Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8759 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. I, 15/04/2011, (ud. 14/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Banca di Imola s.p.a. in persona del legale rappresentante,

elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste 63, presso l’avv.

Alfieri Umberto, che con l’avv. Angela Labanca la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Fallimento Geofarad s.r.l. in liquidazione in persona del curatore,

elettivamente domiciliato in Roma, via Veneto 7, presso l’avv.

Tartaglia Paolo, rappresentato e difeso dall’avv. Della Verita’ Marco

giusta delega in atti;

– controricorrente ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 580 del

23.5.2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14.3.2011 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. Labanca per la ricorrente e Magnosi con delega per il

fallimento;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 17.1.1997 il fallimento Geofarad s.r.l.

conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Bologna la Banca Cooperativa di Imola soc. coop. a r.l. (poi divenuta Banca di Imola s.p.a.), per sentir dichiarare l’inefficacia ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, ovvero della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 1, dei pagamenti ricevuti dalla banca successivamente al 6.4.1993, o subordinatamente al 6.5.1993.

La banca, costituitasi, deduceva l’infondatezza della domanda, che viceversa il tribunale accoglieva condannando la convenuta alla restituzione di Euro 215.246,40.

La Corte di Appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’impugnazione, riduceva la condanna alla somma di Euro 204.565,80, escludendo quindi dall’importo determinato dal primo giudice le somme confluite sul conto corrente n. (OMISSIS), in quanto corrisposte alla banca per effetto di pregresse cessioni di credito.

Per il resto, viceversa, la Corte rilevava: a) che i conti correnti oggetto di attenzione erano quelli contrassegnati con i nn. (OMISSIS) e (OMISSIS); b) che su tali conti nell’anno antecedente alla dichiarazione di fallimento, avvenuta il (OMISSIS), a partire dal 6.5.1993 erano stati effettuati i versamenti, di carattere solutorio, di cui era stata dichiarata l’inefficacia; c) che la conoscenza dello stato di insolvenza della Geofarad da parte della banca sarebbe stata desumibile da diverse circostanze, e segnatamente: 1) dal decreto ingiuntivo richiesto il 5.6.1993, in ragione del mancato pagamento di sette titoli cambiari rilasciati in suo favore; 2) dalle affermazioni contenute nel ricorso per ingiunzione, secondo le quali negli ultimi tre mesi (marzo, aprile, maggio 1993) sarebbero state riscontrate irregolarita’ nell’utilizzazione delle linee di credito, circostanze che avrebbero indotto ad un riesame delle condizioni di solvibilita’ della debitrice e ad una risoluzione di tutti i rapporti; 3) dalle accertate irregolarita’ commesse della debitrice per l’acquisizione di liquidita’ (presentazione delle stesse ricevute bancarie presso piu’ istituti di credito, emissione di ricevute bancarie pur in assenza di ragioni di credito); 4) dal comportamento tenuto dai responsabili della banca successivamente al marzo 1993, essendo emerso che il 6.4.93 era stata effettuata l’ultima operazione di anticipo su crediti; che dal 31.3.93 non erano stati piu’ inviati estratti conto periodici (fatto sintomatico del passaggio della relativa posizione all’ufficio legale contenzioso); che il 6.5.93 erano stati rilasciati sette paghero’ cambiari con importo e scadenza in bianco per il recupero dei crediti; 5) dall’apertura del conto corrente n. (OMISSIS) in data 18.5.1993, verosimilmente destinato a fungere da “contenitore nel quale far confluire i bonifici di terzi a favore di Geofarad successivi al 18.5.1993”. Avverso la detta decisione la Banca di Imola proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, poi illustrati da memoria, cui resisteva il fallimento con controricorso contenente anche ricorso incidentale, basato su un solo motivo. La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 14.3.2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., si osserva che con quello principale la Banca di Imola ha rispettivamente denunciato: 1) violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, e vizio di motivazione, con riferimento all’affermata consapevolezza dello stato di insolvenza del debitore. Tale consapevolezza sarebbe stata infatti a torto desunta da elementi risultanti dai rilievi del Collegio sindacale, formulati in epoca successiva ai versamenti oggetto della declaratoria di inefficacia;

dall’errato valore sintomatico attribuito al rilascio di titoli cambiar in bianco, operazione che viceversa rientrerebbe nell’ambito della prassi esistente; dall’omessa considerazione delle vicende esterne alle parti; dall’assenza di un numero significativo di circostanze idonee a dare ragione del contestato giudizio emesso sul punto;

2) vizio di motivazione e violazione della L. Fall., art. 67, comma 2, per il fatto che la prova della conoscenza dello stato di insolvenza sarebbe stata sostanzialmente presunta, come desumibile dall’assoluta assenza di elementi oggettivi estranei ai rapporti contrattuali intercorsi tra le parti, deponenti nel senso indicato.

3) vizio di motivazione in ordine alla quantificazione delle rimesse sul conto corrente n. (OMISSIS), sotto il profilo che l’affermata necessita’ di dare dimostrazione dell’esistenza di un’apertura di credito in favore del detto conto sarebbe stata soddisfatta, e di cio’ a torto non si sarebbe tenuto conto.

Con il ricorso incidentale il fallimento ha a sua volta denunciato violazione dell’art. 2697 c.c. dell’art. 115 c.p.c., della L. Fall., art. 67, comma 2, e vizio di motivazione, in relazione all’affermata non revocabilita’ delle rimesse (per il complessivo importo di L. 20.000.000) destinate direttamente alla banca per effetto di precedenti cessioni di credito.

La detta statuizione sarebbe infatti errata, innanzitutto, perche’ seppur risultante tale ultima circostanza da un riferimento contenuto nella consulenza tecnica la stessa, contrariamente a quanto riferito in sentenza, non sarebbe stata incontestata da esso ricorrente.

