Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8738 del 10/04/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 8738 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Grosso Michele, elettivamente domiciliato in Roma
Via Panama 74, presso lo studio dell’Avvocato
Gianni Emilio Iacobelli, che lo rappresenta e
difende in forza di procura speciale a margine del
ricorso
– ricorrente contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona
del Ministro p.t., ed Agenzia delle Entrate, in
persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma Via
dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale
dello Stato, che li rappresenta e difende ex lege
– resistenti

avverso la sentenza n. 130/07/2007 della
Commissione Tributaria regionale della Campania,
depositata il 24/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/03/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Letizia Guida, per
parte resistente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Data pubblicazione: 10/04/2013

generale Dott. Ennio Attilio Sepe, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 130 del 19/2/2007, depositata in
data 24/04/2007, la Commissione Tributaria
Regionale della Campania Sez. 7 accoglieva, con
compensazione delle spese di lite, l’appello
proposto, in data 19/10/2006, dall’Agenzia delle

n. 141/03/2005 della Commissione Tributaria
Provinciale di Benevento che aveva accolto il
ricorso di Grosso Michele (esercente l’attività di
dottore commercialista) contro il silenzio rifiuto
opposto dall’Amministrazione Finanziaria
sull’istanza di rimborso dell’ IRAP versata per gli
anni dal 1999 al 2002.
La Commissione Tributaria Regionale della Campania
accoglieva il gravame dell’Agenzia delle Entrate,
in guanto, da un lato, riteneva inammissibile il
ricorso di primo grado del contribuente,
relativamente all’istanza di rimborso inerente
l’IRAP versata nel 2001, per difetto di
legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate,
essendo invece legittimata la Regione Campania, in
forza dell’art.2 L.R. Campania n. 3
dell’11/02/2003, e, dall’altro lato, nel merito,
l’IRAP doveva ritenersi dovuta in presenza di
pur minima organizzazione del lavoro”,

“una

non avendo

il contribuente fornito alcuna prova circa
“l’assenza di una qualche organizzazione”,
organizzazione autonoma risultante, al contrario,
“dalla stessa documentazione esibita” dal medesimo.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione il Grosso, deducendo tre motivi di
ricorso, per violazione e/o falsa applicazione di

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Entrate Ufficio di Benevento, avverso la decisione

norme di diritto, ex art.360 n. 3 c.p.c., in
relazione alla Legge Regionale della Campania n. 3
dell’11/2/2003 ed a quella n.15 del 5/08/2003,
(Motivo l, implicante anche vizio, sul punto, di
insufficiente e contraddittoria motivazione, ex
art.360 n. 5 c.p.c.), nonché agli artt.53 d.lgs.
546/1992, 342 c.p.c. e 112 c.p.c. (Motivo 2,
implicante anche vizio di omessa, insufficiente e

c.p.c., non avendo i giudici tributari esaminato la
specifica eccezione, sollevata dal contribuente
appellato, di inammissibilità dell’appello
dell’Agenzia delle Entrate per difetto di motivi
specifici di impugnazione) ed agli artt.2 e 3
d.lgs. 446/1997, nonché 116 c.p.c. e 2697 c.c.
(Motivo 3, implicante anche un vizio di omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione, ex
art.360 n. 5 c.p.c., non essendo evidenziati nella
decisione impugnata in alcun modo gli elementi dai
quali è stata ricavata l’esistenza dell’autonoma
organizzazione, senza tener conto della
documentazione offerta dal contribuente, le
dichiarazioni dei redditi, dalle quali si poteva
ricavare l’assenza di dipendenti o di rapporti di
lavoro autonomo continuativo ).
Non hanno resistito gli intimati,

Ministero

dell’Economia e delle Finanze ed Agenzia delle
Entrate, con controricorso, costituendosi (ai soli
fini della partecipazione all’udienza pubblica di
discussione.
Motivi della decisione
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la
violazione dell’art.2 Legge Regionale Campania n. 3
del 2003, avendo i giudici tributari ritenuto
inammissibile la domanda promossa dal ricorrente

