Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8735 del 30/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 30/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 30/03/2021), n.8735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 793/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

HERMES DI R.E. SAS, R.E., R.D.,

R.F., P.P..

– intimati –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione n. 9, n.

1013/09/12, pronunciata il 27/09/2012, depositata l’08/11/2012.

Sul ricorso iscritto al n. 797/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

R.E.;

– intimato –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione n. 9, n.

1014/09/12, pronunciata il 27/09/2012, depositata l’08/11/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04 novembre

2020 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a) ricorso con r.g. n. 793/2014;

l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, contro Hermes di R.E. Sas e i soci R.E., R.D., R.F. e P.P., i quali sono rimasti intimati e non si sono costituiti in giudizio, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, indicata in epigrafe, la quale – in controversia riguardante l’impugnazione dell’avviso di accertamento IRAP, IVA, IRPEF, per l’anno d’imposta 2005, con il quale l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione, innanzitutto, nei confronti della società e, per partecipazione, nei confronti dei soci, maggiori redditi non dichiarati correlati a fatture ricevute per operazioni oggettivamente inesistenti (per Euro 169.177,14) e costi indeducibili (per Euro 25.547,88) per carburanti con schede irregolari per l’omessa indicazione del chilometraggio – in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pescara (sentenza n. 188/03/09), che aveva dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo, accogliendo parzialmente l’appello della società e dei soci ha ridotto la somma accertata in Euro 121.445,34 e ha confermato nel resto l’atto impositivo;

il giudice d’appello, per quanto ancora interessa in questo giudizio, in primo luogo, ha disatteso l’eccezione dell’Ufficio d’inammissibilità del ricorso introduttivo per essere stato proposto oltre il termine di sessanta giorni di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, sul rilievo che la società contribuente potesse legittimamente invocare il legittimo affidamento circa l’applicazione, in aggiunta al periodo di sospensione di novanta giorni previsto nel caso d’istanza di accertamento con adesione, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, anche della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1. In dettaglio, secondo la C.T.R., tale legittima affidamento traeva origine dalle disposizioni impartite dall’Amministrazione finanziaria con risoluzione del Ministero delle Finanze n. 159/E dell’11/11/1999; per il resto, la Commissione regionale, dopo avere rigettato alcune censure d’invalidità dell’avviso fatte valere dai contribuenti, ha rideterminato i ricavi connessi alle fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti quantificandoli in complessivi Euro 121.445,34, quale importo indicato nella sentenza emessa dal giudice penale nel processo a carico di R.E.;

b) ricorso con r.g. n. 797/2014;

l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con cinque motivi, contro R.E., socio della Hermes di R.E. Sas, che è rimasto intimato e non si è costituito in giudizio, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, indicata in epigrafe, la quale – in controversia riguardante l’impugnazione dell’avviso di accertamento IRAP, IVA, IRPEF, per l’anno d’imposta 2005, con il quale l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione nei confronti del contribuente, quale imprenditore individuale, maggiori redditi non dichiarati correlati a fatture ricevute per operazioni oggettivamente inesistenti (per Euro 8.300,00) e costi indeducibili per carburanti con schede irregolari per l’omessa indicazione del chilometraggio, e, quale socio della Hermes di R.E. & C. Sas, il maggiore reddito di partecipazione derivante dal contestuale accertamento societario (oggetto del suindicato ricorso con r.g. n. 793/2014) – in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pescara (sentenza n. 189/03/09), che aveva dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo, accogliendo parzialmente l’appello del contribuente – ha ridotto la somma accertata in Euro 121.445,34 e ha confermato nel resto l’atto impositivo;

il giudice d’appello, per quanto ancora interessa in questo giudizio: (i) ha disatteso l’eccezione dell’Ufficio d’inammissibilità del ricorso introduttivo per essere stato proposto oltre il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, sul rilievo che il contribuente potesse legittimamente invocare il legittimo affidamento circa l’applicazione, in aggiunta al periodo di sospensione di novanta giorni previsto nel caso d’istanza di accertamento con adesione, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale di cui alla L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, per le stesse ragioni in precedenza illustrate; (ii) dopo avere rigettato alcune censure d’invalidità dell’avviso fatte valere dal contribuente, ha rideterminato i ricavi della società connessi alle fatture emesse per operazioni oggettivamente inesistenti quantificandoli in complessivi Euro 121.445,34, quale importo indicato nella sentenza emessa dal giudice penale nel processo a carico di R.E.; (iii) infine, ha accolto l’eccezione di quest’ultimo d’inapplicabilità della sanzione amministrativa, ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 19, per la specialità della sanzione penale al medesimo irrogata rispetto alla detta sanzione amministrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

