Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8739 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/03/2021, (ud. 06/11/2020, dep. 30/03/2021), n.8739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18445-2018 proposto da:

B.C., BA.SA.DO.AN., elettivamente

domiciliati in ROMA, CIRC.NE GIANICOLENSE, 354, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO SYLOS CALO’, rappresentati e difesi

dall’avvocato CARMINE (MINO) SIRACUSA;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5184/2017 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/11/2020 dal Consigliere Dott. FULVIO FILOCAMO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. Le ricorrenti B.C. e Ba.Sa.Do.An. propongono due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 5184/17, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava la sentenza n. 1985/2016 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva dichiarato la nullità degli avvisi di liquidazione n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), a causa dell’intervenuta revoca del decreto ingiuntivo n. 9626/12. Titolo da cui traevano origine i suddetti atti impositivi i quali venivano, infatti, emessi per l’importo di 7.013,50 a titolo di imposta di registro calcolata sul decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 9626/2012 emesso dal Tribunale di Milano e richiesto dalle odierne ricorrenti, cui era seguito un giudizio di opposizione avanti il Tribunale di Milano (R.G.N. 27879/12). Il giudizio di opposizione si concludeva con la revoca del decreto ingiuntivo. Il capo della sentenza relativa alla revoca del decreto ingiuntivo veniva altresì confermato dalla Corte d’Appello di Milano (R.G.N. 1753/15), con sentenza n. 1521/16, che passava in giudicato.

La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, ha ritenuto che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, (testo unico sull’imposta di registro) preveda l’assoggettamento a imposta di registro dei decreti ingiuntivi esecutivi, ancorchè impugnati o impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base alla successiva sentenza irrevocabile, anche in relazione a decreti ingiuntivi non ancora irrevocabili (art. 647 c.p.c.), anche quando successivamente opposti. In questo ultimo caso l’eventuale esecutività non poteva essere che quella provvisoria ex art. 642 c.p.c. (ovvero art. 648), la quale poteva essere sospesa nel corso del giudizio di opposizione ex art. 649 c.p.c.. La Commissione rilevava, inoltre, che in tal caso nessuna norma del D.P.R. n. 131 del 1986, prevede il rimborso dell’imposta di registro, prima che intervenga la sentenza irrevocabile nel giudizio di opposizione ovvero il decreto acquisti definitiva esecutorietà (art. 653 c.p.c.).

Concludeva affermando il diritto delle ricorrenti all’eventuale conguaglio o rimborso di imposta in sede di liquidazione della sentenza civile seguita all’opposizione, una volta divenuta irrevocabile.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

2.1 Con il primo motivo di ricorso le contribuenti denunciano il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 116 c.p.c., relativi all’intervenuta pronuncia di revoca del decreto ingiuntivo ed al suo passaggio in giudicato.

2.2 Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, dovendosi considerare l’imposizione tributaria non più dovuta per il venir meno del presupposto impositivo a seguito dell’intervenuta revoca del decreto ingiuntivo. Si aggiunge che l’imposta “definitiva” è stata già versata dalla parte soccombente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Il secondo motivo è fondato ed assorbe il primo.

3.1 Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la Commissione tributaria regionale non abbia tenuto conto dell’avvenuta revoca del decreto ingiuntivo con sentenza (peraltro prodotta in giudizio) del tribunale, poi confermata dalla Corte di appello, pur avendola citata nello svolgimento del giudizio, essendo alla base della sentenza di primo grado che aveva dato ragione alla contribuente.

3.2 L’intervenuta revoca del decreto ingiuntivo, con il venir meno della sua efficacia esecutiva, comporta che detto atto fosse inidoneo a qualsivoglia trasferimento di ricchezza, con conseguente esclusione della relativa imposizione tributaria.

3.3 A ciò non osta il disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, (“Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi,… sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato…. 2. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77, all’ufficio che ha riscosso l’imposta”).

3.4 La norma non può interpretarsi nel senso che l’imposta continui ad essere dovuta anche a seguito della definitiva riforma dell’atto. Detta interpretazione comporterebbe, infatti, la conseguenza non ragionevole di obbligare ad un pagamento che dovrebbe essere poi immediatamente restituito, in contrasto con i principi di uguaglianza e capacità contributiva (artt. 3 e 53 Cost.), equiparandosi, in questo modo, l’ipotesi di presenza – pur se ancora non definitiva, comunque attuale – del presupposto impositivo, all’ipotesi di definitivo accertamento della relativa insussistenza (In questo senso Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19953 del 2005, Sez. 5, Sentenza n. 24097 del 2014, Sez. 5, Sentenza n. 15645 del 2019 e Sez. 5, Ordinanza n. 11613 del 2020). La stessa Agenzia delle Entrate, con risoluzione del 7 novembre 2006, n. 122, richiamando consolidata giurisprudenza, ritiene che, nel caso di specie, l’obbligazione tributaria venga meno: “posto che la sentenza è intervenuta prima… che le parti abbiano eseguito, in base al predetto avviso, il relativo pagamento, deve ritenersi, invero, che sia venuto meno l’obbligo di corrispondere l’imposta proporzionale per la registrazione del decreto ingiuntivo”. L’Agenzia, pur richiamando il principio in base al quale l’imposta di registro viene riscossa in relazione ai singoli provvedimenti che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, aggiunge che, se interviene la sentenza definitiva di revoca del decreto ingiuntivo, l’imposta non è più dovuta qualora la parte non l’abbia ancora versata. Conclude, infine, condivisibilmente “che la soluzione interpretativa prospettata, finalizzata ad evitare defatiganti e inutili procedure di riscossione e conseguenti richieste di rimborso altrettanto onerose, è in linea con il criterio di economicità dell’azione amministrativa di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 61”.

3.5 Rilevato, infine, che la sentenza definitiva è stata registrata a tassa fissa (risarcimento del danno da reato), già versata dalle contribuenti, il ricorso delle contribuenti deve essere accolto e le spese dei gradi di merito sono compensate, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario delle contribuenti;

– compensa le spese dei gradi di merito, con condanna dell’Agenzia delle Entrate alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile, il 6 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

 

 

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