Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8764 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. II, 30/03/2021, (ud. 01/10/2020, dep. 30/03/2021), n.8764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14615/2019 proposto da:

D.N.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI

180, presso lo studio dell’avvocato MARIO SANINO, che lo rappresenta

e difende unitamente agli avvocati GAETANO CRISAFI, CARLO CELANI;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTI RIUNITI DI VICENZA E BASSANO DEL GRAPPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELEONORA DUSE, 35, presso lo

studio dell’avvocato ENRICO MEZZETTI, rappresentato e difeso dagli

avvocati LORENA PUCCETTI, ENRICO MARIO AMBROSETTI;

– controricorrente –

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE CASSAZIONE;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il

07/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/10/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine per il rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Sanino, e Crisafi, per il ricorrente e l’avv.

Ambrosetti per il controricorrente.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La Commissione amministrativa regionale di disciplina per il Triveneto, con decisione del 20 ottobre 2007, applicava nei confronti del notaio D.N.T. la sanzione della sospensione di mesi tre. Lo riteneva responsabile della violazione dell’art. 147, lett. c), L.N. La Corte d’appello di Venezia, sul reclamo proposto dal notaio, ha ritenuto sussistente la violazione, seppure escludendo la concorrente violazione di alcune norme deontologiche inizialmente prospettata dal Consiglio e poi ritenuta assorbita dalla Commissione.

In ragione di tale esclusione la corte d’appello ha ridotto la sospensione di giorni 15, negando la concessione delle attenuanti generiche, a causa di un precedente disciplinare per la violazione della Legge Notarile, art. 28 e per la gravità del fatto commesso. Propone ricorso per cassazione il notaio sulla base di due motivi. Resiste con controricorso il Consiglio notarile.

Il ricorrente deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo il ricorrente, nel censurare la decisione della corte d’appello in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, rimprovera al giudice di merito di avere considerato C.R., con la quale il notaio aveva concluso un contratto di service, alla stregua di un procacciatore di affari. La corte di merito è giunta a tale errata conclusione esclusivamente in considerazione della entità del corrispettivo pattuito, senza considerare la natura, la struttura del contratto e il complesso delle prestazioni a carico della C.. Nel fare ciò essa ha disatteso la perizia di parte, senza dar conto delle ragioni che l’avevano indotta a ritenerla non attendibile e senza considerare i molteplici aspetti che rendevano parziale e incompleta la perizia dell’esperto nominato dal Consiglio, che era a sua volta frutto di una valutazione non adeguata della particolare natura del contratto intercorso con la C.. Si rimprovera ancora alla corte d’appello di avere ritenuto sussistente la violazione in assenza di un riscontro oggettivo della fattispecie. Non era stata acquisita la dichiarazione di alcun cliente del notaio che avesse riferito di essere stato procacciato dalla C..

Il motivo è inammissibile.

La corte d’appello ha considerato le prestazioni previste in favore del notaio in base al contratto concluso con la C.. Ciò posto, sulla base della perizia fatta eseguire dal Consiglio, ha ritenuto che il corrispettivo a carico del notaio non fosse congruo. Nel compiere tale valutazione, essa ha tenuto conto delle critiche mosse dal notaio, fondate sulla natura e complessità del contratto, riconoscendo che le stesse non scalfivano la correttezza della verifica proposta dall’esperto nominato dal Consiglio; e tanto ha fatto non in termini perentori e apodittici, ma sulla base di una analisi di singoli costi. Con particolare riferimento ai costi delle impiegate, la corte d’appello ha ritenuto che la sproporzione sussistesse pure a volere considerare la maggiore ampiezza delle prestazioni che sarebbero state svolte in favore del notaio. La corte di merito ha ancora proseguito l’analisi, ponendo in luce che la modalità di determinazione del corrispettivo a carico del notaio, fisso e non a percentuale (invocata dal D.N. quale elemento in contraddizione con il procacciamento di affari), era del tutto irrilevante e nient’affatto in contraddizione con la reale natura del rapporto, che le parti intendevano naturalmente tenere nascosta. In aggiunta a quanto sopra, ha posto l’accento sulla clausola contrattuale che prevedeva una presenza minima del notaio, ritenendola non coerente con un mero contratto di service e invece “in linea con l’attività di procacciamento di affari da parte della C.: ai clienti procacciati da quest’ultima doveva essere garantita la possibilità di stipulare nell’ufficio di Vicenza e secondo i tempi programmati, ciò che non poteva essere assicurato se non attraverso un vincolo temporale di presenza del notaio nel ridetto ufficio” (pag. 9 della sentenza).

