Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8741 del 30/04/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 8741 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA
sul ricorso 2328-2014 proposto da:
PRUNERI PROTASIO PRNPTS49M25E200S in qualità di titolare
dell’omonima impresa individuale, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso lo studio
dell’avvocato BRUNO BIANCHI, che lo rappresenta e difende, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
COMUNE DI BORMIO in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo
studio dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, rappresentato e

Data pubblicazione: 30/04/2015

difeso dagli avvocati DARIO MARCHESI, EMILIANA POZZI,
giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente nonchè contro

intimato

avverso la sentenza n. 2463/2013 della CORTE D’APPELLO di
MILANO del 12.6.2013, depositata il 19/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Marilena Guglielmana (per delega
avv. Bruno Bianchi) che si riporta al ricorso e alla memoria;
udito per il controricorrente l’Avvocato Giovanni Corbyons (per
delega avv. Dario Marchesi) che si riporta agli scritti.

Ric. 2014 n. 02328 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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CLEMENTI FLAVIO, titolare dell’omonima impresa agricola;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Ai fini che ancora interessano, la Corte di appello di Milano — sezione
specializzata agraria, confermò la decisone di primo grado: – di mancanza
dei presupposti per la sospensione ex art. 295 c.p.c. del processo, in attesa
della definizione di quello pregiudicante dinanzi al Tar, dove il Prunerì

fondo; – di condanna al rilascio dell’alpeggio denominato “Rocca” per
essere scaduto il contratto di affitto agrario, in accoglimento della domanda
proposta dal proprietario Comune di Bormio; – di rigetto della domanda
riconvenzionale proposta dal Pruneri per la corresponsione dell’indennità a
lui spettante per le migliorie (sentenza del 19 luglio 2013).
2.Avverso la suddetta sentenza, Protasio Pruneri propone ricorso per
cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Bormio.
Ricorrente e controrícorrente hanno depositato memorie.
Flavio Clementi, che si era aggiudicato la gara volta alla conclusione del
nuovo contratto di affitto, intervenuto volontariamente in primo grado e
restato contumace in appello, ritualmente intimato, non si difende.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.La Corte di merito, nel rigettare le censure che lamentavano la erroneità
della ritenuta rinuncia alla prelazione in collegamento con il diniego della
sospensione per pregiudizialità del processo, ha rilevato: – la pacifica
scadenza del contratto di affitto, con conseguente mancanza di titolo per
detenere il fondo; – la mancata richiesta di subentro ope legis per l’esercizio
del diritto di prelazione, ex art. 4 bis, inserito dal d.lgs. n. 228 del 2001, nel
contratto di affitto concluso dal Comune con un terzo alle medesime
condizioni in cui si trovava il terzo contraente; diritto di prelazione al quale
aveva rinunciato, dopo essersi riservato di verificare la procedura, con il
rifiuto dì concludere il contratto dì affitto; – la mancanza di incidenza della

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aveva impugnato la procedura per la selezione del nuovo affittuario del

procedura di evidenza pubblica per l’affitto, impugnata in sede
amministrativa, sul rilascio del fondo per scadenza del contratto di affitto.
2. Il ricorrente censura queste statuizioni con i primi due motivi di ricorso,
che vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione.
Con il primo deduce omesso esame di un fatto decisivo “in punto di

c.p.c.
Con il secondo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c.
Il ricorrente sostiene che avrebbe dovuto sospendersi il processo di cui si
tratta, per essere lo stesso dipendente da altro processo pregiudicante
pendente dinanzi al Tar, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. Parte dal presupposto
che il giudice ha, erroneamente, non riconosciuto la pregiudizialità, per non
aver esaminato — con conseguente vizio di omessa motivazione – i
documenti, in particolare quelli relativi al capitolato della procedura di
evidenza pubblica per la scelta dell’affittuario. Se li avesse esaminati, sempre
secondo il ricorrente, essendo stata prospettata dinanzi al giudice
amministrativo la illegittimità, sarebbe risultato evidente che il ricorrente
non aveva rinunciato al diritto di prelazione nella stipulazione del nuovo
contratto di affitto, ma si era riservato di esercitarlo successivamente,
diffidando l’amministrazione ad una nuova procedura. Con la conseguenza
che, nell’ipotesi di annullamento della procedura impugnata, sarebbe risorto
il diritto di prelazione che egli non aveva esercitato, con riserva, perché le
condizioni contrattuali offerte erano illegittime.
Le censure, per certi profili inammissibili, sono infondate.
2.1. E’ inammissibile il profilo attinente all’omessa motivazione.
E’ applicabile ratione temporis la nuova formulazione dell’art. 360 n. 5, come
novellata nel 2012.
Di recente, le Sez. Un. hanno affermato: – a) che la riformulazione dell’art.
360, n. 5, cod. proc. civ., secondo cui è deducibile esclusivamente l’omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
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mancata sottoscrizione del nuovo capitolato”, ai sensi dell’art. 360 n. 5

discussione tra le parti”, deve essere interpretata come riduzione al minimo
costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di
legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di
legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé,

risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del
difetto di sufficienza, nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile
fra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile; – b) che il nuovo testo del n. 5 dell’art. 360
introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame
di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo
della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se
esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); – c) che
l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso
esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato
comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non
abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. (Sez. Un. 7 aprile 2014, n.
8053).
La censura prospettata dal ricorrente non supera le strette condizioni alle
quali è sottoposto lo scrutinio del difetto di motivazione e sarebbe stata
inammissibile anche sulla base della predente disciplina. Infatti, quello che
viene prospettato come omesso esame di documenti e omesso esame di un
fatto decisivo, si sostanzia, in realtà, in una censura alle conseguenze
giuridiche che la Corte di merito ha tratto dai documenti. Laddove la Corte
ha ritenuto che il Pruneri aveva rinunciato alla prelazione dopo essersi
riservato, il ricorrente, che non nega di non aver esercitato la prelazione,
vorrebbe trarre diverse conseguenze dalla riserva per via del collegamento
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come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le

prospettato della stessa riserva con la impugnativa dinanzi al giudice
amministrativo degli atti collegati alla scelta del nuovo affittuario, al fine di
sostenere il “risorgere” del diritto di prelazione.
2.2. Priva di fondamento è la violazione dell’art. 295 c.p.c.
La Corte di merito ha dato atto che il convenuto — con azione di rilascio

proposto azione per l’esercizio del diritto di prelazione, con subentro, nel
contratto di affitto tra l’amministrazione e il terzo, stipulato sulla base di
quelle procedure di evidenza pubblica e di quel capitolato, della cui
legittimità si discute dinanzi al giudice amministrativo.
Il ricorrente non censura in diritto tale statuizione, anzi ammette di essersi
riservato il diritto di prelazione, e non deduce neanche di aver esercitato
azione di accertamento negativo in ordine alla rinuncia al diritto di
prelazione — nonostante il rifiuto di concludere il contratto — per via della
riserva di esercitare la prelazione alle condizioni legittime, che non
sarebbero state garantite dalla procedura pubblica, per questo impugnata
dinanzi al Tar.
In definitiva, nel processo di cui si chiede la sospensione per essere
pregiudicato dal processo pendente in sede amministrativa, non è stata
esercitata l’azione per il subentro nel contratto di affitto, come affermato
dal giudice del merito e non contestato in diritto dal ricorrente; né una
azione di accertamento del mancato esercizio del diritto di prelazione (non
vi è traccia nella sentenza e nel ricorso). Ne consegue, che non è neanche
ipotizzabile la pregiudizialità giuridica richiesta dall’art. 295 cit. al fine di
evitare il contrasto di giudicati, in mancanza di qualunque azione, con
efficacia di giudicato, che investa il nuovo contratto di affitto stipulato dal
terzo, limitandosi il giudizio di cui si chiede la sospensione all’accertamento
della scadenza del precedente contratto, chiesta dal Comune attore, e alla
richiesta di riconoscimento della indennità per migliorie, chiesta in via
riconvenzionale dal convenuto.
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per scadenza del contratto di affitto, e attuale ricorrente – non aveva

4.Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per
omesso esame di un fatto decisivo in riferimento alla parte della decisione
impugnata che ha negato l’indennità per miglioramenti.
4.1. Nel rigettare le censure in cui si lamentava l’omessa ammissione dei
mezzi istruttori per accertare l’effettiva esecuzione dei lavori e l’accordo

costituendo migliorie fondavano la richiesta dell’indennizzo, la Corte di
merito ha messo in rilievo che, ai sensi degli artt. 16 e 17 della legge sui
contratti agrari, in mancanza della procedura ivi prevista (pacificamente non
seguita), solo l’accordo con il (l’autorizzazione del) proprietario avrebbe
potuto fondare la pretesa. Ha rilevato altresì che, rispetto
all’amministrazione pubblica, non è configurabile un accordo tacito o orale,
con conseguente irrilevanza delle prove testimoniali. Ha aggiunto che per
alcuni interventi la mancanza di autorizzazione risulta da sentenze passate
in giudicato; che per quelli di adeguamento alla normativa
igienico/sanitaria, a parte quelle eseguite direttamente dalla
amministrazione, vi erano opere non rientranti nel progetto, eseguite senza
autorizzazione.
4.2. Il ricorrente, nella parte esplicativa del motivo, si lamenta del mancato
esame di alcuni atti e della mancata ammissione delle prove testimoniali, il
cui esame e la cui ammissione avrebbe consentito di verificare l’intervenuta
esistenza di un accordo implicito, di un consenso tacito, di un assenso orale.
4.2.1. Il motivo è inammissibile per essere completamente oltre i confini di
cui si è detto della ammissibilità di una censura ai sensi dell’art. 360 n. 5
c. p. c. , novellato.
Il giudice non ha omesso di esaminare un fatto storico, ma ha escluso la
rilevanza dell’esame dei documenti e ha escluso la rilevanza delle prove
testimoniali chieste sulla base di una argomentazione giuridica, quale la
necessità di autorizzazione scritta e l’irrilevanza dell’accordo tacito e
dell’accordo orale quando controparte è una amministrazione, che il
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implicito con l’amministrazione per l’esecuzione degli stessi, lavori che

ricorrente avrebbe potuto censurare per violazione di norme di legge, non
certo per vizio motivazionale.
5. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese seguono la
soccombenza e sono liquidate, sulla base dei parametri vigenti, a favore del
controricorrente.

condizioni per la statuizione in ordine alle spese processuali.
Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l’art. 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del
controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che
liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese
generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2015

Il consigliere estensore

Non avendo l’altro intimato svolto attività difensiva, non sussistono le

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