3

contraddittoria motivazione, ex art.360 n. 5

nei confronti dell’Agenzia delle Entrate,

in

relazione all’imposta versata nell’anno 2001,
laddove legittimata passiva doveva ritenersi la
Regione Campania.
Il motivo è fondato.
Invero, ai sensi della L.R. Campania n. 3 del 2003,
art. 2, comma l: “A decorrere dal periodo d’imposta
in corso al 1.1.2003 sono di competenza della

di liquidazione, accertamento, riscossione
dell’I.R.A.P., la constatazione delle violazioni,
il contenzioso ed i rimborsi ad essa relativi, e la
determinazione delle relative aliquote d’imposta”,
ragione questa per cui, nella specie, trattandosi
dell’annualità 2001 (oggetto della pronuncia della
C.T.R., nel capo qui impugnato), la Regione era del
tutto estranea al rapporto tributario e quindi
priva di legittimazione passiva. Il vizio
motivazionale connesso è assorbito.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la
violazione dell’art.53 d.lgs. 546/1992, nonché
degli artt. 342 c.p.c. e 112 c.p.c., per omessa
pronuncia del giudice sull’eccezione di
inammissibilità dell’appello.
Il motivo è infondato.
La censura,

che risulta, peraltro,

formulata

genericamente, posto che il ricorrente si è
limitato a mere enunciazioni di violazione di legge
e ad un sintetico richiamo al fatto che l’Agenzia
con l’atto di appello si era limitata a riproporre
le difese già prospettate in primo grado, senza
alcuna specifica censura in ordine alla sentenza
gravata, non trova riscontro negli atti
processuali.

Da

tali

atti,

cui

si

accede,

prescindendo dalla genericità del rilievo, per

4

Regione, quale ente titolare del tributale attività

essere denunciata l’esistenza di un vizio del
procedimento, rilevabile d’ufficio anche in questa
sede – ove non vi osti un giudicato – (Cass. n.
4737/1986; n. 7070/1983) ed insuscettibile di
sanatoria (Cass. n. 8377/1995), si evince con
chiarezza che, a fronte di una sentenza di primo
grado che aveva accolto il ricorso del
contribuente, i motivi di appello possedevano un

stessi, nel merito, veniva denunciata
l’incongruenza della motivazione rispetto alla non
imponibilità ai fini IRAP dell’attività
professionale svolta dal contribuente. Posto che il
grado di specificità richiesto ai motivi va
valutato in base al raffronto tra le ragioni della
censura e le ragioni che nella sentenza sorreggono
il punto oggetto di impugnazione (Cass. SS.UU.
29.01.2000 n. 16; 24.03.2000 n. 3539; 14.09.1999 n.
9803), nel caso, deve ritenersi sussistano le
condizioni per considerare assolto il requisito
della specificità dei motivi di appello. Il vizio
motivazionale connesso è assorbito.
Il terzo motivo, implicante violazione degli artt.2
e 3 d.lgs. 446/1997, nonché vizio motivazionale, è
del pari infondato.
Questa Corte ha affermato che l’ IRAP coinvolge una
capacità produttiva

“impersonale ed aggiuntiva”

rispetto a quella propria del professionista
(determinata dalla sua cultura e preparazione
professionale) e colpisce un reddito che contenga
una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una
struttura organizzativa

“esterna”,

cioè da “un

complesso di fattori che, per numero, importanza e
valore economico, siano suscettibili di creare un
valore aggiunto rispetto alla mera attività

5

sufficiente grado di specificità. Infatti, con gli

intellettuale

supportata

dagli

strumenti

indispensabili e di corredo al know-how del
professionista (lavoro dei collaboratori e
dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione
dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni
di terzi, da forme di finanziamento diretto ed
indiretto etc..)”, cosicché e

“il surplus di

attività agevolata dalla struttura organizzativa

essere interessato dall’imposizione che colpisce
l’incremento potenziale, o quid pluris,
realizzabile rispetto alla produttività auto
organizzata del solo lavoro personale”

(Cass.

