Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8739 del 15/04/2011

Cassazione civile sez. III, 15/04/2011, (ud. 02/03/2011, dep. 15/04/2011), n.8739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31304/2006 proposto da:

COMUNE DI ANGRI (OMISSIS) in persona del Sindaco Dott. L.M.

G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 131,

presso lo studio dell’avvocato SERRA IGNAZIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURI Ernesto giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

E.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CASTALDI Filippo con studio in

84014 PIAZZA D’AMORA 3 NOCERA INFERIORE (SA) giusta delega a margine

del controricorso;

– controricorrente –

sul ricorso 32848/2006 proposto da:

E.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CASTALDI FILIPPO con studio in 84014 PIAZZA

D’AMORA 3 NOCERA INFERIORE (SA) giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ANGRI in persona del Sindaco Dott. L.M.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE A MAZZINI 131, presso lo

studio dell’avvocato SERRA IGNAZIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURI ERNESTO giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2225/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione Seconda Civile, emessa il 7/6/2006, depositata il 28/06/2006,

R.G.N. 342/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

02/03/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per I la inammissibilità di

entrambi i ricorsi in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 12 febbraio – 17 giugno 2006 il Tribunale di Salerno dichiarava la risoluzione del contratto di locazione relativo ad un fondo adibito a discarica e condannava il conduttore Comune di Angri a pagare alla proprietaria E.A. L. 4.425.300 per nove annualità di canone. Con sentenza in data 31 marzo 1998 la Corte d’Appello di Salerno, accogliendo l’appello incidentale del Comune, riduceva a L. 3.859.092 la somma dovuta.

Questa sentenza veniva annullata per vizio di motivazione dalla Corte di Cassazione (sentenza 27 luglio 2002).

Infine, la Corte di Appello di Napoli, decidendo quale giudice di rinvio con sentenza in data 7-28 giugno 2006, condannava il Comune di Angri a rimuovere tutti i rifiuti dal fondo della E. e confermava nel resto la sentenza parzialmente cassata.

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: la Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza di appello limitatamente al capo che aveva rigettato il motivo con il quale la E. aveva impugnato l’erroneo contenuto della condanna del Comune ad eseguire i lavori di ripristino del fondo, con conseguente inammissibilità di domande diverse, estranee ai limiti del giudizio di rinvio; già il Tribunale aveva affermato che il Comune poteva essere condannato ad eseguire i lavori e aveva escluso che la E. potesse ottenere preventiva autorizzazione ad eseguirli e tali statuizioni non avevano formato oggetto di impugnazione; il Comune si era convenzionalmente assunto l’obbligo di eseguire i lavori; il Comune non poteva invocare il normale deterioramento, che è conseguente all’uso comune; la soluzione prospettata dal C.T.U. non risolveva i problemi e non rispondeva alla volontà delle parti.

Avverso la suddetta sentenza il Comune di Angri ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui la E. ha resistito con controricorso.

Frattanto costei ha proposto ricorso autonomo articolato in due censure.

Il Comune di Angri ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Preliminarmente i due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2 – La sentenza impugnata è stata depositata il 28 giugno 2006, per cui ai ricorsi in esame si applica l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, in base al quale i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

3 – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

4 – Il ricorso principale (del Comune di Angri) sottopone all’esame della Corte due motivi.

Il primo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2508 c.c., comma 2, e motivazione carente, insufficiente e contraddittoria.

Le argomentazioni a sostegno contengono riferimenti alla C.T.U. e, quindi implicano apprezzamenti di fatto. Manca il momento di sintesi necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata si riveli, rispettivamente, carente, insufficiente, contraddittoria, poichè il ricorrente si limita a demandare alla Corte di accertare se la motivazione sia carente. Il quesito non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulla norma indicata, ma piuttosto chiede una verifica della negata correttezza della sentenza impugnata anche alla stregua dell’asserita proposizione di una domanda.

In ogni caso il giudice è tenuto a pronunciarsi sulle domande ed eccezioni sollevate dalle parti e, quindi, non è consentito dolersi del mancato esercizio da parte del medesimo di una sua facoltà.

Peraltro, trattandosi di sentenza pronunciata in sede di rinvio, il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare di avere sollevato la questione nei precedenti giudizi di merito.

Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., art. 2931 c.c., art. 612 c.p.c.; motivazione carente, insufficiente e/o contraddittoria. Il ricorrente si duole per il mancato rinnovo della C.T.U., richiesto in via subordinata.

La censura attacca un potere discrezionale del giudice di merito. Il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate e non vale come momento di sintesi relativo al vizio di motivazione per le medesime ragioni indicate a proposito del primo motivo.

5 – Anche il ricorso incidentale (della E.) presenta due motivi, che tramite la denuncia di violazione di norme di diritto, lamentano l’erronea individuazione del valore della controversia, delle tabelle conseguentemente applicabili e, quindi, della liquidazione delle spese di lite.

Nessuno dei due presenta il prescritto quesito di diritto.

6 – Entrambi i ricorsi sono, dunque, inammissibili. Le spese del giudizio di cassazione vanno conseguentemente compensate.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili. Spese del giudizio di cassazione compensate.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011

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