La corte distrettuale ha ancora considerato l’incremento del lavoro registrato dal notaio nel periodo, dandosi carico di confutare le obiezioni dello stesso notaio fondate sul suo legame con il territorio vicentino; e ha ancora confutato i rilievi dell’incolpato sulla linea di continuità dell’aumento del lavoro nel periodo successivo all’interruzione del rapporto con la C..

In ordine alla ulteriore censura mossa dal ricorrente (l’essersi la corte d’appello contentata degli elementi ricavabili dal contratto, senza pretendere che vi fosse conferma da parte di almeno un cliente procacciato), si deve ricordare che nel giudizio civile non esiste gerarchia dei mezzi di prova. Il giudice può fondare la decisione anche su prove atipiche, purchè dia conto, come ha fatto nel caso di specie la corte veneta, della valutazione compiuta (cfr. Cass. n. 25162/2020; n. 5965/2004). Non è neanche vero che la corte di merito si è fermata alla sola considerazione del corrispettivo contrattuale. Essa, infatti, ha considerato il corrispettivo non isolatamente, ma, come si è visto, in connessione con altre previsioni contrattuali e in relazione all’evoluzione del repertorio del notaio.

In riferimento alla complessiva ricostruzione operata dal giudice di merito, il ricorrente notaio, al di là della complessa rubrica del motivo, non censura nè una violazione di legge, nè un omesso esame di uno o più fatti decisivi, primari o secondari, ma denuncia la ricostruzione per sè stessa, proponendo inammissibilmente in cassazione una diversa e alternativa lettura degli stessi elementi.

Si deve ancora aggiungere che le considerazioni proposte dalla corte d’appello a sostegno della decisione, oltre a non rilevare errori giuridici nella ricognizione della fattispecie normativa, sono del tutto immuni da vizi logici e sono perfettamente idonee a rendere percepibili le ragioni del decisum.

Esse sono perciò incensurabili in questa sede.

Ai fini della comprensione del secondo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, occorre premettere che la Commissione ha ritenuto assorbita la violazione di cui agli artt. 1, 36 e 37 del codice deontologico, prospettata all’avvio del procedimento disciplinare, contestando infine la sola violazione dell’art. 147, lett. c) della Legge Notarile. La corte d’appello, pur riconoscendo l’assorbimento, ha ugualmente esaminato le fattispecie deontologiche, perchè ha ritenuto che la Commissione ne avesse tenuto conto ai fini della determinazione della sanzione. In esito a tale esame ha escluso che ricorresse la violazione degli artt. 36 e 37. In considerazione di ciò ha ridotto la sanzione della sospensione di giorni quindici.

A tale contenuto della decisione il ricorrente, con il motivo in esame, nuove la seguente obiezione: se le fattispecie deontologiche erano state ritenute assorbite, perchè prive di autonomia, esse non dovevano essere neanche sanzionate, mentre la Commissione ne aveva tenuto conto nella determinazione della sanzione. Ma allora non si comprende la ragione per cui la corte d’appello, pur escludendo alcune violazioni, ha poi operato una riduzione così modesta. La motivazione fornita al riguardo finisce per essere illogica, apparente e contraddittoria.

Il motivo è inammissibile. Ex art. 147, comma 1, Legge Notarile “E punito con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una delle seguenti condotte (…)”.

La corte d’appello ha ritenuto congrua, in rapporto alla gravità del fatto, una sanzione inferiore rispetto a quella applicata dalla Commissione.

In questo senso è chiaro che la censura, caratterizzandosi quale espressione di un puro dissenso sul peso che la corte di merito ha riconosciuto alle violazioni deontologiche inizialmente ipotizzate a carico del notaio e poi ritenute assorbite nella sola violazione oggetto di contestazione (quella di cui all’art. 147, comma 1, lett. c), della Legge Notarile), attinge un contenuto della decisione incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 10670/1996).

Identica sorte deve assegnarsi alla ulteriore censura mossa con il motivo in esame, riguardante la mancata concessione delle attenuanti generiche. La corte d’appello ha valorizzato, in senso ostativo, un precedente disciplinare del notaio e la gravità del fatto. Trattandosi di valutazioni discrezionali rimesse al giudice di merito, il quale ha indicato ragioni ostative in conformità a parametri in linea di principio coerenti e nient’affatto illogici, essa è conseguentemente incensurabile in questa sede.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con addebito di spese. Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 1 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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