Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8748 del 13/04/2010
Cassazione civile sez. lav., 13/04/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 13/04/2010), n.8748
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente –
Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26143/2006 proposto da:
F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO
BORSIERI 20, presso lo studio dell’avvocato PISELLI MARIO, che lo
rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
IPOST – ISTITUTO POSTELEGRAFONICI – GESTIONE COMMISSARIALE FONDO
BUONUSCITA POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PASUBIO 15, presso lo studio dell’avvocato BUZZELLI DARIO, che lo
rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4087/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 27/09/2005 R.G.N. 2474/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/02/2010 dal Consigliere Dott. IANNIELLO Antonio;
udito l’Avvocato PISELLI Mario;
udito l’Avvocato BUZZELLI Dario;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avv. F. aveva notificato in data 13 agosto 1999 all’IPOST il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Lucera per il pagamento di determinate somme in favore di un suo cliente, contenente altresì l’onere delle spese legali, da distrarre a favore del difensore antistatario.
La successiva opposizione dell’IPOST era stata dichiarata inammissibile, in quanto tardiva, dal Tribunale di Lucera con sentenza del 10-26 maggio 2000, non appellata.
A seguito del pignoramento di alcuni crediti dell’Ipost, l’avv. F. aveva successivamente ottenuto dal Tribunale di Roma l’assegnazione delle somme da lui richieste, con ordinanza del 22 marzo 2001.
Nel frattempo, con atto depositato il 12 ottobre 2000, il Commissario p.t. per la gestione e la liquidazione dell’indennità di buonuscita del personale della società Poste Italiane p.a. aveva proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., che era stata rigettata con sentenza del 31 maggio 2002 dal Tribunale di Roma, in quanto relativa a “questioni antecedenti alla formazione del titolo giudiziale, le quali possono essere fatte valere solo dinanzi al giudice di merito mediante l’instaurazione del giudizio di impugnazione”; con condanna del Commissario liquidatore alla rifusione delle spese.
Su appello del Commissario liquidatore p.t., la Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 27 settembre 2005, ha rigettato le eccezioni preliminari di difetto di legittimazione attiva del Commissario liquidatore proposte dalla parte appellata avv. F. F. e, dichiarando di accogliere parzialmente l’appello, ha compensato integralmente tra le parti le spese del giudizio di primo grado, confermando nel resto la sentenza appellata ed ha compensato nella misura del 50% le spese del secondo grado, ponendo il restante 50% a carico dell’appellante.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, con tre motivi, l’avv. F.F.;
La Gestione commissariale indicata resiste alle domande con rituale controricorso.
Col primo motivo, l’avv. F. deduce la violazione degli artt. 91, 336 e 434 c.p.c., per inosservanza della regola secondo la quale in caso di rigetto del gravame, il giudice dell’appello non può modificare la statuizione sulle spese in mancanza di uno specifico motivo di gravame; ed invero, nel caso di specie, la censura formulata dall’appellante relativamente alla liquidazione delle spese di primo grado (riprodotta in questa sede di legittimità) sarebbe stata del tutto generica e sostenuta da una deduzione finalizzata ad ottenere la semplice riduzione degli importi delle spese legali liquidate.
Col secondo motivo, la sentenza della Corte territoriale viene censurata per vizio di motivazione in ordine alla riforma della sentenza di primo grado quanto al regolamento delle relative spese, avendo la Corte fondato tale decisione sul rigetto di alcune eccezioni preliminari formulate dall’appellato, pur a fronte della accertata infondatezza dell’appello nel merito. Il ricorrente sostiene comunque che l’eccezione di difetto di legittimazione attiva del Commissario, da lui proposta sia in primo che in secondo grado, sarebbe fondata.
Col terzo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 346 c.p.c., in quanto la Corte avrebbe omesso di affrontare la specifica eccezione dell’appellato inerente all’omessa reiterazione in sede di gravame, da parte dell’appellante, dei motivi di opposizione dedotti in primo grado. Se avesse esaminato la questione, non avrebbe potuto che dichiarare inammissibile l’atto di appello.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
I primi due motivi di ricorso, che conviene esaminare congiuntamente, sono fondati, con conseguente assorbimento del terzo.
Costituisce infatti giurisprudenza consolidata di questa Corte, alla luce della disciplina del codice di rito, l’affermazione per cui, in caso di rigetto dell’appello nei suoi aspetti di merito, il regolamento delle spese stabilito dal giudice di primo grado non può essere modificato, in mancanza di uno specifico motivo di appello (cfr., da ultimo, Cass. 19 novembre 2009 n. 24422).
Nel caso in esame, la Corte territoriale ha valutato “evidente l’esattezza della sentenza gravata” e ritenendo che l’appellante avesse formulato in via subordinata anche una specifica censura in ordine al regolamento delle spese, ha riformato tale sentenza quanto a quest’ultimo punto.
Senonchè, nel ricorso la richiesta in via subordinata di compensazione delle spese era stata motivata genericamente, mentre l’unica specificazione relativa al giudizio di primo grado (“sono state liquidate… Euro…, importo assai elevato in relazione al valore della controversia e al processo stesso”) avrebbe semmai giustificato la richiesta di una riduzione delle stesse.
Inoltre, come già rilevato da questa Corte in occasione di una vicenda processuale analoga tra le medesime parti (Cass. 11 aprile 2008 n. 9457), risulta poco comprensibile la ragione della riforma nel merito in punto di spese, motivata col rilievo che “erano state proposte eccezioni preliminari infondate e per motivi di equità così la Corte ritiene di compensarle”.
Concludendo, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, la quale, in diversa composizione, provvedere in punto spese del giudizio di primo grado, adeguatamente motivando.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010