Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8753 del 11/05/2020

Cassazione civile sez. I, 11/05/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 11/05/2020), n.8753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2585/2019 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche Via

Fermi 3, presso lo studio dell’Avv.to Giuseppe Lufrano (manca il

domiciliatario);

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/02/2020 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona con decreto in data 4/12/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da M.S. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente, aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese in quanto essendo di etnia bede temeva per la propria incolumità stante la situazione sociopolitica del paese di provenienza dove era stato picchiato e minacciato di morte a cagione della sua etnia.

Avverso il decreto emesso dal Tribunale di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo e secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione nonchè la violazione e falsa applicazione dell’att. 738 c.p.c., comma 3, art. 345c.p.c., comma 3, artt. 359 e 184 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice territoriale ha violato il principio di cooperazione istruttoria e non ha utilizzato i mezzi a sua disposizione per raccogliere le prove a sostegno della domanda.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per aver ritenuto non credibile il ricorrente in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denuncia del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva approfondito la situazione attuale ed aggiornata del paese e l’esistenza del pericolo di danno grave alla vita o alla persona derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale che giustificava il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale non aveva ravvisato i presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non aveva approfondito l’analisi della situazione personale del ricorrente e negato la situazione di vulnerabilità, ritenendolo non credibile con motivazione meramente apparente, nonostante il circostanziato racconto reso, venendo meno al dovere di cooperazione istruttoria.

Il ricorso è inammissibile.

La procura ad litem risulta redatta su di un foglio materialmente congiunto al suddetto atto di impugnazione e, oltre ad essere stesa in caratteri diversi rispetto al ricorso, non presenta nemmeno un numero di pagina sequenziale rispetto ai fogli che lo precedono (la numerazione si arresta, difatti, all’ultima pagina di cui si compone il ricorso, recante, in calce, la sottoscrizione del difensore).

La medesima procura ad litem risulta inoltre priva del connotato della specialità di cui all’art. 365 c.p.c. e, anzi, presenta un contenuto non compatibile con un conferimento di poteri finalizzato, in via esclusiva, alla rappresentanza e difesa del ricorrente nel presente giudizio di legittimità: con essa, infatti, il professionista è stato delegato alla rappresentanza e difesa “nel presente procedimento ed in ogni sua fase, stato e grado, compreso l’eventuale appello od opposizione”, con conferimento del potere, tra l’altro, di “proporre domande riconvenzionali, appelli principali od incidentali, eccezioni, opposizioni, reclami, quelle di falso ed istanze di ogni genere, precisare modificare le domande, eccezioni e conclusioni proposte, chiamare in causa terzi, riassumere o proseguire il giudizio in caso di interruzione sospensione, compiere atti conservativi o cautelari in corso di causa, redigere precetti ed agire esecutiva mente con facoltà di nominare sostituti avvocati con pari poteri”.

Ciò posto, secondo la giurisprudenza di questa Corte il ricorso per cassazione è inammissibile allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass. 5 novembre 2018, n. 28146; Cass. 24 luglio 2017, n. 18257).

Ma il ricorso è altresì inammissibile in quanto la suddetta procura non risulta conferita in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato: ciò che doveva risultare da apposita certificazione della data di rilascio in favore del difensore, così come prescritto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13: certificazione che invece è completamente assente; la stessa procura, difetta, del resto, di alcuna datazione.

Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva. Infine deve darsi atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2020

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