Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8765 del 13/04/2010

Cassazione civile sez. II, 13/04/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 13/04/2010), n.8765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

\ZANTEDESCHI Angelo\ e \ZANTEDESCHI Laura\, rappresentati e difesi

dagli avv.ti SPIAZZI Dante e Mario Monzini ed elett.te dom.ti presso

il secondo in Roma, Viale delle Milizie n. 38;

– ricorrenti –

contro

\ZANTEDESCHI Erik\, \CASTELLANI Pierluigi\, \CASTELLANI Susanna\,

\ZANTEDESCHI Bruna\ e \ZANTEDESCHI Angiolina\, rappresentati e

difesi dall’avv. MORGANTE Mario ed elett.te dom.ti presso lo studio

dell’avv. Barbara Piccini in Roma, circonvallazione Clodia n. 29;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1091/2004,

depositata il 7 luglio 2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12

gennaio 2010 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per i ricorrenti, l’avv. Dante SPIAZZI;

udito per i controricorrenti l’avv. Barbara PICCINI, per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sig.ra \Maria @Tommasi\, unitamente alle figlie \Zantedeschi Bruna\ e \\Angiolina\, convenne davanti al Tribunale di Verona, nel *febbraio 1994*, gli altri due suoi figli, \Zantedeschi Angelo\ e \Laura\ (oltre ai coniugi di essi, le cui posizioni, però, più non rilevano in questa sede). Chiese revocarsi, per indegnità dei due figli convenuti, la donazione della nuda proprietà di un fabbricato da essa effettuata con rogito del *12 dicembre 1988* in favore di tutti e quattro i figli, e di condannarsi i convenuti al pagamento di un’indennità per l’occupazione delle porzioni dell’immobile in cui abitavano.

Il Tribunale dichiarò il difetto di legittimazione attiva di \Zantedeschi Bruna\ e \\Angiolina\, il difetto di legittimazione passiva del coniuge di \Laura @Zantedeschi\, e l’infondatezza delle domande proposte nei confronti degli altri convenuti.

Sul gravame della sig.ra \Tommasi\, nel quale erano subentrati, dopo la morte di lei, sopraggiunta nel corso del giudizio, i nipoti – eredi testamentari – \Erik @Zantedeschi\, \Pierluigi @Castellani\ e \Susanna @Castellani\, nonchè le già menzionate figlie \Bruna\ e \\Angiolina\ quali eredi legittime, la Corte di appello di Venezia, confermato con sentenza parziale del 2 ottobre 2001 il rigetto della domanda di revoca della donazione per ingratitudine, ha poi accolto, con sentenza definitiva del 7 luglio 2004, la domanda di indennità per l’occupazione, determinandola in Euro 18.807,1 quanto all’unità immobiliare occupata da \Laura @Zantedeschi\ ed in Euro 14.343,18 quanto all’unità occupata da \Angelo @Zantedeschi\, oltre interessi legali. In motivazione la Corte ha altresì affermato in particolare (per quanto qui ancora rileva):

– che la rinunzia agli atti del giudizio formulata da \Zantedeschi Laura\ e \Angelo\ quali eredi dell’appellante dopo la morte di lei, e dai medesimi accettata quali appellati, non valeva a determinare l’estinzione del processo, considerato che al momento delle rinunzia la morte dell’appellante non era stata ancora dichiarata in giudizio dal suo procuratore, e che, in ogni caso, una volta ritualmente dichiarato il decesso della parte, tutti i suoi eredi dovevano essere chiamati in causa ed avevano il diritto di intervenire; sicchè l’attività di alcuni soltanto di essi (vale a dire la rinunzia dei figli \Laura\ e \Angelo @Zantedeschi\) non aveva alcuna efficacia;

– che \Laura\ e \\Angiolina @Zantedeschi\, benchè ne fosse stato dichiarato il difetto di legittimazione attiva con la sentenza di primo grado, passata in giudicato sul punto, avevano tuttavia titolo per intervenire in appello nella diversa veste di eredi dell’appellante.

Avverso la sentenza definitiva i sigg. \Zantedeschi Laura\ e \Angelo\ hanno proposto ricorso per cassazione deducendo quattordici motivi di censura. Gli intimati hanno resistito con controricorso. I ricorrenti hanno anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso verranno esaminati seguendone l’ordine logico a preferenza, ove necessario, di quello loro attribuito dai ricorrenti.

