Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8742 del 13/04/2010
Cassazione civile sez. lav., 13/04/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 13/04/2010), n.8742
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente –
Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –
Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10290/2006 proposto da:
P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
FILATTIERA 49, presso lo studio dell’avvocato MARTINELLI SIMONA,
(Famiglia Generale Martinelli), rappresentato e difeso dall’avvocato
CAVUOTO CARMELA (detta CARMEN), giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,
presso lo studio degli avvocati RASPANTI RITA e LA PECCERELLA LUIGI,
che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale Atto Notar
TUCCARI Carlo Federico di Roma del 10/03/2006, rep. n. 70255;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3497/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 30/06/2005 R.G.N. 3708/2000;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/02/2010 dal Consigliere Dott. MELIADO’ Giuseppe;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.
PIVETTI Marco, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione,
provvedendo in camera di consiglio, voglia rigettare il ricorso per
manifesta infondatezza.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 16.5/30.6.2005 la Corte di appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto dall’INAIL avverso la sentenza resa dal Tribunale di Benevento il 12.6.2000, rigettava la domanda proposta da P.A. ai fini della declaratoria della natura professionale della malattia artrosica sofferta e per la costituzione della relativa rendita.
Osservava la corte che, disposte nuove indagini medico legali, i consulenti tecnici, fornendo congrua ed esauriente motivazione in ordine al giudizio espresso e con valutazione esente da errori tecnici o scientifici, avevano escluso che sussistesse il requisito sanitario necessario per la concessione del beneficio richiesto, ed in particolare la connessione causale fra le patologie accertate e l’attività lavorativa svolta.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso P. A. con un unico motivo. Resiste con controricorso l’INAIL.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo, il ricorrente prospetta violazione della L. n. 1124 del 1965, art. 2, dell’art. 2697 c.c., D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 53, nonchè dell’art. 61 c.p.c., evidenziando come la corte di merito avesse erroneamente trascurato di considerare che lo sforzo fisico cui era andato incontro nel (OMISSIS) (allorchè aveva sollevato una pesante trave di cemento, avvertendo immediatamente un intenso dolore fisico, tanto da essere costretto al ricovero in ospedale) costituiva di per sè infortunio sul lavoro e, comunque, rappresentava una causa efficiente nel determinismo della patologia artrosica e che l’attività di manovale esercitata da oltre trenta anni, sottoposto a continui sforzi fisici, aveva inciso in senso peggiorativo e degenerativo sulla funzionalità della colonna vertebrale.
Il motivo è manifestamente infondato.
Deve, infatti, ribadirsi, in conformità al costante orientamento di questa Suprema Corte, che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico- legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociale che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico – legale e rientra tra i vizi denunciabili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c. n. 5; in mancanza di questi elementi le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità (v. ad es. Cass. n. 8654/2008;
Cass. n. 20947/2004; Cass. n. 530/1998).
Nel caso in esame, la corte di merito, richiamando le conclusioni degli accertamenti medico- legali svolti nel corso del giudizio di appello (per appurare l’esistenza delle patologie denunciate e la loro ricollegabilità all’attività lavorativa), ha evidenziato che “il quadro di diffusa sofferenza vertebrale, per una avanzata degenerazione artrosica, nonchè di una malformazione congenita costituzionale di ristrettezza del canale vertebrale, quadro documentato da indagini specialistiche eseguite nel (OMISSIS) e nel febbraio 1997, era tanto conclamato da denunziare una insorgenza morbosa precedente da almeno un decennio rispetto al lamentato infortunio…e da essere perfettamente coerente con il livello anagrafico del lavoratore” e che, in esito all’istruttoria (nel corso della quale i testi escussi avevano riferito con esclusivo riguardo all’attività svolta dal 1994), nemmeno risultava provato, con riferimento al periodo precedente, lo svolgimento da parte del lavoratore di attività analoga a quella da essi richiamata.
A fronte di tale accertamento, il ricorrente si è limitato a ribadire che lo sforzo fisico del (OMISSIS) aveva rappresentato una causa efficiente nel determinismo della patologia artrosica e che l’attività di manovale aveva inciso in senso peggiorativo sulla funzionalità della colonna vertebrale, formulando una serie di rilievi che, in parte, contrastano con lo stesso principio di autosufficienza del ricorso (laddove si afferma che, nel giudizio di primo grado, si era provato “con testi e documenti” che l’attività lavorativa aveva svolto un ruolo di accelerazione della patologia denunciata), e, comunque, evidenziano un mero diverso apprezzamento diagnostico, non attinente a vizi del processo logico formale, e che si risolvono, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice, attraverso la contrapposizione della soluzione della questione controversa offerta dalla parte a quella motivatamente espressa dal giudice.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo (anteriore alla novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42,comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2010