Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8752 del 30/04/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8752 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

ORDINANZA
sul ricorso 17737-2013 proposto da:
TECNICA EDILE SRL 04813500826, in persona del suo legale
rappresentante pro tempore Amministratore Unico, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 301, presso lo studio
dell’avvocato BASILIO PERUGINI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato BIAGIO BRUNO giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
AMANTE GAETANO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA DEL FANTE, 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
PALMIERI, rappresentato e difeso dagli avvocati DIEGO ZIINO,
ANGELO CACCIATORE giusta procura speciale a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 30/04/2015

- controficorrente avverso la sentenza n. 754/2012 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO del 13/04/2012, depositata il 23/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

LANZILLO;
udito l’Avvocato Perugini Basilio difensore della ricorrente che si
riporta ai motivi.
La Corte,
Premesso in fatto:
E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art.
380bis cod. proc. civ.:
“Con atto di citazione notificato il 12 ottobre 2001 Gaetano Amante
ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di
Palermo, recante condanna a pagare alla s r l Tecnica Edile la somma
di £ 37.689.012, a saldo del corrispettivo dovuto per i lavori di
ristrutturazione di due appartamenti.
A fondamento dell’opposizione ha eccepito, fra l’altro, che la somma
riguarda lavori non richiesti e non autorizzati da esso committente.
Esperita l’istruttoria anche tramite CTU, con sentenza 6 marzo 2008 il
Tribunale di Palermo ha respinto l’opposizione, ritenendo che la prova
dell’accordo sull’esecuzione delle opere potesse desumersi per
presunzioni dal fatto che l’Amante aveva abitato i due appartamenti,
avendo modo di verificare la natura dei lavori intrapresi.
Proposto appello dall’opponente, a cui ha resistito la Tecnica Edile,
proponendo a sua volta appello incidentale, con sentenza 13 aprile-23
maggio 2012 n. 754 la Corte di appello di Palermo, in riforma della

Ric. 2013 n. 17737 sez. M3 – ud. 12-03-2015
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12/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA

sentenza di primo grado, ha revocato il decreto ingiuntivo, ponendo a
carico della Tecnica Edile le spese dell’intero giudizio.
Quest’ultima propone due motivi di ricorso per cassazione.
L’intimato non ha depositato difese.
2.- La sentenza impugnata ha accertato e premesso in fatto che:

quantificato nel preventivo in £ 46.500.000 ed il committente ha
pagato in totale all’appaltatore una somma maggiore (almeno £
78.610.000);
– l’ingiunzione di pagamento è stata emessa per altre £ 37.689.012,
ascrivibili ad opere aggiuntive ed in particolare al rifacimento dei solai
del soggiorno e del soffitto, dai quali si verificavano infiltrazioni
d’acqua;
– detto rifacimento dei solai è espressamente escluso dal preventivo
3.2.2000, sottoscritto dal committente, che costituisce la fonte del
rapporto negoziale; altre due note che specificano in dettaglio i lavori
aggiuntivi non sono state sottoscritte dal committente e neppure
risultano a lui comunicate.
Ciò premesso, la Corte ha ritenuto che l’appaltatore abbia eseguito le
opere aggiuntive di sua iniziativa, donde l’applicabilità dell’art. 1659
cod. civ., a norma del quale l’appaltatore avrebbe dovuto dimostrare
di avere ricevuto l’autorizzazione scritta del committente,
autorizzazione di cui non è stata fornita la prova.
Ha quindi revocato il decreto ingiuntivo e respinto la domanda della
società appaltatrice di pagamento della somma ulteriore, rilevando
altresì che essa ha già percepito una somma superiore a quella
preventivata, somma che è da ritenere versata a compenso di lavori
aggiuntivi.

Ric. 2013 n. 17737 sez. M3 – ud. 12-03-2015
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– il prezzo dei lavori di ristrutturazione concordati fra le parti era stato

3.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 190
e 345 cod. proc. civ., sul rilievo che la Corte di appello ha ritenuto
ammissibile l’eccezione sollevata dall’Amante in relazione all’art. 1659
cod. civ., sebbene tale eccezione sia stata sollevata per la prima volta
con la comparsa conclusionale depositata dall’opponente in primo

domanda nuova, in violazione del disposto dell’art. 345 cod. proc. civ.
3.1.- Il motivo non è fondato.
La Corte di appello ha affermato che già con l’atto di opposizione
l’Amante ha eccepito che gli veniva richiesto un corrispettivo per
opere non pattuite; che comunque la deduzione non configura
un’eccezione in senso proprio, bensì una mera difesa, che non incorre
nel divieto di cui all’art. 345 cod. proc. civ.
La società ricorrente si limita ad affermare apoditticamente il contrario,
senza richiamare il contenuto dell’atto di opposizione, al fine di
dimostrare che la questione in oggetto non è stata mai sollevata, o che
lo è stata in termini tali da doversi ritenere del tutto generici ed
irrilevanti, donde la carenza di specificità della censura.
La ricorrente non risponde neppure all’ulteriore rilievo della Corte di
appello, per cui non si tratta nella specie di un’eccezione in senso
proprio, ma di una mera difesa, cioè della contestazione relativa alla
mancanza di uno dei presupposti (l’attribuzione dell’incarico) che la
stessa appaltatrice avrebbe dovuto porre a fondamento della sua
domanda e dimostrare.
La ricorrente, fra l’altro, qualifica come “eccezione nuova” il solo fatto
che sia stata chiesta l’applicazione dell’art. 1659 cod. civ.: richiesta che
attiene alla qualificazione giuridica della fattispecie: cioè ad una
valutazione che spetta al giudice di compiere (iura novit curia) e che è