(i) preliminarmente va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., comma 1, del ricorso con r.g. n. 797/2014 al ricorso con r.g. n. 793/2014, trattandosi di procedimenti relativi a cause connesse, in quanto scaturite dallo stesso accertamento fiscale riguardante la società di persone ed i soci – per l’anno di imposta 2005 e definite con sentenze basate sulle medesime statuizioni; al riguardo, trova applicazione il temperamento adottato da questa Corte in tema di nullità delle sentenze emanate in difetto di integrità del contraddittorio, qualora, come nella specie, gli avvisi di accertamento collegati siano stati impugnati autonomamente da tutti i soci e dalla società e, nei gradi di merito, i giudizi relativi, svoltisi separatamente, siano stati esaminati dallo stesso giudice in maniera strettamente coordinata e decisi con un’unica motivazione, sì da scongiurare il rischio di contrasto tra giudicati; in una simile situazione processuale, dovendosi ritenere rispettata la ratio del litisconsorzio, poichè si è realizzato in concreto un simultaneus processus, può essere disposta la riunione dei procedimenti, per connessione oggettiva ex art. 274 c.p.c., e evitata in tal guisa la declaratoria di nullità delle sentenze impugnate e di quelle di primo grado (Cass. 30/01/2019, n. 2649; 10/11/2017, n. 26648);

(a) ricorso con r.g. n. 793/2014.

1. con il primo motivo del ricorso (“1) Violazione del D.Lgs. n. 546, art. 21, comma 1 – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 10 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4))”, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto applicabile, nella specie, l’istituto della tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, che attiene al rapporto amministrativo con l’organo di controllo fiscale, in relazione alla valutazione del rispetto di un termine processuale decadenziale, quale quello di instaurazione del giudizio, alla cui fissazione l’A.F. è del tutto estranea, essendovi soggetta come tutte le parti che, evidentemente, non ne possono disporre;

su tale premessa giuridica, l’Agenzia, dopo avere ricordato la sequenza cronologica della vicenda amministrativa – avviso di accertamento notificato il (OMISSIS); domanda di adesione presentata il (OMISSIS); ricorso introduttivo notificato il 23/12/2008 – conclude che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto ammissibile il ricorso introduttivo per il legittimo affidamento della parte privata che il termine di impugnazione dell’avviso fosse sospeso per effetto dell’istanza di adesione, intervenuta in periodo feriale, per novanta giorni decorrenti dallo scadere della sospensione feriale stessa (e dunque fino al 14/12/2008, cui andavano aggiunti i trenta giorni ancora non trascorsi del termine di impugnazione, fino al 13/01/2009), anzichè – come invece sarebbe stato corretto rilevare – decorrenti dalla data dell’istanza (e quindi scaduti l’11/11/2008), dopodichè riprendeva il decorso dei residui trenta giorni del termine di impugnazione dell’avviso che, in conclusione, era maturato l’11/12/2008;

1.1. il motivo è infondato per le ragioni appresso indicate;

la C.T.R. è pervenuta ad un risultato corretto, sul piano giuridico, in forza d’una motivazione palesemente erronea, che in parte qua necessita d’essere emendata, per l’ovvia considerazione che la tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente – sancita dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, commi 1 e 2, espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3,23,53 e 97 Cost. – è irrilevante rispetto al termine decadenziale di sessanta giorni per l’impugnazione dell’avviso d’accertamento sancito dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21;

ciò stabilito, tuttavia, per giurisprudenza di questa Corte, a cui va data continuità, il ricorso introduttivo del giudizio è comunque tempestivo in quanto, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 7-quater, comma 189, conv. in L. n. 225 del 2016 (quale norma processuale e, dunque, applicabile anche ai processi in corso), i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione previsti dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, sono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale, con la conseguenza che durante detto periodo è sospeso il termine per proporre l’istanza di accertamento con adesione (Cass. 21/02/2019, n. 5039);

