Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8763 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. I, 11/05/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 11/05/2020), n.8763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11326/2019 proposto da:

S.M.P., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche Via

Fermi 3, presso lo studio dell’Avv.to Giuseppe Lufrano che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in Roma Via dei

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo

rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2932/2019 emesso dal Tribunale di Ancona;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/2/2020 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona con decreto in data 6/3/2019, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da S.M.P. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese in quanto temeva per la propria incolumità a causa della situazione politica esistente estremamente violenta e del pericolo di trasmissione del virus ebola, stante anche le condizioni di estrema povertà.

Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso contenente molteplici censure il ricorrente denuncia:

1) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ed D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito mediante ricerche specifiche sui siti accreditati la situazione attuale ed aggiornata del paese e l’esistenza del pericolo di danno grave alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale che giustificava il riconoscimento della protezione sussidiaria.

2) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva ravvisato i presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non aveva approfondito l’analisi della situazione personale del ricorrente e negato la situazione di vulnerabilità, ritenendolo non credibile con motivazione meramente apparente, nonostante il circostanziato racconto reso, venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria.

Il ricorso è inammissibile in ordine a tutti i motivi proposti, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente avvinti.

I motivi di ricorso contengono tutta una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento.

Il provvedimento impugnato ritiene poco credibile, incoerente e priva di riscontro la versione dei fatti proprio alla luce delle dichiarazioni rese. Si tratta di un accertamento di fatto che non può essere in questa sede messo in discussione se non denunciando, ove ne ricorrano i presupposti, il vizio di omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, mentre, nella specie, la censura piuttosto che indicare il fatto oggetto di discussione il cui esame è stato omesso, si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In riferimento alla protezione sussidiaria occorre considerare che la riferibilità soggettiva e individuale del rischio di subire persecuzioni o danni gravi rappresenta un elemento costitutivo della protezione sussidiaria dell’art. 14, ex lett. a) e b), escluso il quale dal punto di vista dell’attendibilità soggettiva, non può riconoscersi il relativo status (cfr. Cass. n. 16925 del 2018). Tra l’altro le dichiarazioni che siano intrinsecamente inattendibili, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non richiedono alcun approfondimento istruttorio officioso, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 871 del 2017)”.

In relazione poi al caso della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nella specie, il giudice del merito ha tuttavia escluso, dopo aver dato atto della consultazione dei siti online maggiormente accreditati nel rispetto del disposto di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (vedi Cass. n. 11101 del 2019), che nella regione da cui proviene il richiedente, sussista una situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Tale accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5. Invece la censura non indica il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso e che avrebbe condotto ad una decisione differente, ma richiama fonti diverse rispetto a quelle tenute in considerazione dai giudici d’appello, in altri termini, la censura è diretta a sollecitare un’impropria rivisitazione di merito circa i paventati rischi in caso di rientro nel paese di origine”.

In ordine alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – incombe sul giudice il dovere di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine.

Nella specie, il Tribunale non ha violato il suddetto principio nè è venuta meno al dovere di cooperazione istruttoria, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino un’esposizione seria alla lesione dei diritti fondamentali alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13, convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass. 19/2/2019 n. 4890 e Cass. S.U. 2019/29460).

Per quanto riguarda il virus dell’ebola il giudice di merito ha ritenuto con accertamento di fatto che la World Health Organisation ha dichiarato la Guinea libera dal virus dell’ebola già a dicembre 2015.

Quanto infine al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero è appena il caso di osservare che esso non integra da solo motivo idoneo al riconoscimento del diritto dello straniero alla protezione internazionale. A tal riguardo questa Corte con sentenza Sez. 1 – n. 4455 del 23/02/2018 (e successivamente Cass. S.U. 2019/29460) ha precisato che “In materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza”. A tal riguardo il motivo appare inammissibile anche alla luce della valutazione comparativa espressa dal giudice di merito con esaustiva indagine circa le condizioni descritte dello straniero con riguardo al suo paese di origine ed all’integrazione in Italia acquisita, valutazione in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità. Infine deve darsi atto che ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R., sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente che si liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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