Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8747 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8747 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: LANZILLO RAFFAELLA

SENTENZA
sul ricorso 28583-2013 proposto da:
GIACOPPO LUCA GCPLCU64T22E098Z, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE ANTONINI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DAVIDE CAMPORESE, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA non in
proprio bensì in qualità di mandataria di UNICREDIT SPA in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Data pubblicazione: 30/04/2015

ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 18, presso lo studio
dell’avvocato ALFONSO QUINTARELLI, rappresentata e difesa
dall’avvocato LUISA IPPOLITA GHEDINI, giusta mandato a
margine del controricorso;

nonchè contro
MANZONI MARIA CATERINA;
– intimata avverso la sentenza n. 2304/2013 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA del 22.7.2013, depositata il 07/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA
LANZILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Giuseppe Antonini che si riporta ai
motivi del ricorso;
udito per la controricorrente l’Avvocato Mortati Franca (per delega
orale avv. Ghedini Luisa Ippolita) che si riporta ai motivi del
controricorso.

Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., depositato nell’ottobre 2011,
la s.p.a. Unicredit Credit Management Bank ha convenuto davanti al
Tribunale di Padova Luca Giacoppo e la moglie, Maria Caterina
Manzoni, chiedendo che venisse dichiarato inefficace ai sensi dell’art.
2901 cod. civ. l’atto costitutivo di fondo patrimoniale stipulato dai
coniugi il 4 marzo 2011, perché tale da pregiudicare il credito della
banca attrice nei confronti del Giacoppo, fideiussore della s.r.l. Abaco
in relazione ad un finanziamento di € 51.350,00, concesso alla società.
Ric. 2013 n. 28583 sez. M3 – ud. 12-03-2015
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– controricorrente –

Il Giacoppo si è costituito resistendo alla domanda, mentre la Manzoni
è rimasta contumace.
Il Tribunale ha accolto la domanda attrice, con sentenza che la Corte
di appello ha confermato e che viene impugnata in questa sede.
La sentenza di appello è stata depositata il 16 ottobre 2013 ed il ricorso

con atto notificato il 6 dicembre 2013.
Resiste Unicredit con controricorso, illustrato da memoria.
La Manzoni non ha depositato difese.
Motivi della decisione
1.- Il primo motivo lamenta violazione degli art. 2697 cod. civ. e 191
ss. cod. proc. civ., nonché omessa pronuncia ex art. 360 n. 5 cod. proc.
civ. e violazione dell’art. 24 Cost., sul rilievo che la Corte di appello
avrebbe illegittimamente respinto l’istanza di CTU proposta dal
ricorrente allo scopo di accertare la consistenza del patrimonio della
soc. Abaco e del Giacoppo, al fine di dimostrare che essi avrebbero
potuto fare fronte, con le future attività imprenditoriali e di lavoro, al
piano di rientro dal loro debito verso la banca, come da proposta che il
ricorrente stesso aveva sottoposto alla creditrice, con disponibilità
anche a modificarne il contenuto, ove la banca non lo avesse ritenuto
sufficiente. Donde l’insussistenza del pregiudizio.
Con il secondo motivo il Giacoppo denuncia violazione dell’art. 2901
cod. civ. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, nel capo
in cui la Corte di appello ha ritenuto che i disponenti fossero a
conoscenza del pregiudizio che la costituzione del fondo patrimoniale
avrebbe potuto arrecare alle ragioni della creditrice.
2.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perché
connessi, sono inammissibili perché attengono esclusivamente ad
accertamenti in fatto ed alla valutazione degli elementi di prova ad
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per cassazione, fondato su due motivi, è stato proposto dal Giacoppo

opera della Corte di appello: questioni non suscettibili di riesame in
sede di legittimità ove risultino adeguatamente motivati.
La Corte di appello ha motivato il rigetto dell’istanza di CTU — che
tendeva a dimostrare la possibilità della debitrice e del fideiussore di
fare fronte alle loro obbligazioni con gli introiti delle attività future —

disponibilità attuali e su beni facilmente aggredibili dei loro debitori,
quali i cespiti patrimoniali costituiti come oggetto del fondo
patrimoniale.
Ha soggiunto che il Giacoppo non ha allegato agli atti alcun elemento
di prova a conforto dell’asserita capacità reddituale futura, sua e della
società, essendosi limitato a menzionare l’esistenza di beni,
avviamento, attrezzature e crediti da incassare, che non offrono ai
creditori alcuna seria garanzia, stante la loro aleatorietà.
Ha poi tratto argomento dal fatto che il Giacoppo ha costituito il
fondo patrimoniale non appena la banca ha rifiutato il suo piano di
rientro, desumendone la convinzione che ciò abbia fatto per sottrarre i
beni alle azioni dei creditori.
Trattasi di motivazione che non presta il fianco a censure di sorta.
Si ricorda inoltre che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.,
come riformulato dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge
7 agosto 2012, n. 134, ammette il ricorso per cassazione limitatamente
all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che
abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere
decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito
diverso della controversia).

Ric. 2013 n. 28583 sez. M3 – ud. 12-03-2015

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sul rilievo che la banca creditrice aveva il diritto di poter contare sulle

Ne consegue che, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., ai fini
dell’ammissibilità del motivo, il ricorrente deve indicare il “fatto
storico”, il cui esame sia stato omesso; il “dato”, testuale o extratestuale
da cui esso risulti esistente; il “come” e il “quando” tale fatto sia stato

fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra,
di per sé, gli estremi di cui alla norma in oggetto, qualora il fatto
storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione
dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultanze probatorie (Cass. civ. S.U. 7 aprile 2014 n. 8053 e n. 8054).
Le denunce di vizio di motivazione proposte dal ricorrente non
rispondono a questi requisiti. Esse si limitano a sollecitare il riesame e
la nuova valutazione delle circostanze di fatto già delibate dalla Corte
di merito, al fine di ottenere una diversa decisione di merito: istanza
inammissibile in questa sede di legittimità.
3.- Il ricorso è respinto.
4.- Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.
P. Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate
complessivamente in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi ed €
6.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli
accessori di legge.
Ricorrono gli estremi di cui all’art. 13, 1° comma quater, del d.p.r. n. 115
del 2012 per la condanna del ricorrente al pagamento dell’ulteriore

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oggetto di discussione processuale tra le parti, e la sua “decisività”:

importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/3 sezione

civile, il 12 marzo 2015.

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