Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 876 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 17/01/2011), n.876

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2157-2010 proposto da:

B.B. (OMISSIS), P.I.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA E. Q.

VISCONTI 99, presso lo studio degli avvocati CONTE ILARIA e CONTE

ERNESTO, che li rappresentano e difendono, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA AURELIA 190, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTA

TESTA, rappresentata e difesa dall’avvocato CICCARESE ANTONIO, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3549/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

19.2.09, depositata il 22/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Ernesto Conte che si riporta agli

scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il consigliere designato per l’esame preliminare depositava la relazione ex art. 380 bis c.p.c., in data 8.7.10, che di seguito si trascrive.

“Il relatore, letti gli atti relativi al ricorso di cui sopra, PREMESSO:

che l’impugnazione ha per oggetto una sentenza che, respingendo l’appello dei convenuti, ha confermato la condanna degli stessi al risarcimento dei danni, cagionati al fondo dell’attore, avendo eliminato un canale di scolo, da anni esistente lungo il confine con quello sovrastante degli odierni ricorrenti, sì da provocare, in occasione di un forte temporale, la rovina di un muro di recinzione e l’allagamento del giardino e del fabbricato sottostanti.

OSSERVA:

il ricorso, affidato a quattro e motivi d’impugnazione, va disatteso, quanto al primo, secondo e quarto mezzo, per manifesta infondatezza, mentre va accolto, per manifesta fondatezza, quanto al terzo motivo, sulla scorta delle seguenti rispettive considerazioni:

a) le doglianze esposte nel primo (violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 913 c.c.) e secondo motivo (violazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. ed insufficiente motivazione), strettamente connesse, secondo cui i giudici di merito non avrebbero tenuto conto della situazione di dislivello naturale dei fondi, in considerazione della quale quello inferiore sarebbe stato soggetto al naturale scorrimento delle acque, la cui alterazione, dovuta all’erezione del muro a confine da parte dell’attore, unitamente all’insufficienza dello stesso, avrebbe costituito l’unica causa dei danni si risolvono in palesi censure in fatto, avverso l’accertamento compiuto dai giudici di merito, adeguatamente motivato sulla scorta delle risultanze tecniche e testimoniali; da queste era infatti emerso che il deflusso delle acque al confine tra i due fondi avveniva attraverso un canale di scolo che, assecondando la naturale pendenza dei luoghi, ne rendeva possibile l’ordinato scorrimento a valle, la cui eliminazione mediante riempimento, da parte del B., diede luogo al dissesto; corretta, pertanto, deve ritenersi l’applicazione nella specie data dai giudici di merito all’art. 913 c.c., in una fattispecie nella quale l’opera di canalizzazione, come incensurabilmente accertato, senza incidere apprezzabilmente sul naturale deflusso delle acque, lo aveva soltanto agevolato (al riguardo v. Cass. 7895/94, 13301/02), mentre la sottostante recinzione in muratura, tenuto conto della presenza di quel sovrastante canale, esistente da epoca remota e sufficiente a consentire l’ordinato deflusso delle acque, non poteva costituire di per sè un ostacolo a queste ultime; conseguentemente corrette ed incensurabili ne risultano le conseguenze tratte ai fini della sussistenza della responsabilità risarcitoria;

b) il quarto motivo, deducente violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omessa motivazione, in ordine al motivo di appello con il quale era stata dedotta e documentata l’appartenenza del fondo superiore alla sola P., e non anche al marito B., con conseguente difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo, deve essere disatteso per la palese irrilevanza, alla stregua di quanto sopra riferito, della circostanza, tenuto conto della natura personale e non reale dell’azione risarcitoria spiegata, nella quale legittimato passivo doveva ritenersi anche l’autore materiale delle illecite modificazioni del preesistente stato dei luoghi, che i giudici di merito, con accertamento incensurabile (e che peraltro neppure si assume di aver contestato nel motivo di appello) hanno identificato nel B.;

c) manifestamente fondato è invece il terzo motivo, nella parte in cui viene dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c., per non avere i giudici di appello preso in considerazione il motivo attinente al quantum risarcitorio, mancando del tutto nella sentenza impugnata alcun cenno su tale parte del gravame, con conseguente palese omissione di pronunzia, restando cosi assorbita l’eccezione, formulata in controricorso, di inammissibilità del motivo, nella parte deducente “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia”, tenuto conto della natura subordinata di tale profilo di censura.

Si propone, conclusivamente, il rigetto del primo, secondo e quarto motivo, l’accoglimento per quanto di ragione del terzo, con la conseguente cassazione in parte qua della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della corte territoriale.

Tanto premesso, rilevato che nella depositata memoria la parte controricorrente si è riportata alla relazione, per quanto attiene al primo, secondo e terzo motivo e si è rimessa a questa Corte, quanto al terzo, e che, in camera di consiglio il difensore del ricorrente non ha formulato obiezioni, il collegio, condividendo integralmente le ragioni della proposta del relatore, provvede in conformità alla stessa, demandando al giudice di rinvio il regolamento delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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