Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8746 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 14/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30116/2006 proposto da:

L’ARCOBALENO DI PORTIS LUCIA & ZOGNO CINZIA SNC, (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONSERRATO 34, presso lo

studio dell’avvocato GUELI Giuseppe, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROSSATO GIANCARLO giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A.R. di Paolo Menegatti e C. S.n.c., già M.A.R. DI MENEGATTI CARLO

& C, (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore

M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 31,

presso lo studio dell’avvocato TONELLI CONTI COSTANTINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDRIULLI ALDO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1262/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione Prima Civile, emessa il 23/09/2005, depositata il 09/11/2005;

R.G.N. 1263/2004.

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato TONELLI CONTI COSTANTINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La M.A.R. di Menegatti Carlo & c. s.n.c. propose impugnazione dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna avverso la sentenza del Tribunale di Ferrara, con la quale era stata accolta l’opposizione di terzo all’esecuzione proposta da L’Arcobaleno di Portis Lucia e Zogno Cinzia & C. s.n.c. nella procedura esecutiva di espropriazione mobiliare intentata dalla M.A.R. nei confronti della società semplice Q.C. e Q.G. (nella quale era intervenuta anche la creditrice C.S.M. Cooperativa Servizi Mezzano soc. coop. a r.l.).

La Corte d’Appello di Bologna, nel riformare la sentenza impugnata, ha, per quanto rileva ai fini della decisione del presente ricorso, richiamato la giurisprudenza formatasi con riguardo alla presunzione di cui all’art. 513 c.p.c., comma 1, per la quale, per vincere tale presunzione, il terzo deve provare non solo di avere acquistato il diritto sul bene pignorato, del quale si affermi titolare, in epoca anteriore al pignoramento, ma anche di avere affidato il bene stesso al debitore per un titolo che non ne comporta il trasferimento della proprietà; ha, quindi, affermato che la rivendicante soc. Arcobaleno, non avendo chiesto prova testimoniale, avrebbe dovuto provare con atti di data certa anteriore al pignoramento sia l’acquisizione della proprietà sia l’affidamento ai debitori esecutati, Q.C. e Q.G., dei tre trattori oggetto di pignoramento; ha, infine, ritenuto che, pur risultando provato soltanto il conferimento dei beni pignorati nella costituenda società “L’Arcobaleno di Portis Lucia e Zogno Cinzia & C. s.n.c.” mediante scrittura privata con sottoscrizioni autenticate precedenti il pignoramento, nessuna giustificazione documentale fosse stata fornita dall’opponente in ordine alla presenza dei medesimi cespiti “ancora nella residenza di Q.G. e Q.C. in occasione dell’accesso per il pignoramento dell’ufficiale giudiziario il 28 novembre 2000”. Ha perciò accolto parzialmente l’appello e rigettato l’opposizione di terzo all’esecuzione, compensando integralmente tra le parti costituite le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna propone ricorso per cassazione la società L’Arcobaleno di Portis Lucia e Zogno Cinzia & C. s.n.c., a mezzo di un unico motivo. Si difende con controricorso la M.A.R. di Menegatti Carlo & c. s.n.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso è dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 513 c.p.c., comma 1, e art. 621 c.p.c., nel presupposto che la Corte d’Appello di Bologna abbia errato nella lettura del verbale di pignoramento, dal quale risulta che questo venne effettuato in (OMISSIS) e non presso la residenza dei debitori Q.G. e Q.C. in (OMISSIS), come erroneamente affermato nella sentenza impugnata.

Il ricorso è infondato e va rigettato, essendo conforme al diritto il dispositivo della sentenza impugnata, che, invece, appare meritevole di correzione nella motivazione.

1.1 L’errore denunciato dalla ricorrente è stato riconosciuto come sussistente anche nel controricorso presentato da M.A.R. e risulta, con tutta evidenza, dal confronto tra il testo della motivazione della sentenza impugnata ed il testo del verbale di pignoramento riportato in ricorso. Effettivamente il luogo del pignoramento non fu la residenza dei debitori, sita in (OMISSIS), come ripetutamente detto nella sentenza impugnata, ma, per come riconosciuto anche dalla controricorrente, un’azienda agricola sita in (OMISSIS), presso la quale l’ufficiale giudiziario era stata autorizzato ad effettuare il pignoramento con apposito decreto.

Pertanto, la norma di riferimento non è quella di cui all’art. 513 c.p.c., comma 1, richiamata dal giudice d’appello, bensì quella di cui al comma 3 del cit. articolo.

Dato quanto sopra, occorre, in diritto, verificare se la presunzione sulla quale la Corte d’Appello di Bologna ha fondato la propria decisione operi o meno a seconda della forma del pignoramento diretto seguita nel caso concreto.

