Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8755 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. I, 15/04/2011, (ud. 01/02/2011, dep. 15/04/2011), n.8755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.A. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZA TRENTO 26, presso l’avvocato DE NARDO GIULIA,

rappresentato e dofesp dall’avvocato BALDUCCI OTTAVIO ANTONIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

RO.BA. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 311, presso l’avvocato DE

GIROLAMO PELLEGRINO, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5070/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato DE GIROLAMO che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7.02 – 15.04.2003, il Tribunale di Roma dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto (il (OMISSIS)) dal ricorrente R.A. con Ro.Ba., respingendo la domanda di assegno divorzile da quest’ultima svolta.

Con sentenza del 10 – 23.11.2005, la Corte di appello di Roma, in accoglimento dell’appello della Ro., imponeva al R. di corrisponderle l’assegno divorzile di Euro 150,00 mensili, con decorrenza dalla pronuncia di primo grado e da rivalutare annualmente, compensando integralmente le spese del secondo grado di giudizio. La Corte osservava e riteneva:

che in sede di separazione personale era stato disposto in favore della Ro. l’assegno di mantenimento di L. 500.000 (equivalenti ad Euro 258,22) mensili, sul presupposto che la stessa non svolgesse alcuna stabile attivita’ lavorativa che la documentazione prodotta dalla Ro. (certificazione di iscrizione nelle liste di collocamento e certificazione sanitaria) comprovava che era ancora priva di redditi da lavoro ed in condizioni tali, sia per il suo stato di salute che per l’eta’ di 45 anni, da far presumere difficile che fosse in grado di reperire un’occupazione lucrativa che la produzione in appello di documenti antecedenti alla sentenza di primo grado non era preclusa dall’art. 345 c.p.c..

che la Ro. aveva dimostrato, tramite la produzione della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta’, di non avere presentato dichiarazioni fiscali perche’ esentata da tale adempimento, e d’altra parte il R. non aveva provato che invece ella traesse introiti dai suoi immobili che dall’istruttoria era emerso anche che il R. aveva capacita’ di reddito diversa e migliore rispetto a quella dell’ex moglie, in quanto nel 2004 aveva fruito di redditi complessivi annui lordi da pensione pari ad Euro 20.561,22. – che considerate tali emergenze e la durata della convivenza coniugale (il matrimonio si era protratto per 11 anni), ricorrevano i presupposti per l’attribuzione del chiesto assegno e per la relativa determinazione nella misura di Euro 150,00 mensili.

Contro questa sentenza il R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi e notificato al PG presso il giudice a quo ed alla Ro., che ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il R. denunzia (formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., quesiti di diritto, pur non essendone ratione temporis onerato):

1. “Art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.” Censura l’attribuzione alla Ro. dell’assegno divorzile, deducendo che la Corte di appello ha fondato la statuizione su certificazioni mediche dalla medesima Ro. prodotte soltanto nel grado d’appello, e cio’ erroneamente ritenendo, in adesione ad un indirizzo giurisprudenziale ormai superato, che tale produzione documentale, quale prova precostituita, non fosse anch’essa preclusa dal disposto della rubricata disposizione. La censura non e’ fondata.

L’art. 345 c.p.c., comma 3, come modificato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, nell’escludere l’ammissibilita’ di nuovi mezzi di prova nel giudizio di secondo grado, ivi compresi i documenti, consente al giudice di appello di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, quelle che ritenga, nel quadro delle risultanze istruttorie gia’ acquisite, indispensabili perche’ dotate di un’influenza causale piu’ incisiva rispetto a quella che le prove, definite come rilevanti, hanno sulla decisione finale della controversia; di quest’ultima facolta’ discrezionale risulta essersi comunque avvalsa la Corte distrettuale, con implicita valutazione di indispensabilita’ della documentazione (certificazione di iscrizione nelle liste di collocamento e certificazione sanitaria) solo in appello prodotta dalla Ro..

2. “Art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5 e s.m.i.”.

Il R. contesta che ricorressero i presupposti normativi per l’insorgenza del diritto all’assegno divorzile in favore della Ro., e segnatamente il fatto che ella fosse priva di reddito ed in condizioni di salute tali da ritenere difficile il reperimento di proficuo lavoro. Lamenta in particolare che la Corte abbia omesso sia di valutare le condizioni economiche della stessa, la quale sebbene non percettrice di redditi lavorativi, era proprietaria di un appartamento in Roma e di un immobile in (OMISSIS), suscettibile di sfruttamento economico, sia di considerare che ella, ancora di giovane eta’ ed in possesso di diploma, avrebbe potuto reperire adeguati mezzi di sussistenza e comunque era gravata dell’onere di dimostrare il contrario, sia ancora di considerare che egli durante la vita coniugale, per stessa ammissione della Ro., non aveva in alcun modo economicamente contribuito al menage familiare e che nel frattempo si era creato una nuova famiglia e sia infine di comparare le sostanze di lei con le proprie condizioni.

3. “Art. 360 c.p.c., n 5 – Omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio”.

Il ricorrente si duole per il profilo motivazionale che la Corte d’Appello abbia accolto la domanda della Ro. di assegno divorzile, sul punto affermando che le proprie condizioni economiche erano migliorate e tenendo esclusivamente conto della documentazione sanitaria (inammissibilmente) prodotta dalla controparte, senza valutare anche la documentazione da lui tempestivamente prodotta ed inerente sia alle sue condizioni di salute, pregiudicate da gravi e limitanti postumi da ischemia cardiaca, tali da porlo in congedo assoluto dal Ministero della Difesa, e sia alla costituzione da parte sua di una nuova famiglia con nascita di due figli.

Il secondo ed il terzo motivo del ricorso, che connessi consentono esame congiunto, sono inammissibili.

Il R. avversa la statuizione impositiva dell’assegno periodico di divorzio, aderente al dettato normativo oltre che logicamente e puntualmente argomentata in punto di an e quantum, con censure inammissibili, giacche’ si risolvono in mere critiche generiche, apodittiche e carenti sotto il profilo dell’autosufficienza con riguardo a tutti i dati oggettivi che si assumono trascurati.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il R. a rimborsare alla Ro.

le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 1 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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