Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8758 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. I, 15/04/2011, (ud. 08/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – rel. Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.V. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FORTIFIOCCA 9, presso l’avvocato IEMBO

ELENA, rappresentato e difeso dagli avvocati MURATORI ANTONINO, RICCI

TOMMASO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA CEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositato il

23/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2011 dal Presidente Dott. DONATO PLENTEDA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La corte di appello di Catanzaro accolse con decreto 23 giugno 2008 la domanda proposta da T.V. per la equa riparazione del danno da durata irragionevole del processo, avviato con atto del 3 giugno 1986 presso il tribunale di Palmi, nei confronti del comune di (OMISSIS), nel giudizio di occupazione illegittima di un terreno di sua proprieta’, conclusosi il 18 maggio 2006.

La corte territoriale accolse la domanda proposta nei confronti del Ministero della giustizia, limitatamente al danno non patrimoniale, rilevando che il ritardo riferibile al differimento delle udienze per richieste dell’attore ovvero per adesione ai rinvii richiesti da controparte aveva totalizzato un periodo complessivo di circa 34 mesi, per cui la differenza, pari a poco piu’ di 17 anni, era risultata irragionevole per 14 anni e due mesi e per tale durata ha determinato l’indennizzo in Euro 14.167,00, mentre ha respinto la domanda per danni fa patrimoniali, formulata in ragione della differenza tra quanto ottenuto per la occupazione appropriativa dell’immobile in virtu’ della L. n. 662 del 1996 e l’importo che sarebbe stato corrisposto prima di tale intervento normativo.

A tale riguardo, dopo avere osservato che il danno patrimoniale e’ soggetto alle ordinarie regole probatorie, ha negato rilevanza allo ius superveniens, dovendo il danno patrimoniale riconoscibile costituire conseguenza immediata e diretta della durata eccessiva del procedimento.

Ha proposto ricorso con un motivo T.V.; ha resistito con controricorso il Ministero.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Denunzia con l’unico motivo il ricorrente violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2000, art. 2; degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c. e dell’art. 6, par. 1 e 13 Cedu. Lamenta che la corte di appello abbia disatteso i principi della Corte Europea dei diritti dell’uomo in materia di quantificazione della indennita’ di espropriazione, secondo cui e’ insufficiente ai fini della tutela della proprieta’ la indennita’ di espropriazione nei termini considerati dai criteri legali di liquidazione, sopravvenuti nelle more del giudizio. Il ricorso e’ infondato.

La censura riferita al mancato riconoscimento del danno patrimoniale e’ stata proposta in termini tali da risultare non connessa in modo diretto alla durata irragionevole del processo, che costituisce il fondamento della pretesa indennitaria ex L. n. 89 del 2001.

Deduce infatti il ricorrente, e all’uopo propone quesito di diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in vigore ratione temporis, che il danno patrimoniale sofferto e’ costituito dalla “applicazione dei nuovi criteri legali di liquidazione del danno in caso di occupazione illegittima della proprieta’ privata” e dalla circostanza che nelle more del giudizio e a distanza di molti anni dalla introduzione del contenzioso e’ intervenuta una nuova normativa pregiudizievole per gli interessi della parte”; cosi’ finendo per ribadire la tesi proposta senza esito alla corte di appello, senza avere preposto argomentazioni critiche al provvedimento di rigetto, il quale ha considerato che il danno patrimoniale, ai fini della equa riparazione “deve essere conseguenza immediata e diretta della eccessiva durata del procedimento, ma non puo’ derivare dallo ius superveniens o dal mutamento di giurisprudenza o dall’intervento della Corte costituzionale.

A tali rilievi il ricorrente si e’ limitato a richiamare decisioni della Corte Europea, in termini di quantificazione della indennita’ di espropriazione, che e’ tema estraneo all’oggetto della controversia, in ordine al quale il mutamento della disciplina della fattispecie in discussione, per effetto degli interventi del legislatore o della giurisprudenza, non e’ ascrivibile al ritardo del processo in rapporto di rigorosa consequenzialita’ potendo intervenire anche a brevissima distanza dalla introduzione della lite, senza per questo giustificare istanze risarcitorie di alcun genere.

Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 1000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali in Euro 1000,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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