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grado, quindi tardivamente, venendo così a configurare in appello

sempre ammissibile, ove non comporti la deduzione e l’esame di
nuove circostanze di fatto, mai prima discusse.
4.- Il secondo motivo denuncia violazione degli art. 1659 e 1661 cod.
civ., per avere la Corte di appello ritenuto applicabile alla fattispecie la
prima norma anziché la seconda, che riguarda le variazioni richieste dal

prova dell’incarico può essere fornita con qualunque mezzo.
Assume che il preventivo 3.2.2000, citato dalla Corte di appello, non
ha escluso dalle opere commissionate il rifacimento dei solai — che anzi
ha dichiarato necessario – ma solo ha omesso di procedere alla
quantificazione della relativa spesa, non essendo possibile all’epoca
conoscere le dimensioni e l’entità dell’ammaloramento dei tetti.
4.1.- Anche il secondo motivo è inammissibile sotto più di un aspetto.
In primo luogo la stessa prospettazione delle censure dimostra che la
ricorrente mette in questione non tanto l’applicazione delle richiamate
norme di legge – di cui la sentenza impugnata ha correttamente
individuato contenuto ed effetti, in linea con i principi enunciati da
questa Corte (cfr. p. 8-10 della sentenza) — quanto piuttosto
l’accertamento dei relativi presupposti in fatto, nella parte in cui la
Corte di merito ha ritenuto che il comportamento delle parti e
l’interpretazione dell’atto contenente il preventivo dimostrerebbero
che il rifacimento dei solai era stato escluso dalle opere commissionate.
I suddetti presupposti in fatto non sono suscettibili di censura in
questa sede, poiché è noto che l’accertamento dei fatti e la valutazione
delle prove, così come l’interpretazione degli atti di parte, sono rimessi
al discrezionale apprezzamento dei giudici del merito e non sono
suscettibili di riesame in sede di legittimità se non con riguardo agli
eventuali vizi di motivazione, o ad errori di metodo nel procedimento
interpretativo.
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committente (come ritenuto dal Tribunale), in relazione alle quali la

La ricorrente avrebbe dovuto dedurre e dimostrare che la Corte di
merito è incorsa in omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 cod.
proc. civ., nel testo approvato dall’art. 2 d. lgs. 2 febbraio 2006 n. 40,
applicabile al caso di specie: cfr. art. 27, 2° comma, d. lgs. cit.); o nella

dei contratti (art. 1362 ss. cod. civ.).
Il motivo di ricorso non prospetta alcuna di tali censure.
I vizi di motivazione non sono affatto menzionati, né è richiamata
sotto alcun profilo l’erroneità del procedimento interpretativo,
essendosi la ricorrente limitata ad protestare l’erroneità e l’inesattezza
nel merito della decisione assunta dalla Corte di appello, adducendo la
violazione di norme di legge inconferent-i in questa sede, perché
applicate dalla sentenza impugnata in piena coerenza con i presupposti
di fatto da essa accertati.
Donde l’inammissibilità delle censure, ai sensi dell’art. 360 cod. proc.
civ.
4.3.- Il motivo di ricorso è poi inammissibile anche ai sensi dell’art. 366
n. 6 cod. proc. civ., poiché il ricorrente non precisa se siano stati
prodotti in questa sede, come siano contrassegnati e come siano
reperibili fra gli altri atti e documenti di causa, le risultanze istruttorie,
gli atti e i documenti su cui fonda i suoi addebiti, sì che la Corte di
cassazione possa verificarne il contenuto, come prescritto a pena di
inammissibilità dalla citata norma, con riguardo agli atti ed ai
documenti sui quali il ricorso si fonda (cfr., fra le tante, (Cass. civ. 31
ottobre 2007 n. 23019; Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766 e 11
febbraio 2010 n. 8025; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass.
civ. Sez. Lav, 7 febbraio 2011 n. 2966; Cass. civ. S.U. 3 novembre

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violazione di alcuna delle norme di legge che regolano l’interpretazione

2011 n. 22726, quanto alla necessità della specifica indicazione del
luogo in cui il documento si trova).
5.- Propongo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, con ordinanza
in Camera di consiglio”.
– La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori

– Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.
– La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato in diritto:
Il Collegio, esaminati gli atti, rileva preliminarmente che l’intimato ha
opposto resistenza al ricorso, notificando rituale controricorso, ed in tal
senso rettifica la relazione.
Quanto al merito dei motivi, il Collegio condivide la soluzione proposta
dal Relatore e la relativa motivazione, che le argomentazioni difensive
contenute nella memoria del ricorrente non valgono a disattendere, in
quanto si limitano a riproporre essenzialmente richieste di riesame dei
fatti, inammissibili in questa sede di legittimità.
Il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.
Ricorrono gli estremi di cui all’art. 13, 1° comma quater, del d.p.r. n. 115
del 2012 per la condanna del ricorrente al pagamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso principale.
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delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/3 sezione

civile, il 12 marzo 2015.

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