Trib.15754/2008). Si è poi affermato, con riguardo
all’attività di un professionista, che la sola
“disponibilità di uno studio, avente le
caratteristiche e dotato delle attrezzature
indicate dalla suddetta normativa, rientrando
nell’ambito del “minimo indispensabile” per
l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo
obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del
mantenimento del rapporto convenzionale, non
integra, di per sé, ‘in assenza di personale
dipendente, il requisito dell’ autonoma
organizzazione ai fini del presupposto impositivo”
(cfr Cass. n. 10240 del 2010).
In sostanza, a norma del combinato disposto del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1,
primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c),
l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di
cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è
escluso dall’applicazione dell’ IRAP solo qualora
si tratti di attività non autonomamente organizzata
ed il requisito della autonoma organizzazione – il
cui accertamento spetta al giudice di merito ed è

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che coadiuva ed integra il professionista … ad

insindacabile in sede di legittimità solo se
congruamente motivato – ricorre quando il
contribuente, per quanto qui interessa, impieghi
beni strumentali eccedenti, secondo
plerumque accidit,

l’id quod

il minimo indispensabile per

l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione oppure si avvalga in modo non
occasionale di lavoro altrui (cfr., sull’ausilio di

v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011
del 2007; v. pure S. U. n. 12109 del 2009, in
generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull’ausilio
di un dipendente part-time all’attività d’avvocato,
nonché, da ultimo, Cass. n. 17598 del 2011,
sull’utilizzo di una inserviente da parte di un
medico di base; sul rilievo dei rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, v. Cass.
n. 3677 del 2007; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370
del 2010 e 16628 del 2011)
Di tali principi regolativi, ampiamente condivisi e
più volte riaffermati, i giudici d’appello hanno
fatto corretta applicazione, avendo, malgrado il
richiamo a considerazioni generiche, non
puntualmente pertinenti in diritto (affermando che
l’IRAP doveva ritenersi dovuta in presenza di

“una

pur minima organizzazione del lavoro”),

alla

mancata prova, da parte del contribuente, circa
“l’assenza di una qualche organizzazione”
prova contraria risultante
documentazione esibita”

ed alla

“dalla stessa

dal medesimo contribuente.

Il ricorrente deducendo, in ricorso, che, dalle
dichiarazioni dei redditi, si ricavava
l’inesistenza

di

una

stabile

organizzazione

autonoma, stante l’assenza di dipendenti o di
rapporto di lavoro autonomo continuativo, introduce

7

una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009;

in

questa

sede

di

legittimità,

attraverso

soprattutto il vizio motivazionale, una questione
di merito.
Tuttavia,
appello,

la motivazione della decisione di
pur

sintetica,

risulta

congrua

e

sufficientemente articolata, venendo ivi fatte
delle affermazioni,

in ordine alla asserita

inesistenza dell’autonoma organizzazione, con

considerazione nel percorso decisionale.
Per consolidato orientamento giurisprudenziale,
“ricorre il vizio di omessa motivazione della
sentenza, denunziabile in sede di legittimità, ai
sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella
duplice manifestazione di difetto assoluto o di
motivazione apparente, quando il Giudice di merito
ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da
cui ha tratto il proprio convincimento ovvero
indichi tali elementi senza una approfondita
disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo
impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla
logicità del suo ragionamento”

(Cass. n. 1756/2006,

n. 890/2006).
La Corte rigetta pertanto il ricorso,

pur

correggendo, ai sensi dell’art.384, quarto comma,
c.p.c., con riferimento al primo motivo, fondato,
la motivazione della sentenza impugnata (errata in
diritto, ma ininfluente rispetto al dispositivo,
corretto e conforme a diritto), in punto di piena
legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate
relativamente all’istanza del contribuente di
rimborso dell’IRAP versata nel 2001.
Ricorrono giusti motivi, atteso l’esito complessivo
del contenzioso, per una compensazione integrale
tra le parti delle spese del presente giudizio di

8

riferimento agli elementi esaminati e presi in

Al SENSI
131 1;A:..

: –

5

legittimità (essendo peraltro l’Agenzia intervenuta
alla sola udienza pubblica).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente
compensate tra le parti le spese del presente
giudizio di legittimità.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 13/03/2013.

Il Consiglier,

Il Presidente

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