1.2 La regola probatoria indiscussa in caso di opposizione di terzo all’esecuzione è che spetti all’opponente fornire, ai sensi dell’art. 2697 c.c., la prova del diritto di proprietà (o di altro diritto reale) sul bene pignorato. Tale regime probatorio di norma non incontra alcun limite, salvo quanto disposto dall’art. 1524 c.c. e, per quel che rileva ai fini della presente decisione, dall’art. 621 c.p.c.. Proprio con riferimento al testo dell’art. 621 c.p.c., si è formata la giurisprudenza richiamata nella sentenza impugnata:

infatti, la norma impone un rigoroso regime probatorio al terzo che rivendichi la proprietà (o altro diritto reale) “sui beni mobili pignorati nella casa o nell’azienda del debitore”, perchè di tali beni presume l’appartenenza all’esecutato in ragione del collegamento spaziale tra i beni ed i detti luoghi. Siffatta presunzione si desume dal testo dell’art. 513 c.p.c., comma 1, che consente all’ufficiale giudiziario di apprendere i beni che trova in detti luoghi senza effettuare alcuna verifica in merito alla proprietà o alla disponibilità in capo al debitore; l’appartenenza dei beni al terzo può essere fatta valere soltanto con opposizione ex art. 619 c.p.c., e provata nei limiti dell’art. 621 c.p.c., gravando sull’opponente l’onere di provare, non solo, come è la norma, il titolo del proprio all’acquisto precedente il pignoramento ma anche il titolo dell’affidamento del bene al debitore, si da “giustificarne” la presenza in luoghi riconducibili al debitore. La forma di pignoramento prevista dall’art. 513 c.p.c., comma 3, prescinde da tale collegamento spaziale, presupponendone anzi la totale mancanza, tanto da prevedere che l’ufficiale giudiziario non possa accedere liberamente al luogo in cui le cose si trovano, ma debba ottenere, a seguito di ricorso del creditore, un’autorizzazione giudiziaria. In tale ipotesi, a presupposto del pignoramento, vi è soltanto la disponibilità materiale della cosa da parte del debitore, rispetto alla quale il terzo che ne rivendichi la proprietà dovrà ovviamente fornire la prova del titolo di questa, ma non anche dell’affidamento al debitore, che potrebbe anche mancare poichè il debitore non è detentore della cosa pignorata. Torna quindi ad operare il regime probatorio ordinario.

La società “L’Arcobaleno di Portis Lucia e Zogno Cinzia & C. s.n.c.” ha fornito la prova dell’acquisto dei tre trattori pignorati a seguito di atto di conferimento in società per scrittura privata autenticata avente data certa (21 settembre 2000) anteriore al pignoramento (28 novembre 2000).

1.3. Tuttavia, l’onere della prova in capo al terzo opponente non si esaurisce nella dimostrazione dell’acquisto del diritto rivendicato sul bene pignorato, ma impone la dimostrazione dell’opponibilita di tale a acquisto al creditore pignorante (ed ai creditori intervenuti nell’esecuzione). Il regime dell’opponibilita delle alienazioni anteriori al pignoramento è dettato dall’art. 2914 c.c., e, per quel che rileva nella presente sede, dal n. 1) poichè trattasi di alienazione di beni mobili iscritti in pubblici registri.

Orbene, la motivazione della sentenza impugnata è corretta quanto alla natura della pubblicità relativa ai negozi traslativi della proprietà di beni mobili, nel senso che la circolazione dei beni mobili iscritti in pubblici registri è integralmente soggetta alla disciplina disposta per tutti i beni mobili quanto alla validità ed efficacia traslativa del consenso espresso verbalmente o per iscritto, a prescindere dalla relativa annotazione in pubblici registri (cfr. Cass. 15 marzo 2000 n. 2989). Tuttavia, pur essendo valido ed efficace tra le parti il conferimento in società, la mancata trascrizione dell’atto di conferimento dei trattori di cui alla scrittura privata del 21 settembre 2000 rende tale atto inopponibile creditore pignorante ai sensi dell’art. 2914 c.c., n. 1.

Allora, la società opponente avrebbe dovuto allegare e provare di avere proceduto all’annotazione del conferimento nei pubblici registri: risulta invece che si è limitata rivendicare la proprietà dei beni pignorati e la conseguente illegittimità ed inefficacia del pignoramento senza aggiungere alcuna ulteriore allegazione argomentativa.

Pertanto, la doglianza espressa dalla società M.A.R. di Menegatti Carlo & c. s.n.c. con l’atto di appello, relativa alla “erronea interpretazione della disciplina che regola il trasferimento dei diritti sui beni mobili registrati ed il relativo regime di pubblicità ai terzi” ha colto nel segno e, non richiedendo accertamenti di fatto, essendo mancata l’allegazione e la prova che incombeva alla società terza opponente, consente il rigetto del ricorso, previa correzione della motivazione della sentenza impugnata nel senso predetto.

2. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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