tale arresto di legittimità si pone nella scia dell’indirizzo nomofilattico inaugurato da Cass. 06/12/2018, n. 31683, che, per quanto adesso rileva, si è espressa nei seguenti termini: “Ed invero, giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11632/2015, Cass. n. 7995/2016) ha ritenuto inapplicabile la sospensione dei termini per il periodo feriale ai procedimenti non giurisdizionali, dovendosi qualificare la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti d’imposizione tributaria prevista dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, come procedimento di natura meramente amministrativa. Tuttavia, il D.L. n. 193 del 2016, art. 7 quater, comma 18, convertito nella legge con modificazioni dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, ha disposto che i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale. Ritenendosi che tale disposizione abbia natura processuale e, dunque sia applicabile anche per i procedimenti in corso, deve ritenersi pienamente ammissibile la sospensione per il periodo feriale del termine per l’adesione.”;

2. con il secondo motivo (“2) Violazione dell’art. 39 c.p.c., e del principio “ne bis in idem” (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4))”, con riferimento al reddito di partecipazione accertato nei confronti di R.E., contestato con il ricorso cumulativo della società e dei soci, l’Agenzia rileva che l’impugnazione è stata proposta due volte in quanto essa è oggetto anche del ricorso individuale proposto dal socio (vedi infra), in relazione al quale la C.T.R. ha emesso la sentenza n. 1014/09/12, impugnata per cassazione dall’Ufficio, e, quindi, chiede la riunione dei due ricorsi, che non potevano essere decisi separatamente, per non dare luogo a giudicati contrastanti;

2.1. il motivo è assorbito per la ragione sopra esposta (cfr. punto i);

3. con il terzo motivo (“2) Violazione dell’art. 102 c.p.c., per omessa integrazione del contraddittorio in litisconsorzio necessario (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4))”, in subordine rispetto al precedente motivo, l’Agenzia rileva che il giudizio non poteva comunque svolgersi senza integrare il contraddittorio nei confronti della società e degli altri soci, sicchè la sentenza d’appello è nulla;

3.1. il motivo è assorbito per la ragione preliminare sopra esposta (cfr. punto i);

4. con il quarto motivo (“4) Violazione dell’art. 654 c.p.p. -Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 – Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4))”, in ulteriore subordine rispetto al terzo motivo, l’Agenzia si duole della totale carenza di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha rideterminato, ai fini dell’accertamento, il valore delle fatture stabilito, in sede penale, con la sentenza di patteggiamento, trascurando che il giudicato penale rileva nel processo civile e amministrativo soltanto se si tratta di pronuncia assolutoria emessa all’esito del dibattimento; da una diversa angolazione giuridica, l’A.F. rileva che, comunque, la pronuncia penale, che ha ridotto l’imponibile, poggia sulle dichiarazioni testimoniali dei soggetti che hanno emesso le fatture per operazioni inesistenti, mentre nel giudizio tributario la prova per testi non è ammessa;

4.1. il motivo è fondato;

l’asserzione della C.T.R., secondo la quale l’ammontare delle fatture emesse per operazioni inesistenti deve essere rideterminato alla stregua di quanto stabilito con sentenza penale, collide con il chiaro indirizzo di legittimità (Cass. 24/11/2017, n. 28174) in base al quale, in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorchè i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che, nel processo tributario, vigono i limiti in tema di prova posti del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sè inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna;

nel solco di tale nitido orientamento della Corte, occorre adesso enunciare il principio di diritto per il quale il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva – di condanna, assolutoria o di patteggiamento – in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni, ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116, c.p.c.), deve valutare il contenuto della sentenza penale in relazione agli elementi di prova acquisiti al giudizio tributario;

(b) ricorso con r.g. n. 797/2014.