Inoltre la Corte avrebbe “capovolto l’onus probandi della disciplina dell’art. 2697 c.c.”, poiche’ sarebbe stato a carico della controparte l’onere di dare dimostrazione della fondatezza dell’eccezione relativa alla non revocabilita’ delle rimesse, onere viceversa non assolto in mancanza di prova circa il rapporto tra i quattro bonifici in questione e le pretese cessioni di credito.

Entrambi i ricorsi risultano infondati.

Per quanto concerne quello principale, e segnatamente i primi due motivi da valutare congiuntamente perche’ fra loro connessi, si osserva che la Corte di appello ha dato puntuale ragione della decisione adottata, evidenziando in particolare, in relazione alla ritenuta conoscenza dello stato di insolvenza della Geofarad da parte della banca, non solo l’avvenuta richiesta di emissione di decreto ingiuntivo per il mancato pagamento delle somme risultanti da sette titoli cambiari ma, soprattutto, l’ammissione contenuta nella stessa richiesta circa la constatata esistenza di irregolarita’ nella gestione del credito a far tempo dal marzo 1993, data a partire dalla quale la banca avrebbe mutato il suo rapporto con la cliente, adottando sostanzialmente sempre maggiori cautele (p. 12). Per di piu’ a fronte dell’obiezione, poi riproposta in questa sede, secondo cui il tribunale avrebbe errato nel ritenere provato il requisito della “scientia decoctionis”, essendosi “basato esclusivamente su situazioni, per cosi’ dire, interne alla societa’ e come tali da essa non conoscibili, quali il bilancio chiuso al 31.12.1992”, la Corte di appello ha negato la fondatezza di tale assunto, precisando al contrario essere “vero invece che il tribunale ha preso in esame tutte le circostanze del caso concreto, piu’ sopra esposte” (p. 14).

Orbene detti specifici rilievi, riconducibili ad una valutazione di merito adeguatamente motivata con argomenti immuni da vizi logici, sono stati criticati in modo generico, con affermazioni prive di riscontri e viziate sul piano dell’autosufficienza.

Ed infatti, la pretesa erroneita’ di quanto sostenuto dalla Corte di appello a proposito del compiuto esame che il tribunale avrebbe fatto delle diverse circostanze del caso concreto avrebbe dovuto essere confutato con la rappresentazione delle parti della motivazione del provvedimento del giudice di primo grado, dalle quali poter desumere il contrario, ipotesi viceversa non verificatasi.

Inoltre, analoghe considerazioni devono essere svolte per quanto concerne l’asserita valorizzazione, da parte del giudice del gravame, delle situazioni interne alla societa’ (pertanto non conoscibili), rilievo espressamente negato nella sentenza impugnata e che quindi poteva essere correttamente censurato soltanto con la puntuale trascrizione dei dati recepiti dalla prima sentenza, dai quali poter desumere il contrario.

In ogni modo le doglianze, oltre ad essere viziate, come detto, sul piano dell’autosufficienza sotto i profili sopra considerati, sono basate su circostanze di fatto apoditticamente riferite, non confortate da alcun riscontro ed anzi contrastate dagli accertamenti di diverso tenore compiuti dal giudice del merito.

Quanto al terzo motivo, incentrato sulla prova dell’esistenza di un’apertura di credito sul c/c. n. (OMISSIS) che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Banca di Imola, sarebbe stata pienamente fornita, la doglianza risulta non autosufficiente, atteso che il ricorrente nulla ha riferito in ordine al contenuto dei documenti idonei a sostenere il detto assunto, ed alle modalita’ in cui sarebbe intervenuta la relativa produzione.

Resta il ricorso incidentale, anch’esso privo di pregio.

In proposito va innanzitutto considerato che il dato relativo all’avvenuta contestazione o meno in ordine alle conclusioni del consulente tecnico da parte del fallimento (rispetto alla quale non sembrano peraltro esaustive le considerazioni da questo svolte, atteso che l’affermazione della Corte di Appello deve essere interpretata con specifico riferimento all’elaborato peritale e non, del tutto genericamente, in relazione alla maggiore o minore adesione manifestata nel corso del giudizio alle relative conclusioni) e’ inconsistente, tenuto conto del fatto che cio’ che rileva nel processo e’ la correttezza o meno del giudizio emesso.

Quanto al merito, non puo’ essere condivisa la censura secondo la quale la Corte di appello, con la decisione adottata, avrebbe determinato una non consentita inversione dell’onere della prova.

Vero e’ al contrario che la decisione contestata e’ basata su accertamento in fatto (le rimesse in questione sarebbero intangibili, perche’ riconducibili a pagamenti conseguenti a cessione di crediti, p. 17) confortato dai rilievi svolti dal consulente tecnico, sicche’ sarebbe stato onere del ricorrente incidentale, cui incombe l’onere di dare dimostrazione della revocabilita’ degli atti per i quali si invoca la declaratoria di inefficacia, indicare i motivi per i quali il detto accertamento non sarebbe condivisibile e la conseguente conclusione formulata al riguardo sarebbe errata.

La parziale soccombenza reciproca induce alla compensazione delle spese del giudizio di legittimita’ nella misura di un terzo, spese che vanno poste a carico della Banca ricorrente principale per la parte residua, tenuto conto del maggior valore (e pertanto correlativamente della piu’ rilevante soccombenza) del ricorso principale.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna la Banca di Imo la al pagamento di due terzi delle spese processuali del giudizio di legittimita’, che liquida per l’intero in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Compensa per un terzo le spese del giudizio di legittimita’.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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