Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8745 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7391/2007 proposto da:

IL DOLCE FORNO DI PASSERI ELENA & C SAS (OMISSIS), in persona del

suo socio accomandatario e legale rappresentante Sig.ra P.

E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso

lo studio dell’avvocato DI PIETROPAOLO Claudio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FUSCO ALESSANDRA giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato

LAGANA’ GIANCARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato CAPECCHI Luca

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1292/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Sezione locazioni civile, emessa il 18/09/2008, depositata il

01/10/2008; R.G.N. 73/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato Di Pietropaolo Claudio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il locatore P. citò in giudizio la conduttrice soc. Il Dolce Forno, spiegando: che, scaduto il precedente contratto di locazione, tra di loro era intervenuto l’accordo diretto alla stipula di un nuovo contratto, con la previsione di un maggior canone locativo;

che, tuttavia, per mero errore materiale del commercialista al quale egli s’era affidato, il nuovo contratto conteneva l’indicazione dì una cifra annua a titolo di canone del tutto uguale a quella contenuta nel contratto ormai scaduto; che, dunque, il contratto doveva essere dichiarato nullo o annullato per vizio del consenso, oppure dichiarato risolto per inadempimento della conduttrice, con, in ogni caso, il risarcimento del danno corrispondente alla somma dei canoni effettivamente stabiliti in una scrittura privata del dicembre 2003.

La domanda, respinta in primo grado, è stata accolta in appello dalla Corte di Firenze, la quale ha ritenuto che l’inesatta indicazione della cifra effettivamente voluta dalle parti costituiva un mero errore materiale (non causa d’annullamento) e che il locatore aveva diritto a percepire dalla controparte il canone progressivamente aumentato, come da loro stabilito nel preaccordo del dicembre 2003.

Propone ricorso per cassazione la società Il Dolce Forno attraverso otto motivi. Risponde con controricorso il P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo sostiene che il giudice, nel condannare la ricorrente all’adempimento del contratto, avrebbe pronunciato oltre la domanda della controparte, la quale s’era limitala a chiedere la mera condanna al risarcimento del danno conseguente a vizi di legittimità del contratto stesso.

Il motivo è inammissibile in quanto non pertinente rispetto al tenore della sentenza impugnata, la quale ha reso la condanna risarcitoria a carico della società, coerentemente con la domanda del P., il quale aveva, appunto, richiesto “il risarcimento del danno corrispondente alla somma dei canoni effettivamente stabiliti nella scrittura privata del 17.12.2003” (cfr. la sentenza alla pag. 3).

Infondati sono il secondo ed il terzo motivo, in quanto la sentenza rende una congrua e logica motivazione in ordine all’interpretazione della domanda.

Infondato è il quarto motivo, in quanto il giudice ha correttamente motivato sia in ordine all’esistenza di un mero errore materiale, sia in ordine alla reale volontà delle parti.

Di conseguenza è infondato anche il quinto motivo, che lamenta il vizio di ultrapetizione relativamente ai suddetti punti.

I motivi dal sesto all’ottavo sono inammissibili in quanto introducono questioni di fatto tendenti a conseguire dal giudice di legittimità una diversa valutazione del merito della controversia.

Per il resto, la sentenza impugnata s’è correttamente adeguata al principio (che occorre qui ribadire) in ragione del quale qualora il contenuto del contratto, come appare stipulato, non corrisponda alla comune, reale volontà delle parti, sia che l’erronea formulazione o trascrizione debba ascriversi alle parti medesime o ad un terzo da loro incaricato ed ancorchè tale discordanza non emerga a prima vista, ma debba costituire oggetto di accertamento, la situazione non integra alcuna delle fattispecie dell’errore ostativo e, di conseguenza, non trova applicazione la normativa dell’annullamento del contratto per tale vizio. Nella suddetta ipotesi, sulla lettera del contratto deve prevalere la reale, comune volontà dei contraenti, desumibile dal giudice di merito sulla scorta delle trattative e di tutto il materiale probatorio acquisito (in precedenza, cfr. Cass. n. 9243/08, n. 9127/93).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 6200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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