Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8766 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8766 Anno 2015
Presidente: DI BLASI ANTONINO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso 7828-2010 proposto da:
COMUNE DI ISCHIA in persona del Sindaco pro tempore,
domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la
cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’Avvocato PIERPAOLO PELOSI con studio in
NAPOLI CORSO UMBERTO I 217 (avviso postale ex art.
135) giusta delega in calce;
– ricorrente contro
DR MERIDIONALE VENDITE DI G. RICCIO & C. SAS in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA OTTAVIANO 42,

Data pubblicazione: 30/04/2015

BRUNO LO GIUDICE,

presso lo studio dell’avvocato

rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE DI FIORE
giusta delega a margine;

controricorrente –

avverso la sentenza n. 39/2009 della COMM.TRIB.REG. di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. DOMENICO
CHINDEMI;

udito per il controricorrente l’Avvocato DI FIORE che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

NAPOLI, depositata il 29/01/2009;

7828/10
Fatto
Con sentenza n. 39/48/09, depositata il 29.1.2009 la Commissione Tributaria
Regionale della Campania accoglieva il ricorso per revocazione proposto dalla
società D.R. Meridionale Vendite s.a.s. di G. Riccio & C., avverso la sentenza della
CTR della Campania n. 167/47/2007, confermando la sentenza della CTP di Napoli
che aveva dichiarato inefficace la rendita catastale, ai sensi dell’art. 74, comma 1, 1.

342/2000, annullando gli avvisi di accertamento ICI per gli anni 2000-2002 emessi
dal Comune di Ischia, avendo ritenuto che la mancata notifica della rendita
dell’immobile determinasse l’illegittimità degli accertamenti ICI.
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale come la rendita catastale
non fosse stata pubblicata nell’albo pretorio.
Il Comune di Ischia impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
deducendo quale unico motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 395 n. 4
c.p.c., in relazione all’art. 360 .n. 3 c.p.c.,avendo la CTR erroneamente interpretato le
norme sulla revocazione
La società intimata si è costituita con controricorso
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 18.3.2015 , in cui il PG ha
concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, oltre il
termine breve di impugnazione, trovando applicazione, nella fattispecie, il termine
lungo di un anno,oltre 46 giorni per la sospensione del periodo feriale.
La sentenza è stata notificata in data 12.5.2009 al Comune di Ischia, in persona del
sindaco pro-tempore.
In forza della consolidata giurisprudenza di questa Corte la notifica della sentenza
alla controparte personalmente (tale dovendosi ritenere quella effettuata nei confronti
del sindaco del Comune), anziché al procuratore costituito non è idonea a far
decorrere il termine breve per l’impugnazione, ai sensi degli artt. 285 e 170 c.p.c.,
applicabili al processo tributario ai sensi del’art. 1, comma 2, D.lgs 546/92.(cfr ex
multis Cass. 23576/2008)
Deve, quindi, ritenersi non

idonea a far decorrere il termine breve per

l’impugnazione la notifica della sentenza effettuata al Comune, parte in causa, in
persona del sindaco e presso la casa comunale, ove l’organo è domiciliato per la
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carica, in assenza di notifica presso il procuratore costituito.
2. Deve essere rilevata la inammissibilità del ricorso per la inesatta e non corretta
formulazione dei quesiti di diritto con riferimento all’unico motivo di ricorso.
L’onere della formulazione del “quesito di diritto” a conclusione di ciascun motivo
del ricorso per cassazione con il quale si denuncino i vizi di violazione di legge di cui
all’art. 360, col nn. 1-4) c.p.c., nonché l’analogo onere di formulazione del
“momento di sintesi” a conclusione del motivo di ricorso con il quale si denunciano
indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”), sono prescritti a pena di
inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., norma che è stata introdotta dall’art. 6 del
Dlgs 2.2.2006 n. 40 e che trova applicazione ai ricorsi proposti avverso sentenze e
provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2.3.2006 data di entrata in vigore dello
stesso decreto e fino al 4.7.2009, data dalla quale opera la successiva abrogazione
disposta dall’art. 47co l lett. d) Legge 18.6.2009 n. 69).
I quesiti, pur volendo prescindere dalla questione relativa all’ammissibilità dei
quesiti multipli in caso di un unico motivo di ricorso, risultano così formulati:
quesito n. 1: “nel caso di impugnazione di provvedimento di cui all’art. 395, n. 4,
c.p.c. l’errore di fatto idoneo a costituire motivo di revocazione consiste
nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità
risulti invece in modo indiscutibile, esclusa o accertata in base al tenore degli atti e
documenti di causa”.
Quesito n. 2: “Nel caso di impugnazione di provvedimento di cui all’art. 395, n. 4
c.p.c., costituisce errore revocatorio quello compiuto su un fatto che non è stato
oggetto di apprezzamento probatorio e perciò valutato nelle precedenti fasi di
giudizio”.
I predetti quesiti di diritto sono inammissibili in quanto formulati astrattamente e
genericamente senza alcun riferimento alla fattispecie concreta e senza neanche
specificare in cosa consista la dedotta violazione di legge, “mentre la norma impone
la ricorrente di indicare nel quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in
relazione alla concreta fattispecie ” (Corte cass. SU 9.7.2008 n. 18759)
Va, conseguentemente, dichiarato inammissibile il ricorso con condanna del
Comune ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
2

vizi motivazionali della sentenza impugnata ex art. 360co 1 n. 5) c.p.c. (“chiara

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità che liquida in C.2.000 per compensi professionali, oltre
spese forfettarie e accessori di legge

Così deciso in Roma, il 18.3.2015

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