2. – Con il quinto motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 331 c.p.c., si deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto di integrazione del contraddittorio in grado di appello nei confronti delle sig.re \Angiolina\ e \Bruna @Zantedeschi\, che erano state parti del giudizio di primo grado in causa inscindibile.

2.1. – Il motivo non può essere accolto.

Con riferimento alla domanda di indennità di occupazione, infatti, \Angiolina\ e \Bruna @Zantedeschi\ non hanno mai avuto alcuna veste in giudizio, nè come attrici, non avendo esse formulato tale domanda (come risulta dall’esame della sentenza di primo grado e dello stesso atto di citazione, qui consentito data la natura processuale della questione in esame), nè come convenute, e con riferimento all’altra domanda con essa cumulata – quella di revoca della donazione per indegnità – è stata esclusa, con la sentenza parziale del 2 ottobre 2001, passata in giudicato, la loro legittimazione ad causam. Non è quindi possibile affermare la loro qualità di parti necessarie del giudizio di appello.

3. – Con il sesto motivo si deduce l’inammissibilità dell’intervento di \Erik @Zantedeschi\, \Pierluigi @Castellani\, \Castellani Susanna\, \Bruna @Zantedeschi\ e \\Angiolina @Zantedeschi\, sotto il profilo che in grado di appello è ammesso soltanto, ai sensi dell’art. 344 c.p.c., l’intervento dei terzi che potrebbero proporre opposizione ai sensi dell’art. 404 c.p.c..

3.1. – Anche questo motivo è infondato, perchè i limiti previsti dall’art. 344 c.p.c., all’intervento di terzi in grado di appello non possono certo riferirsi anche alla prosecuzione del processo ad opera del successore universale della parte defunta, che è contemplata, invece, dall’art. 110 c.p.c., e che, del resto, non potrebbe giammai realizzarsi, in appello, ove si accogliesse la tesi dei ricorrenti.

4. – Con il secondo motivo si censura la mancata declaratoria dell’estinzione del processo a seguito della rinunzia agli atti formulata ed accettata dagli appellati e attuali ricorrenti.

4.1. – Il motivo è manifestamente infondato, perchè l’estinzione del processo sì verifica soltanto a seguito dell’inutile decorso del termine per la riassunzione o la prosecuzione dello stesso, decorrente dalla data dell’interruzione, ossia dalla dichiarazione in giudizio della morte della parte ad opera del suo procuratore:

interruzione, dunque, nella specie mai prodottasi, giacchè – come si legge nella sentenza impugnata – soltanto all’udienza del 24 marzo 2003 il procuratore dell’appellante sig.ra \Tommasi\ dichiarò la morte di quest’ultima, ma a quella data vi era già stata, il 21 marzo 2003, la costituzione in giudizio, quali eredi della parte deceduta, dei sigg. \Erik @Zantedeschi\, \Pierluigi @Castellani\, \Susanna @Castellani\, \Bruna @Zantedeschi\ e \\Zantedeschi Angiolina\.

5. – Con l’ottavo motivo si denuncia violazione del divieto di domande nuove in appello, perchè gli eredi dell’appellante, intervenendo nel giudizio, potevano soltanto fare proprie le conclusioni già rassegnate dell’appellante stessa. Pertanto \Zantedeschi Erik\, \Pierluigi @Castellani\ e \Susanna @Castellani\ non potevano “proporre domande sul presupposto di un testamento di \Tommasi Maria\ che li avrebbe designati eredi, e che concernevano la misura degli importi pecuniari ad essi specificamente spettanti secondo tale testamento”, domande dunque nuove per causa petendi (il testamento) e per petitum (riconoscimento di somme spettanti a ciascuno di loro); nè, conseguentemente, \Zantedeschi Bruna\ e \\Angiolina\ potevano concludere per l’accoglimento delle domande proposte dai predetti.

5.1. – Il motivo è infondato. La deduzione del titolo della successione (nella specie il testamento) in forza del quale l’erede prosegue il giudizio in luogo della parte defunta non è certamente preclusa, anche se va ad integrare la causa petendi per quanto riguarda l’interveniente in prosecuzione, perchè diversamente sarebbe preclusa la stessa prosecuzione del giudizio. La limitazione, poi, della domanda di pagamento con il riferimento alla quota spettante a ciascuno dei coeredi non è che una mera emendatio libelli necessitata dalla vicenda successoria sopravvenuta.

