Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 874 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2011, (ud. 28/10/2010, dep. 17/01/2011), n.874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

N.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 9, presso lo studio dell’avvocato RAGUSO

GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SERAFINO PICERNO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE BASILICATA (OMISSIS), in persona del Presidente della

Giunta Regionale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 56, presso l’Ufficio di Rappresentanza

dell’Ente, rappresentata e difesa dall’avvocato PANETTA NICOLA,

giusta procura a margine del ricorso;

– controricorrente –

e contro

SEM SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 242/2009 della CORTE D’APPELLO di POTENZA del

23/06/09, depositata il 16/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI PICCIALLI;

udito l’Avvocato Raguso Giuseppe, difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

aderisce alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il consigliere designato per l’esame preliminare depositava la relazione ex art. 380 bis c.p.c. del 14.6.10, che di seguito si trascrive.

“Il relatore,letti gli atti relativi al ricorso di cui sopra.

PREMESSO:

che l’impugnazione ha per oggetto una sentenza che,in accoglimento dell’appello della Regione suddetta, ha rigettato l’opposizione avverso due ordinanze – ingiunzione (ed alla conseguente cartella esattoriale) con le quali al N. erano state irrogate sanzioni amministrative pecuniarie per violazione del R.D.L. n. 3267 del 1923, artt. 7, 8, e 24, per aver operato interventi non autorizzati su terreni di sua proprietà sottoposti a vincoli idrogeologici; che la corte territoriale,motivatamente dissentendo dal primo giudice,ha ritenuto esaurientemente provati gli addebiti dalle acquisite risultanze degli accertamenti, testimonialmente confermati dai verbalizzanti e non smentiti dalle contraddittorie deposizioni dei testi a discarico, essendo stato accertato lo sradicamento con mezzo meccanico di macchia mediterranea comportante la trasformazione dell’assetto naturale dei luoghi sottoposti al vincolo,in eccedenza dai limiti di una conseguita autorizzazione per la realizzazione di briglie di contenimento del terreno”, considerando infine irrilevante una precedente assoluzione dell’opponente dal connesso addebito penale di cui all’art. 734 c.p..

OSSERVA:

1) il primo motivo di ricorso (viol. L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 12, in rel. art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), si risolve in una serie di censure di merito, non evidenzianti alcuna omissione o vizio logico della motivazione (i cui elementi salienti sono stati in premessa riferiti) della sentenza impugnata, ma soltanto prospettante una diversa valutazione delle risultanze processuali, inammissibile nella presente sede di legittimità;

3.3) il secondo (viol. R.D. n. 3267 del 1923, art. 24, in rel. art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) e terzo (viol. cit. R.D., art. 5, comma 3 in rel. art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), sottopongono a questa Corte censure nuove oltre che in fatto, che non risultano,dalla narrativa della sentenza e da quella (alquanto scarna) del ricorso, essere state specificamente formulate nei due gradi di merito del giudizio;

4) il quarto, con il quale si deduce carenza o contraddittorietà di motivazione, per non avere la corte territoriale tenuto conto dell’esito assolutorio del giudizio penale, è manifestamente infondato, tenuto conto dell’autonomia del procedimento sanzionatorio amministrativo e del conseguente giudizio di opposizione rispetto a quello penale e della diversa oggettività giuridica dei beni rispettivamente tutelati dalle relative disposizioni; per il resto si risolve nella riproposizione di censure in fatto, analoghe a quelle contenute nel primo motivo.

Si propone, pertanto, la reiezione del ricorso per manifesta infondatezza.” Tanto premesso, deve rilevarsi che nè con la memoria illustrativa, nè in camera di consiglio, la difesa del ricorrente ha addotto convincenti elementi atti a superare le argomentazioni esposte nella sopra riportata relazione.

In particolare: a) quanto al primo motivo si insiste su evidenti censure in fatto, che propongono una diversa valutazione delle risultanze istruttorie (senza evidenziare alcuna effettiva carenza o illogicità di quella compiuta dai giudici di appello; b) quanto al secondo e terzo motivo,si ammette che le relative questioni, implicanti accertamenti di fatto, sono state proposte soltanto nella comparsa conclusionale in grado di appello, così confermandone la tardività ed inammissibilità, tenuto conto che nel giudizio oppositivo L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e segg. il thema decidendum non può essere esteso (a fortiori nella fase conclusiva del giudizio di appello) oltre i limiti segnati dai motivi di opposizione,contenuti nel ricorso introduttivo; c) quanto al quarto motivo, la memoria nessuna ulteriore argomentazione aggiunge rispetto al contenuto del mezzo d’impugnazione di cui al ricorso.

Il ricorso va, conclusivamente, respinto con condanna del soccombente al rimborso delle spese in favore della resistente amministrazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso un favore della Regione Basilicata, delle spese del presente giudizio, in misura di complessivi Euro 1.200,00 di cui 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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