Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8742 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8742 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 3118-2014 proposto da:
ROMAGNOLI GIOVANNA RMGMGV60T44F205S, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARCANTONIO COLONNA 54,
presso lo studio dell’avvocato PIERPAOLO RISTORI, che la
rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro
CHEVALIER RENEE;
– intimato avverso la sentenza n. 6215/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 16.11.2012, depositata 1’11/12/2012;

Data pubblicazione: 30/04/2015

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’ 1 1/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA

CARLUCCIO.

Ric. 2014 n. 03118 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Giovanna Romagnoli propone ricorso per Cassazione, affidato a tre
motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma (dell’H
dicembre 2012), che ha confermato la sentenza del Tribunale, con la quale
fu condannata a risarcire il danno (pari a euro 70.000,00) a Reneè Chevalier,
per le lesioni subite in esito alla caduta causata dal cane di proprietà della

L’intimata non si difende.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di merito ha rigettato l’appello sull’an della responsabilità,
ritenendo provato il nesso di causa tra il comportamento del cane e la
caduta sulla base della testimonianza di una teste, che era accanto alla
danneggiata al momento del fatto. Testimonianza che aveva trovato
indiretto riscontro in altre testimonianze, che avevano confermato la
presenza del cane, l’assenza del guinzaglio e la vicinanza alla danneggiata
caduta per terra. Ha rilevato, inoltre, l’assenza di prova del fortuito,
gravante ai sensi dell’art. 2052 c.c. in capo alla convenuta.
Ha ritenuto inammissibili le censure di appello in ordine alla quantificazione
del danno, per l’astrattezza delle stesse scollegate da dati oggettivi. Ha poi
ritenuto inammissibile la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica,
espletata in primo grado, rilevando che nel primo grado di giudizio le
risultanze della consulenza non erano state oggetto di critiche tecniche, né
di richieste di chiarimenti; ha rilevato, infine, l’assenza di ogni supporto alle
generiche critiche mosse solo in secondo grado alla consulenza tecnica.
2.1 primi due motivi contengono censure motivazionali.
Con il primo si invocano tutti i vizi motivazionali, ai fini di mettere in
discussione l’ an della responsabilità, in riferimento alla ricostruzione del
fatto operata dal giudice attraverso le prove testimoniali e alla mancata
considerazione dell’esito dell’interrogatorio formale reso dalla attuale
ricorrente e, allora convenuta, per contrastare le prove attoree.
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ricorrente che vagava incustodito tra la gente in Piazza di Spagna.

Con il secondo si deduce la contraddittorietà della motivazione, rispetto al
contenuto dell’ordinanza del giudice del merito con la quale, non
apparendo del tutto prive di fondamento le censure sul quantum, era stata
sospesa l’esecutorietà della sentenza di primo grado.
2.1. I motivi sono inammissibili. Le censure, che sarebbero state
inammissibili già con il precedente art. 360 n. 5, sono lontane dagli stretti

dell’art. 360 n. 5, c.p.c., come novellato nel 2012, applicabile rafione temporis,
secondo l’interpretazione delle Sez. Un. n. 8053 del 2014.
Infatti, mentre ora la ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito è
sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione manchi del
tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa
articolata su espressioni od argomenti tra loro manifestamente ed
immediatamente inconciliabili, oppure perplessi od obiettivamente
incomprensibili, la ricorrente si limita a riproporre una rivalutazione delle
risultanze probatorie.
Con il secondo motivo, poi, si ipotizza un confronto impossibile tra fumus
bonis iuris valutato in sede si sospensione della provvisoria esecuzione e
valutazione a cognizione piena. Peraltro, atteso che il giudice del merito ha
ritenuto sul punto l’appello inammissibile per genericità, si sarebbe potuta
prospettare, semmai, una violazione dell’art. 342 c.p.c. e non certamente un
difetto motivazionale.
3.Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 195 c.p.c.
Sul presupposto che la Corte di merito ha ritenuto l’acquiescenza della
parte alla consulenza di primo grado per l’assenza di critiche svolte nel
giudizio in cui era stata espletata, la ricorrente rileva che, mentre l’art. 195
c.p.c., nella formulazione novellata nel 2009, prevede la comunicazione
della stessa alle parti e regolamenta le osservazioni, la disposizione vigente
all’epoca dell’espletamento (nel 2003) non attribuiva alle parti la facoltà di
contestare la consulenza.
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limiti entro i quali è ancora ammissibile la censura motivazionale ai sensi

3.1. Il motivo è preliminarmente inammissibile stante la sua non conferenza
rispetto alle argomentazioni del giudice. Invero, queste si riferiscono al
rigetto della richiesta di rinnovo di consulenza e, comunque, le critiche
formulate dalla parte sono state ritenute astratte.
In ogni caso, il motivo è infondato nell’interpretazione che presuppone
dell’art. 195 cit., prima della novella del 2009.

parti alla consulenza di ufficio, ma non ha reso le critiche alla consulenza
d’ufficio possibili mentre prima le stesse erano vietate.
La giurisprudenza della Corte ha, in più occasioni, affermato in proposito
che le parti possono legittimamente formulare critiche solo dopo il deposito
della relazione da parte del consulente tecnico d’ufficio (Cass. n. 24792 del
2010); che la parte può presentare osservazioni critiche alla relazione di
quest’ultimo pur quando non abbia tempestivamente designato un proprio
consulente (cass. n. 17269 del 2014); che le contestazioni ad una relazione
di consulenza tecnica d’ufficio devono dedursi, a pena di decadenza, nella
prima istanza o difesa successiva al suo deposito (Cass. n. 4448 del 2014).
4.In conclusione, il ricorso va rigettato. Non avendo la controparte svolto
attività difensiva, non sussistono i presupposti per la pronuncia in ordine
alle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, 111 marzo 2015
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La novella, infatti, ha per certi versi procedimentalizzato le critiche delle

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