6. – Con il nono motivo si lamenta che la Corte di appello abbia ammesso l’intervento di \Bruna\ e \\Angiolina @Zantedeschi\ quali eredi della madre, nonostante il giudicato già formatosi sul loro difetto di legittimazione attiva, dichiarato dal Tribunale con sentenza non impugnata sul punto.

6.1. – Il motivo è infondato. Correttamente, infatti, i giudici di secondo grado hanno distinto fra il titolo originario della partecipazione al giudizio delle predette figlie della sig.ra \Tommasi\ e il titolo -la successione – in forza del quale erano intervenute per proseguire il giudizio in luogo della madre: soltanto al primo, infatti, si riferiva il giudicato interno derivante dalla sentenza di primo grado, non certo al secondo titolo, che non era stato nè avrebbe potuto essere preso in considerazione da quella sentenza.

7. – L’undicesimo e il dodicesimo motivo vanno e-saminati assieme, in quanto connessi. I ricorrenti, denunciando il vizio di omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., lamentano che il dispositivo della sentenza impugnata non rechi l’espressa declaratoria – da essi richiesta – di inammissibilità delle conclusioni rassegnate in appello da \Bruna\ e \\Angiolina @Zantedeschi\ (undicesimo motivo) ed \Erik @Zantedeschi\, \Pierluigi @Castellani\ e \Castellani Sussanna\ (dodicesimo motivo) con riferimento alla domanda di revoca della donazione, precluse dalla decisione adottata in proposito con la sentenza parziale.

7.1. – I motivi sono inammissibili per difetto di interesse, giacchè la sentenza impugnata comunque non contiene statuizioni nel merito della domanda preclusa, sulla quale, dunque, è rimasto inalterato l’esito totalmente favorevole ai ricorrenti prodottosi per effetto della sentenza parziale.

8. – Con il quattordicesimo motivo, denunciando violazione di norme di diritto, si lamenta che la Corte di appello abbia accolto la domanda di condanna degli attuali ricorrenti al “pagamento dell’usufrutto, equivalente ad un canone locativo” (come testualmente si legge nella sentenza impugnata) laddove, invece, nessuna norma impone al nudo proprietario il pagamento di alcunchè in favore dell’usufruttuario, salvo l’esistenza di uno specifico titolo quale, ad esempio, la locazione, nella specie insussistente, e considerato, altresì, che la sig.ra \Tommasi\ non aveva mai avuto nè richiesto il possesso dell’immobile che le avrebbe consentito di stipulare contratti onerosi con terzi e, dunque, di pretenderne il corrispettivo (canoni) a titolo di frutti civili.

8.1. – Il motivo è fondato, nei sensi che seguono.

Effettivamente la sentenza impugnata riconosce in favore dell’attrice, e dunque dei suoi eredi, l’importo di un’indennità per l’occupazione dell’immobile, parametrata all’ammontare dei possibili canoni locativi, senza precisarne il titolo se non in termini di “pagamento dell’usufrutto”: espressione, questa, priva di comprensibile significato giuridico, considerato che l’usufrutto è un diritto reale che non comporta di per sè il pagamento, da parte del nudo proprietario e in favore del titolare, di alcuna indennità.

Resta salva, ovviamente, la sussistenza di titoli diversi ed ulteriori (quali, ad esempio, la locazione o il possesso di mala fede), ma di siffatti titoli non vi è alcuna menzione nella sentenza impugnata.

9. – L’accoglimento del motivo appena esaminato assorbe i restanti motivi di ricorso, i quali affrontano profili della causa che presuppongono la soluzione positiva – che potrà eventualmente scaturire solo dal giudizio di rinvio – della questione della sussistenza di un titolo giuridico (diverso da quello ritenuto nella sentenza impugnata) della pretesa attorea. Si tratta dei motivi primo (con cui si deduce la nullità della consulenza tecnica di ufficio che ha determinato il valore locativo degli immobili), terzo (sempre relativo al valore locativo dell’immobile), quarto (relativo alla determinazione, per altri versi, dell’indennità di occupazione), settimo (sull’onere della prova del titolo dell’obbligazione) e decimo (sull’ammissibilità della domanda di pagamento dell’indennità per il periodo successivo alla sentenza di primo grado).

10. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: l’usufrutto non comporta, di per sè, il pagamento di alcuna indennità in favore del titolare da parte del nudo proprietario.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quattordicesimo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il primo, il terzo, il quarto, il settimo e il decimo;

rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010

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