5. con il primo motivo del ricorso (“1) Violazione del D.Lgs. n. 546, art. 21, comma 1 – Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 10 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4))”, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per la medesima ragione già indicata con riferimento al motivo n. 1 del ricorso con r.g. n. 793/2014, con la precisazione che: l’avviso di accertamento individuale è stato notificato al contribuente il (OMISSIS) e, ancora, che egli ha presentato domanda di adesione in data (OMISSIS) e, infine, che egli ha notificato al Fisco il ricorso per cassazione, tardivamente, in data (OMISSIS);

5.1. il motivo è infondato (cfr. motivo n. 1 del precedente ricorso);

6. con il secondo motivo (“2) Violazione dell’art. 39 c.p.c., e del principio “ne bis in idem” (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4))”, con riferimento al reddito di partecipazione accertato nei confronti di R.E., l’Agenzia rileva che l’impugnazione è stata proposta due volte in quanto essa è oggetto anche del ricorso cumulativo della società e dei soci, in relazione al quale la C.T.R. ha emesso la sentenza n. 1013/09/12, anch’essa impugnata per cassazione dall’Ufficio, con conseguente richiesta di riunione dei due ricorsi, al fine di evitare il contrasto di giudicati;

6.1. il motivo è assorbito (cfr. motivo n. 2 del precedente ricorso);

7. con il terzo motivo (“2) Violazione dell’art. 102 c.p.c. per omessa integrazione del contraddittorio in litisconsorzio necessario (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4))”, in subordine rispetto al precedente motivo, l’Agenzia rileva che il giudizio non poteva comunque svolgersi senza integrare il contraddittorio nei confronti della società e degli altri soci, sicchè la sentenza d’appello è nulla;

7.1. il motivo è assorbito (cfr. motivo n. 3 del precedente ricorso);

8. con il quarto motivo (“4) Violazione dell’art. 654 c.p.p. -Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 – Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4))”, in ulteriore subordine rispetto al terzo motivo, l’Agenzia si duole della totale carenza di motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha rideterminato, ai fini dell’accertamento, il valore delle fatture stabilito, in sede penale, con la sentenza di patteggiamento, per le stesse ragioni già indicate con riferimento al quarto motivo del ricorso avente r.g. n. 793/2014;

8.1. il motivo è fondato (cfr. motivo n. 4 del precedente ricorso);

9. con il quinto motivo (“5) Violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 19 – Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inapplicabile la sanzione amministrativa per il divieto di cumulo (citato ex art. 19) tra la sanzione amministrativa e la sanzione penale (speciale rispetto alla prima), trascurando che, nella specie, non vi è stata alcuna applicazione della sanzione penale, dichiarata estinta per indulto;

9.1. il motivo è infondato;

il (Principio di specialità) D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 19, al comma 1, stabilisce che quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II (delitti in materia di dichiarazione e delitti in materia di documenti e pagamento di imposte) e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica la disposizione speciale;

il giudice a quo si è attenuto a questa disposizione normativa, ha stabilito che l’applicazione della sanzione penale, speciale rispetto a quella tributaria, impedisse l’applicazione di quest’ultima; il che vale, a prescindere dalla circostanza – asserita dall’Ufficio – che poi, in concreto, l’esecuzione della sanzione penale (speciale rispetto a quella tributaria e, quindi, essa sola applicabile nel caso concreto) non abbia avuto esecuzione per effetto dell’intervento di un provvedimento (generale) estintivo, come l’indulto;

10. in definitiva, con riferimento al ricorso con r.g. n. 793/2014, accolto il quarto motivo, dichiarato infondato il primo, assorbiti il secondo e il terzo motivo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, che riesaminerà la causa attenendosi all’enunciato principio di diritto; con riferimento al ricorso con r.g. n. 797/2014, accolto il quarto motivo, dichiarati infondati il primo e il quinto, assorbiti il secondo e il terzo motivo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla C.T.R. dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione;

11. il giudice di merito dovrà provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

riunisce il ricorso con r.g. n. 797/2014 al ricorso con r.g. n. 793/2014; con riferimento al ricorso con r.g. n. 793/2014, accoglie il quarto motivo del ricorso, dichiara infondato il primo, assorbiti il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione; con riferimento al ricorso con r.g. n. 797/2014, accoglie il quarto motivo del ricorso, dichiara infondati il primo e il quinto motivo, assorbiti il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, in diversa composizione; rimette al giudice di merito di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 Novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2021

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