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. I, 15/04/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ZUEGG S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE TRE MADONNE 8, presso l’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BELLIGOLI GIANPIERO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO BRONTE DISTRIBUZIONE ALIMENTARE S.R.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 777/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel luglio 1999 il fallimento della Bronte Distribuzione Alimentare s.r.l. (di seguito semplicemente Bronte) convenne davanti al Tribunale di Palermo la Zuegg s.p.a. per sentir revocare, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, pagamenti per complessive L. 24.683.000 effettuati dalla societa’ fallita nell’anno anteriore alla dichiarazione del fallimento.

La convenuta resistette negando la scientia decoctionis e il Tribunale respinse la domanda.

Sul gravame della curatela, la Corte d’appello palermitana riformo’ la sentenza di primo grado e accolse la domanda. Ritenne che la scientia decoctionis fosse ricavabile: da due “atti di diffida” inviati dalla creditrice, che facevano seguito a precedenti solleciti del pagamento; dal decreto ingiuntivo successivamente ottenuto dalla medesima creditrice; dalla risposta alle diffide inviata dalla debitrice, la quale chiedeva ulteriore dilazione giustificando le sue difficolta’ con il mancato pagamento di un proprio credito di L. 413.608.488 nei confronti di altra societa’ – la Bigmars s.r.l. – confiscata con decreto del Tribunale di Palermo e sottoposta ad amministrazione giudiziaria; dalla lettera dell’amministratore giudiziario allegata alla risposta della Bronte, in cui l’autore faceva esplicito riferimento alla difficile situazione finanziaria della societa’ seguita alla confisca e alla conseguente richiesta di immediato pagamento da parte di tutti i creditori. Secondo la Corte la Zuegg aveva, quindi, tutti gli elementi per concludere che l’inadempimento della Bronte – la quale in sostanza confidava, per risollevarsi, nell’incasso di un credito vantato nei confronti di societa’ confiscata e a sua volta assillata dai creditori – fosse manifestazione di un vero e proprio stato di insolvenza e, per recuperare comunque il suo credito, aveva tollerato un pagamento scaglionato nei mesi successivi.

La Zuegg ha quindi proposto ricorso per cassazione per un motivo, cui non ha resistito la curatela intimata. La ricorrente ha anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 con riferimento alla L. Fall., art. 67 e agli artt. 2729 e 2697 c.c.”. Si deduce che la Corte d’appello ha confuso la conoscenza effettiva dello stato di insolvenza del solvens con la mera conoscibilita’ dello stesso, non sufficiente a integrare l’elemento soggettivo della revocatoria fallimentare, e che gli indizi dai quali la Corte ha desunto la scientia decoctionis sono privi dei requisiti della gravita’, precisione e concordanza. Infatti (a) dalla lettera della Bronte non poteva desumersi un vero e proprio stato di insolvenza, essendo la richiesta di dilazione dei pagamenti prassi normale nel mondo del commercio; inoltre (b) la Corte d’appello non aveva considerato che, dopo il decreto ingiuntivo e prima dell’inizio dell’esecuzione coattiva, la debitrice aveva pagato a vista L. 5.000.000 e aveva poi saldato il residuo suo debito rispettando il concordato piano di rientro in cinque mesi, utilizzando, peraltro, anche un assegno e cosi’ dimostrando di godere della “fiducia del mondo bancario”.

2. – Il motivo e’ inammissibile.

Non e’ affatto vero che la Corte d’appello abbia confuso conoscenza effettiva e mera conoscibilita’ dello stato di insolvenza. Vero e’, invece, che essa ha espressamente chiarito – correttamente – di ritenere necessaria, al fine di integrare il requisito soggettivo della revocatoria fallimentare, la prova della prima e non gia’ solo della seconda, ed ha quindi ritenuto che tale prova fosse in concreto desumibile in base agli elementi forniti dal fallimento attore.

Cio’ che in realta’ la ricorrente censura, e’ il ragionamento svolto dai giudici di merito per giungere alla conclusione da essi accolta;

ma le critiche della ricorrente in proposito – quelle, cioe’, attinenti ai requisiti della gravita, precisione e concordanza degli indizi – sono inammissibili anche sotto il profilo del vizio di motivazione.

Esse, infatti, trascurano del tutto un passaggio fondamentale del ragionamento dei giudici d’appello, e cioe’ il riferimento alla lettera dell’amministratore giudiziario della Bigmars s.r.l. che dava atto della crisi finanziaria della societa’ confiscata, incidente su quella della Bronte; inoltre va osservato – con specifico riferimento alla deduzione (b) – che, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non e’ tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (giurisp. costante: cfr., per tutte, Cass. 5748/1995).

3. – Il ricorso va in conclusione respinto. In mancanza di attivita’ difensiva della parte intimata, non vi e’ luogo a provvedere sulle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA